COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

venerdì 28 settembre 2007

TROFALLASSI

IL SOLO, L'UNICO, L'ALTISSIMO

II° /75





ORA SCUSATE LA BOTTA DI NARCISISMO PREADOLESCENZIALE



COMUNQUE IL RICCETTO E' MASSIMO PASANISI DETTO "ORESTE"













LA UNICA E SEMPITERNA NONCHE' INIMITABILE "ZONA D'OMBRA" THE DARK ZONE




LA MEGLIO GIOVENTU' ... IN MENSA






DUCCIO SASA' ORESTE E SUSANNA BILLINGSLEY





PAOLA MAFFIOLETTI

mercoledì 26 settembre 2007

ESPIAZIONE

GUARDATE QUA COSA CI MANDA MARCO AGLIATA... mica ceci... La notte poteva essere spietata al campeggio, specialmente per quelli troppo distratti o troppo agitati. Culturalmente convinti dell’adagio “dura lex, sed lex” in quel lontano terzo o quarto turno del 1976 (solo 31 anni fa) avevamo a che fare con marco b. corpulenta e incontenibile furia della natura, uomo e leader totalmente privo di freni inibitori, controllato solo da due o tre persone ma di difficile gestione complessiva – di fatto era sempre pronto a tutto. Aveva non pochi lati deboli, tra questi l’ipersensibilità per l’avvenenza femminile e, sebbene non riscuotesse molto successo non se la prendeva e continuava a provarci: una macchina da guerra (non come il gentile salvatore che ha lungamente sofferto in silenzio per una persona). Serviva un piano elaborato, servivano dei complici, serviva una trappola allettante. La cosa fu architettata in questo modo: lui e il povero e inconsapevole gianni p. dovevano essere raggiunti da una soffiata che li avvisava che federica v. e elisabetta v. (complici consapevoli) li aspettavano al nuraghe (il serbatoio d’acqua verso il vecchio villaggio cadetti quando c’erano le tende) per una notte di passione. Erano tutti leader e quindi non c’erano problemi di sorta, in teoria ma …. Il tutto fu sagacemente preceduto da un editto di monaco che volle intervenire anche sugli usi e costumi dei leader, a suo dire troppo libertini, annunciando quindi che ogni effusione, incontro o altra attività losca eccessivamente animosa sarebbe stata punita severamente: cacciata a roma (ahi salvator, di quanto mal fu matre ...). Per fare questo, rendendolo più solenne, monaco fece riunire tutti i leader, fece tenere a me il discorso sui massimi sistemi e concluse sublimando ancora una volta la sua grande dote di sintesi: “il primo che si infratta gli scasso le corna e lo rispedisco a roma a calci nel sedere”. Mai sentite tante minacce (ripetute spesso e in tante occasioni ma attuate, ahi salvatore (di nuovo), solo in pochissimi casi e solo perché spinto da altri soggetti) da parte di una persona con un cuore così grande. Il discorso fu abbastanza convincente, qualche malumore, richieste di chiarimenti, conclusione: e va bene cerchiamo di non esagerare. Per non farci mancare nulla, guarda caso, proprio quella sera feci una chiacchierata con marco b. dicendogli quanto io e monaco fossimo soddisfatti del suo impegno con i ragazzi, del suo entusiasmo anche se a volte un po’ esagerato e del suo radioso avvenire, l’anno successivo, da capo villaggio per meriti conquistati sul campo. Evitai di aggiungere altre doti quali la prudenza, la saggezza, la calma, la pazienza, la cura delle cose per non generare sospetti. Insomma la fase preparatoria era terminata ora le cose dovevano accadere “da sole”. Il povero gianni p. fu praticamente trascinato a forza (tipo obelix che si portava dietro i cinghiali) perché non era convinto, temeva le nostre trame e poi non era ispirato – raro uomo di solidi principi per il quale l’infratto selvaggio non aveva nessuna attrattiva; lui grande cultore della letteratura, credeva e sognava ancora l’amore cavalleresco, quello che toglie il fiato, non era interessato a queste cose terrene. Dovette cedere (così si difese più tardi) per non rischiare a sua volta violenza sessuale per il suo rifiuto. La questione era di fondamentale importanza marco b. non si poteva presentare da solo perché le fanciulle erano in due e questo avrebbe reso il tutto improponibile perché l’uomo, a suo modo, aveva solidi principi, e che diamine! I due malcapitati, dopo manovre rocambolesche per sfuggire alla nostra vista riuscirono a dirigersi verso il luogo stabilito non sapendo che intorno ai cespugli del nuraghe c’erano almeno 10-12 persone che non volevano perdersi lo spettacolo, dovevano in qualche modo garantire l’incolumità delle ragazze dall’eventuale raptus sessuale molesto di marco b. e avevano giurato su tutto che non sarebbe volata una mosca: in effetti furono quasi di parola, rumore non ne fecero tanto, qualcos’altro si. Le due fanciulle protagoniste dello scherzo avevano già raggiunto la postazione poco prima, controllando anche nei cespugli per accertarsi di essere adeguatamente difese. Tutto sembrava perfettamente a tempo. Eravamo appostati con monaco dietro la direzione e vederli andar via fu come assistere all’ultimo miglio di due condannati alla gogna o peggio, anche perché marco b. era una persona buona, in fondo, e quello che stavamo facendo non era proprio carino, come spesso accadeva. Ma il male, ancora una volta e nonostante tutta la nostra opposizione, si era impadronito di noi e ormai non si poteva più tornare indietro; con grande sofferenza restammo fedeli alle nostre consegne, c’era uno sporco lavoro da fare e qualcuno doveva pur farlo. Il copione prevedeva che le ragazze dovessero spingersi solo a un leggero approccio fisico, restando vestite, se possibile – l’accordo prevedeva che questo approccio fosse anche un po’ rumoroso (non respiri ansimanti, per non esagerare e correre inutili rischi) cercando di ridere e parlare a voce alta per consentire a me e a monaco, stranamente di ronda proprio da quelle parti e proprio in quel momento di pescarli sul fatto. Le cose andarono più o meno così. Poco prima di mezzanotte la fatidica ronda piombò dalle parti del nuraghe attirata da rumori, voci e gridolini sospetti che, sentendo le nostre voci, si interruppero subito. Monaco cominciò a roteare la sua torcia cercando in tutte le direzioni e dicendo di aver sentito qualcosa, sicuramente c’era qualcuno, perché lì e perché ora improvvisamente questo silenzio? Per un momento immaginai le sensazione dei due malcapitati (nel 1968, da campeggista, mi ero trovato in una situazione analoga e con rischi reali di espulsione, mi salvai con mossa astuta ma tensione alle stelle), sapevano che in quella posizione non avevano scampo, eravamo troppo vicini e l’unica via di fuga era verso la peschiera. Per rendere la cosa più sofferta, dopo un sadico sguardo di intesa, monaco esclamò che non c’era niente di sospetto, che mi ero sbagliato, che ero uno disattento (la parola esatta non fu proprio quella) e che potevamo tornare indietro perché lì non succedeva nulla. Facendo finta di tornare indietro di qualche passo, notai due leader (un uomo e una donna) di cui non farò mai il nome e che nell’attesa si stavano dando da fare sul serio e a quel punto pensai veramente all’immensità dell’immaginazione umana: mentre gli attori recitavano la commedia a soggetto (per alcuni) e il prossimo e inconsapevole dramma (per altri) gli spettatori si calavano perfettamente nella parte (sia pure con gli abiti solo moderatamente scomposti) e davano libero sfogo alle loro passioni più profonde rese ancora più intense dal clima elettrizzante di quei momenti. Il delitto paga. Ovviamente le due fanciulle complici dovettero faticare un po’ a ripristinare la giusta atmosfera, i poveri malcapitati erano troppo nervosi, fiutavano il pericolo era come se si stessero rendendo conto che averla scampata una volta era già troppo e che la fortuna non sempre passa due volte, come il postino, per lo stesso posto. Ma, come dice il poeta “galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse, quel giorno più non vi leggemmo avante” e così, superati gli indugi, le resistenze e le giuste paure la tela cominciò ad essere tesa di nuovo per poter accogliere le sue prede. Come il ragno paziente aspetta che le sue prede siano ben avvolte nei suoi fili al punto da non poter più liberarsi, così i due aguzzini (io e monaco) aspettavamo in silenzio il momento giusto per intervenire. La seconda apparizione non sarebbe stata annunciata e rumorosa come la prima che aveva lasciato scampo e speranza ai due malcapitati, doveva essere fulminea e micidiale, senza lasciare scampo al dubbio e alla fuga. Quando ormai si stavano lasciando andare verso paradisi dei sensi e della mente in una tiepida notte d’estate, il postino suonò per la seconda volta. Ma anche qui le previsioni furono presto smentite. Ripreso il finto corteggiamento nel quale uno soltanto dei quattro, ignaro, interessato e convinto di poter raggiungere un qualche risultato era veramente calato nella parte e lasciati passare due minuti scarsi ecco che i torturatori si avvicinarono al luogo del misfatto in silenzio e all’ultimo metro, accesero le luci, la voce di monaco tuonò: che cosa (anche in questo caso il termine esatto non era quello) succede qui, chi siete? (volutamente l’illuminazione era stata parziale e carente per dare ancora più tensione al tutto). A quel punto il povero gianni p. rimase impietrito come colto da coma pietrificante, occhio sbarrato, respiro ansimante sudori freddi, mantenendo comunque una sua dignità, mentre marco b. con uno scatto felino si diresse verso la peschiera: all’onta e alla vergogna il poveretto preferiva la morte o un suo diretto surrogato perché la peschiera di notte non era certo il più invitante dei luoghi. Non poca fatica fu necessaria a intercettarlo e bloccarlo, gli altri imboscati dopo pochi secondi, simulando una loro casuale presenza, intervennero per contribuire al bloccaggio di quel povero disgraziato che a quel punto, vistosi perso si lasciò andare a terra, in ginocchio, senza più energie, pronto a ricevere la pena “io venni men così com’io morisse, e caddi come corpo morto cade” forse preferendo l’espiazione alla lunga agonia da peschiera. Monaco, già pronto a sbottare per le risate, riprese la concentrazione richiesta dalla parte e cominciò a gridare: disgraziato che hai fatto, maniaco, figlio di …, assassino ninfomane (nella foga il concetto veniva espresso da parecchi punti di vista) io ti distruggo, alzando il bastone (che aveva portato con se ) come un castigatore della provvidenza e calò una prima mazzata su un braccio ma che in effetti direzionò sul cespuglio accanto spaventando il povero disgraziato ancora di più. Il poveretto non reagiva, continuava a non dare segni di reazione alcuna, riceveva la sua punizione convinto che solo così avrebbe potuto espiare la sua colpa; e si sbagliava. I 4 libertini furono portati in direzione dove vennero sottoposti a un processo sommario in cui si concluse che la colpa di tentato atto sessuale (sia pure incompiuto) andava punita con il massimo della pena. Delitto e castigo Poche parole del processo. Nella direzione, alla luce elettrica tutti potevano vedere tutti e durante la requisitoria, alla presenza di pochi leader fidati, cominciò un faticosissimo esercizio a non guardarsi in faccia per evitare lo scoppio di risate; quelli che non reggendo si accorgevano di non tenere più chiedevano di poter bere un bicchier d’acqua dall’infermeria (ci fu una epidemia di assetati). Per fortuna la requisitoria durò poco, fu durissima: la fiducia tradita, il futuro radioso come leader, la parola data e giù a pioggia. Solo il povero marco b. tentò una giustificazione, qualcosa come non può essere così grave, non e successo e non sarebbe successo niente ma lo tradiva l’occhio da satiro che fu usato anche come aggravante (su questa bestialità cominciarono a uscire le lacrime dei cospiratori annunciando il temuto scoppio di risate). Inaspettatamente il povero gianni p., riconoscendo anche nella sua sola intenzione la colpa si autoespulse dal campeggio dichiarando di andare a fare le valigie e di essere pronto a partire la mattina dopo. Questa dichiarazione ricompose tutti e la drammaticità, il coinvolgimento emotivo e il dispiacere sincero del suo autore cominciò a scavare un solco in quelle dure coscienze che cominciavano ad assistere alla crudeltà dell’ingiusta espiazione. La condanna doveva essere esemplare ma immediata, un inutile e ulteriore strazio non era giusto. I quattro furono separati anche perché ormai le due fanciulle piangevano quasi a dirotto, ma non per il dispiacere, perché non potevano più trattenere le risate e le due vittime sacrificali furono fatte entrare nell’infermeria in attesa del responso che richiese un attimo di tempo perché si era ormai capito che alla comunicazione dello scherzo ai due derelitti ci sarebbe scappato il morto quindi bisognava ritardare il più possibile i loro movimenti e facilitare la nostra fuga. La decisione fu presa rapidamente, monaco avrebbe messo in salvo le ragazze, io dovevo ritardare l’assalto e dichiarare lo scherzo: era un lavoro ancora più sporco e nessuno voleva farlo. Monaco prese le chiavi della macchina e si preparò a muoversi ma non voleva perdere la scena quindi i due disgraziati furono spostati nella stanza della direzione con finestra (con grate) aperta sulla macchina di monaco con lui accanto pronto a sparire e le due ragazze di fronte ai rispettivi sportelli (sembrava una partenza della 24 ore di Le Mans con equipaggio multiplo). Io entrai nella stanza parlando a voce un po’ alta perché da sotto sentissero bene tutto, nel frattempo sopraggiungevano anche altri leader. Con espressione seria cominciai la lettura del verdetto: (la ricostruzione è indicativa ma la sequenza è corretta) ragazzi, la cosa è molto seria, non è possibile dare una parola e poi fare l’opposto, dove sono andati i valori, dove sono andati i nostri convincimenti più saldi, ma , soprattutto, dove sono andati i nostri sentimenti - abbiamo apprezzato che nessuno dei due ha cercato inutili scuse, ciascuno si è assunto le proprie responsabilità, questo è bello, ci conosciamo da lungo tempo e con te gianni p. da una vita, non è possibile che non abbiate ancora capito che la vita reale ha molte sfaccettature e non sempre quello che vediamo è reale, non è possibile cadere al primo passo sia pure invitante, non è possibile pensare che tutto sia possibile e non accorgersi di quanto sia facile cadere in terra, perdere la lucidità e non capire che quello che avete ricevuto è stato un invito fatto da due attrici consumate che vi hanno intortato come due tordi – pausa – salutino delle due ragazze dalla finestra con voce in falsetto mentre montano sulla macchina di monaco che accende il motore e parte a razzo. Poche volte ho visto il male prendere forma, sotto sembianze umane, con tale violenza e impressionante velocità nello spirito di due persone sostanzialmente di buon animo ma la rabbia era troppa, la tensione esplose e si lanciarono verso la porta per strangolarmi (parlo di strangolamento perché sono un inguaribile ottimista) o altro? – non interessato a chiarire il dilemma mi catapultai fuori della direzione riuscendo a vedere le luci posteriori della macchina di monaco (la vecchia 1300 Fiat color amaranto) all’altezza della loggia, qualche leader sparpagliato intorno alla direzione (chissà se la mia prossima morte avrebbe ulteriormente stimolato i due infrattati veri che non avevo più visto?) e cominciai a correre pensando solo a sentire più vento possibile sulla faccia; una buona prestazione sugli ottocento piani mi ha permesso di raccontare questa storia. Le forme di espiazione assumono sempre configurazioni e destinazioni diverse da quelle immaginate ma una volta ricongiunti, 30 minuti abbondanti di risate liberatorie ci resero più sereni.

martedì 25 settembre 2007

FINALMENTE

HO TROVATO QUESTO SCRITTO DI MARIO ALAMPI INVIATOMI TEMPO ADDIETRO CHE PUBBLICO DI CUORE SPERANDO IN UNA SUA CONTINUAZIONE ... E IN UN ESEMPIO PER GLI ALTRI DORMIENTI
Y.M.C.A.

Young Men’s Christian Association.

Associazione cristiana dei giovani,di origine protestante,molto W.A.S.P.

Quella della canzone dei Village People nonché quella citata per i suoi ostelli da Jack Kerouac nel suo libro più famoso “Sulla strada”. Il suo simbolo è un triangolo rosso i cui vertici rappresentano corpo,mente e spirito. Portata in Italia nell’immediato dopoguerra dagli americani e da un gruppo di pastori protestanti .

Come poteva mai diffondersi in Italia con questi presupposti?

Eppure l’YMCA italiana è stata per diverse generazioni di giovani una scatola magica dove poter trovare tutto l’immaginabile ed il suo opposto in una perfetta convivenza, creando uno stile di vita e di personalità difficilmente definibili e ripetibili.

Parlerò degli anni in cui ero giovane, gli anni 70 ed 80, e cercherò di essere un testimone di ciò che accadeva dentro e fuori dell’YMCA,e di ciò che accadde a me...

Negli anni Settanta qualunque giudizio su persone, azioni e cose era visto attraverso le lenti colorate della politica: rosso, nero, tutte le sfumature intermedie, democristiano (come i nostri genitori). Tutto era politica o poteva diventarlo, i minimi dettagli della vita privata venivano catalogati come di destra o di sinistra.

Il Sessantotto era appena arrivato dall’estero in un’Italia ancora provinciale che ne aveva sposato soprattutto le mode ed il “look”, ma le differenze sociali restavano nette, anzi sembravano accentuarsi. Ultracattolici ed atei materialisti, lavoratori e padroni, laureati (dott. e prof.) e non (solo sig.), vecchi “matusa” e giovani, settentrionali e meridionali, quartieri “bene” e zone malfamate.

All’YMCA, che non era certo un eremo o un’isola, queste differenze erano puntualmente riprodotte e puntualmente venivano annullate. Fascisti e comunisti, entrambi con capelli lunghi e, laddove l’età lo consentiva, barba incolta, vestivano “hippy”con roba usata comprata ai mercatini, cantavano insieme “We shall over come” e “Blowing in the wind”, ed insieme si commuovevano l’ultima sera del fuoco al campo con il canto dell’addio sulle note del “Valzer delle candele”. Operai ed artigiani insegnavano a professori universitari un po’imbranati le più elementari attività manuali, ed in cambio venivano eruditi sul gioco degli scacchi o sulla letteratura e sull’arte. Fichetti abituati ad avere servitù a casa propria venivano destinati a fare gli sguatteri per mense da 100 pasti tre volte al giorno. C’era uno scambio continuo e divertito di gerghi e vocaboli, usi e costumi, vestiti ed accessori tra nord e sud, tra ricchi e poveri. La regola economica che teneva in piedi tutta l’organizzazione era semplicissima: se vuoi fare attività sportive o ricreative o i mitici campeggi pagherai meno che altrove perché istruttori e” leader” sono volontari, quasi sempre ex-ragazzini cresciuti all’YMCA; se proprio non hai un soldo, qualche sistema troveremo per farti partecipare. Insomma si chiudeva il cerchio di un microcosmo multietnico (c’erano ovviamente anche stranieri o attività all’estero), senza pregiudizi razziali, sociali o religiosi.

Paradossalmente questo sistema così efficiente comincia a scricchiolare proprio negli Anni Ottanta, che si rivelano subito più disimpegnati, più frivoli, tutti griffes e videoclip. Niente più politica, niente più Russi contro Americani, tutti un po’ socialisti rampanti, pensiamo a divertirci ed a fare soldi e successo. Macchè volontariato, andiamo a fare gli animatori e le vacanze nei Villaggi Valtur, magari sfondiamo anche nel mondo dello spettacolo…E così il mondo spartano dell’YMCA entra in crisi, non solo economica, ma anche di valori: tutti i rituali tribali della comunità YMCA non resistono all’assalto di nuove leve, di figli di papà che hanno tutto e non credono in niente (anche di “laico”), quindi smontano e ridicolizzano tutto.

Finiva l’era dell’Associazione (non solo la nostra) in cui ciascuno era un “personaggio “ inimitabile, ed iniziava l’era dell’Individuo gasato ed autosufficiente, ma in realtà un depresso in fotocopia, un’era che purtroppo dura tuttora.

Peccato. Resta però il privilegio di esserci stati e di avere vissuto quel periodo “eroico” con altri indimenticabili compagni di viaggio, ed è di questo viaggio che da ora in poi voglio parlare, e mi si perdonerà se a tratti il contenuto sembrerà fiabesco o leggendario: la memoria e la nostalgia vanno assecondate.

( Continua… )

sabato 22 settembre 2007

LAGRIME D'AMMORE



che barca, che randa...











che occhi, che mascella, che uomo... che assistente..





che tende...


questa foto non si puo' commentare...


















adesso si comincia, ora ci si fa ddi mmale
Signore e signori questo sopra e sotto è Valter Cimino,

un uomo una clava...







e a questa che gli vuoi dire?... oggi è uguale ad allora...

venerdì 21 settembre 2007

IL DREAMTIME

il dreamtime è per gli aborigeni australiani, l'era del sogno, un'epoca, assolutamente e irrimediabilmente remota durante la quale è avvenuta la creazione dell'universo.

L'universo aborigeno primigenio, che non prevedeva la presenza dell'uomo, che sopraggiunge in un secondo momento, in quanto viene...sognato.

In questa realtà si esiste se si viene sognati. E ricordati.

Oggi per quanto attiene al dreamtime aborigeno ne abbiamo conoscenza e ne conserviamo memoria grazie ai dipinti fatti da artisti, circa gli dei di laggiù che sottoforma di ornitorinchi, coccodrilli , canguri e quant'altro, ornano i pantheon locali.

Analogamente come già "anticipato" e, per certi versi detto meglio da Bruce Chatwin, i sentieri, intesi proprio come strade, degli aborigeni non trovano... tracciatura, cioè non venivano disegnati, ma cantati.

Per percorrere una strada bisognava cantarla.

Mi sembra bellissimo.

Un po' come l'Ymcatime no?

dove l'appartenenza si ha tramite la memoria

LINK DI FOTOGRAFIE

con un copia / incolla potrete gustare le prime foto a grandezza naturale http://picasaweb.google.it/Soso.YMCA/YMCAOlbiaIVTurno1988?authkey=PzQizxQ-tU0 http://picasaweb.google.it/Soso.YMCA/YMCAOlbiaIVTurno1987?authkey=wkGLa0LLEgs http://picasaweb.google.it/Soso.YMCA/YMCAOlbiaIITurno1986?authkey=DlrhG-CN5Xs http://picasaweb.google.it/Soso.YMCA/Reperti82E83?authkey=4JxO_e2RrCo ma non è che facciamo la fine di Beppe Grillo e dei grillini? non è che me diventate i pratini?

giovedì 20 settembre 2007

COMINCIO A FAR DANNI




la rete comincia a stringer le maglie, non ci crederete ma mi ha appena scritto, udite udite: Valter DI DIO!!!!!!! che ci invia le tre foto in bianco e nero che vedete qui di seguito;
ci si riconosca chi può.
pensate che siamo gli ultimi ad avere dei ricordi in bianco e nero



nella prima compare Valter CIMINO già pirata... e nella terza compare addirittura MONACO che avrà avuto circa 30 anni piu' o meno!!!

martedì 18 settembre 2007

BIMBI FELICI

Un altro bimbetto, di cui non so più che viso avesse neppure come si chiamava… era famoso per un’altra caratteristica. Gli era stata concordata, oggi diremmo patteggiata, una “attività” in spiaggia, su misura, parallela, tutta per lui: il pianto. Era, questa, una cosa accettata da tutti. La sua, chiamiamola peculiarità, a quei tempi non scandalizzava nessuno, anzi era una sorta eccentricità che donava un tocco esotico al tutto: similia similibus hehehe!
A fine colazione, quando l’Assistente al Programma, mi pare Giommei, ricordava quali fossero le varie attività e dove si svolgessero, guardava lui e diceva “… e Manuel (mi sembra potesse chiamarsi così) pianto alle rocce” . Al suonar della campanella lui andava, a piangere alle rocce, tutti i giorni, mattino e sera,. E piangeva a dirotto. Allora non ero così sensibile da farmi frangere il cuoricino e al suo frignare eravamo ormai un pò’ tutti assuefatti eppoi devo dire che piangeva ordinatamente. Non cominciava prima di essere arrivato alle rocce e quando suonava la campanella di fine attività si asciugava le lacrime e veniva, leggero, a fare il bagno con noi.
Lui non voleva stare al campeggio, voleva mamma e papa’ e ce lo rendeva noto di continuo, ma non aveva, a quanto ricordo, il benché minimo atteggiamento antisociale, eccetto…

lunedì 17 settembre 2007

TRA LA LA ... CASCA IL LETTO

Esisteva, negli anni che fuor, un bimbetto… un pochino “sui generis”, niente di che intendiamoci, giusto uno dei tanti, che seminò non poco scompiglio tra le fila de noantri. Dal comportamento grosso modo irreprensibile ma con una particolare peculiarità. L’allora bimbetto mi sembra rispondesse talvolta al nome di Sbardella, non ne sono graniticamente sicuro però. Venne a Olbia mi pare per due o tre anni e così conoscendolo eravamo ormai avezzi a prendere le dovute cautele e contromisure. La caratteristica per la quale lo ricordo particolarmente, era una sua precocissima e ben salda attitudine diciamo meccano-pratica, a tratti patologico ossessiva che si estrinsecava ovunque ( la sto facendo lunga ma chi lo conosceva sa già di cosa sto per parlare), trovando la sua ragione di essere: nello svitar bulloni!!! Eh si il nostro Sbardella era uno svitatore rifinito e patentato di ogni tipo di bullone a testa esagonale che gli capitasse, incautamente e, suo malgrado, a tiro di chiave inglese. Per lui filettature arrugginite o teste sboccolate non avevano segreti, tirava fuori la chiave giusta e via, svitava tutto. Per il suo compleanno, un anno gli regalammo un set di chiavi inglesi al vanadio che rimirava con occhi lucidi e riconoscenti. Una mattina all’arrivo della nave in porto a Olbia si affacciò al suo posto in cabina accaldato e beato con una luce di soddisfazione negli occhi, di quelle che da adulto,postulano una notte sazia di beatitudini, e guardando fiero negli occhi esclamò: ”Haò stanotte “HO LAVORATO!” S’era sbullonato la nave “Carducci” della Tirrenia pezzo a pezzo. Svitava tutto ciò che gli capitava a tiro per mantenere una certo allenamento, anche e soprattutto, i bulloni dei letti a castello nei bungalow. Un pomeriggio, (le cose migliori accadevano nel pomeriggio durante la siesta), svitò tutti i bulloni di un lettino che ospitava un seniores al piano di sopra e Mario (Baggiano) di Siderno (quello che diceva sempre “PI TIA CACAU U CUCCU” ) nel posto di sotto. La rete del letto di sopra, una volta svincolata dai suoi fermi, cadde rovinosamente su Manioche si svegliò appiattito come la senape di un sandwich, un attimo dopo che Sbardella esclamo’ la frase “ tra la la casca il letto” . Sbardella scappò fuori dal bungalow , Mario lo rincorse per il campo pronto a levargli la pelle di dosso, brandendo una mazza da baseball, Sbardella che correva come un tacchino ad un certo punto riesce ad arrivare sulle rocce in riva al mare e si mette a fare l’imitazione del gabbiano tentando di volare via e scappare che sembrava Pippo di walt disney… noi tentavamo di fermare Mario ma nel correre ci pisciavamo sotto dalle risate… ragazzi che scenetta.

venerdì 14 settembre 2007

I CONTI CON LA MEMORIA...non tornano mai...

Alcuni degli amici (un paio per fortuna), mi hanno confidato le loro perplessità circa l’opportunità di partecipare all’adunanza del 6 ottobre.

Non hanno preso, per fortuna, ancora una decisione definitiva, e questo mi da un po’ di sollievo, ma sicuramente e onestamente mi fa anche stare col fiato tirato.

Purtroppo decenni di inutile democrazia, per quanto largamente imperfetta, mi obbligano, obtorto collo (mi vale come citazione colta), a rispettare la loro volontà circa un eventuale diniego a partecipare con noi alla “pizzata”.

Ciò che hanno addotto come resistenza interiore (so che non si tratta di una “scusa” tout court), riguarda l’eventualità di “inquinare i ricordi”, il ”preferisco ricordarli così” piuttosto che, rincontrare forzosamente persone che non si vedono da venti o più anni. Persone che de facto si sente di non conoscere più o forse di averle mai conosciute realmente e, in molti casi, in realtà è proprio così, desiderando invece conservare il loro ricordo addolcito dal tempo. Non il ricordo di quella persona lì in particolare, ma quello di un’aria spensierata dei bei tempi che fuor… che forse spiacerebbe rivedere con gli occhi, sicuramente disincantati di adulto (adulto spesso incazzato, disilluso o affannato nella vita, taluno puo’ anche aver abiurato tutti i principi che gli ha ispirato l’adolescenza).

Insomma forse il film “compagni di scuola” ha fatto piu’ danni di quanto si voglia ammettere.

Quello che secondo me probabilmente verrebbe a cadere, non è tanto il ricordo, ma il nostro approccio col ricordo, il rendersi finalmente conto che forse con quella persona, non abbiamo mai avuto niente in comune né ora né allora, ma non è neanche questo forse: abbiamo i ricordi dei bei tempi… ma siamo sicuri che siano stati così belli come li ricordiamo (o dovrei dire come ce li scordiamo)? Io ad esempio ero un ragazzo triste, con una pesante situazione famigliare alle spalle (ma pure di lato…) ed ero un cazzeggiatore “di ritorno” (una sorta di “backdraft” …), ho bei ricordi di quel periodo perché espando al massimo i piccoli ricordi positivi, ma non posso dire che per me fosse un’epoca “felice”.

Eppoi le persone che incontreremo sono delle persone (adulti oramai) che stanno nelle nostre stesse condizioni, timorose di essersi sbagliate a venire alla pizza, però allo stesso tempo desiderose di reinstaurare, seppure per un paio di ore, un canale diretto col proprio approccio di memoria, amici, ex amici, quasi amici, sconosciuti. Possiamo permetterci il lusso di mettere in discussione la nostra memoria?

Possiamo finalmente tornare nella casa della nostra infanzia e vederla, non voglio dire con gli occhi della realtà perché anche quella realtà lì era reale e piena di dignità, ma con gli occhi di oggi, diversi, con metro di giudizio e di percezione diversi da allora ed essere in grado di sopportare la schizofrenica sovrapposizione delle immagini nella nostra mente ora / allora?

Forse ce la facciamo

…eppoi mi dispiacerebbe proprio dover eliminare fisicamente questo manipolo di pochi e mendaci senzadio...

comunque e, naturalmente, sentitevi liberi di fare come vi pare....:))