COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

martedì 25 settembre 2007

FINALMENTE

HO TROVATO QUESTO SCRITTO DI MARIO ALAMPI INVIATOMI TEMPO ADDIETRO CHE PUBBLICO DI CUORE SPERANDO IN UNA SUA CONTINUAZIONE ... E IN UN ESEMPIO PER GLI ALTRI DORMIENTI
Y.M.C.A.

Young Men’s Christian Association.

Associazione cristiana dei giovani,di origine protestante,molto W.A.S.P.

Quella della canzone dei Village People nonché quella citata per i suoi ostelli da Jack Kerouac nel suo libro più famoso “Sulla strada”. Il suo simbolo è un triangolo rosso i cui vertici rappresentano corpo,mente e spirito. Portata in Italia nell’immediato dopoguerra dagli americani e da un gruppo di pastori protestanti .

Come poteva mai diffondersi in Italia con questi presupposti?

Eppure l’YMCA italiana è stata per diverse generazioni di giovani una scatola magica dove poter trovare tutto l’immaginabile ed il suo opposto in una perfetta convivenza, creando uno stile di vita e di personalità difficilmente definibili e ripetibili.

Parlerò degli anni in cui ero giovane, gli anni 70 ed 80, e cercherò di essere un testimone di ciò che accadeva dentro e fuori dell’YMCA,e di ciò che accadde a me...

Negli anni Settanta qualunque giudizio su persone, azioni e cose era visto attraverso le lenti colorate della politica: rosso, nero, tutte le sfumature intermedie, democristiano (come i nostri genitori). Tutto era politica o poteva diventarlo, i minimi dettagli della vita privata venivano catalogati come di destra o di sinistra.

Il Sessantotto era appena arrivato dall’estero in un’Italia ancora provinciale che ne aveva sposato soprattutto le mode ed il “look”, ma le differenze sociali restavano nette, anzi sembravano accentuarsi. Ultracattolici ed atei materialisti, lavoratori e padroni, laureati (dott. e prof.) e non (solo sig.), vecchi “matusa” e giovani, settentrionali e meridionali, quartieri “bene” e zone malfamate.

All’YMCA, che non era certo un eremo o un’isola, queste differenze erano puntualmente riprodotte e puntualmente venivano annullate. Fascisti e comunisti, entrambi con capelli lunghi e, laddove l’età lo consentiva, barba incolta, vestivano “hippy”con roba usata comprata ai mercatini, cantavano insieme “We shall over come” e “Blowing in the wind”, ed insieme si commuovevano l’ultima sera del fuoco al campo con il canto dell’addio sulle note del “Valzer delle candele”. Operai ed artigiani insegnavano a professori universitari un po’imbranati le più elementari attività manuali, ed in cambio venivano eruditi sul gioco degli scacchi o sulla letteratura e sull’arte. Fichetti abituati ad avere servitù a casa propria venivano destinati a fare gli sguatteri per mense da 100 pasti tre volte al giorno. C’era uno scambio continuo e divertito di gerghi e vocaboli, usi e costumi, vestiti ed accessori tra nord e sud, tra ricchi e poveri. La regola economica che teneva in piedi tutta l’organizzazione era semplicissima: se vuoi fare attività sportive o ricreative o i mitici campeggi pagherai meno che altrove perché istruttori e” leader” sono volontari, quasi sempre ex-ragazzini cresciuti all’YMCA; se proprio non hai un soldo, qualche sistema troveremo per farti partecipare. Insomma si chiudeva il cerchio di un microcosmo multietnico (c’erano ovviamente anche stranieri o attività all’estero), senza pregiudizi razziali, sociali o religiosi.

Paradossalmente questo sistema così efficiente comincia a scricchiolare proprio negli Anni Ottanta, che si rivelano subito più disimpegnati, più frivoli, tutti griffes e videoclip. Niente più politica, niente più Russi contro Americani, tutti un po’ socialisti rampanti, pensiamo a divertirci ed a fare soldi e successo. Macchè volontariato, andiamo a fare gli animatori e le vacanze nei Villaggi Valtur, magari sfondiamo anche nel mondo dello spettacolo…E così il mondo spartano dell’YMCA entra in crisi, non solo economica, ma anche di valori: tutti i rituali tribali della comunità YMCA non resistono all’assalto di nuove leve, di figli di papà che hanno tutto e non credono in niente (anche di “laico”), quindi smontano e ridicolizzano tutto.

Finiva l’era dell’Associazione (non solo la nostra) in cui ciascuno era un “personaggio “ inimitabile, ed iniziava l’era dell’Individuo gasato ed autosufficiente, ma in realtà un depresso in fotocopia, un’era che purtroppo dura tuttora.

Peccato. Resta però il privilegio di esserci stati e di avere vissuto quel periodo “eroico” con altri indimenticabili compagni di viaggio, ed è di questo viaggio che da ora in poi voglio parlare, e mi si perdonerà se a tratti il contenuto sembrerà fiabesco o leggendario: la memoria e la nostalgia vanno assecondate.

( Continua… )

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