COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

martedì 27 novembre 2007

LE VOCI DI DENTRO by marco agliata

Ancora una volta, ancora una notte che non sarebbe passata senza lasciare un ricordo di quegli anni che sembravano senza fine, o almeno così ci illudevano che fosse, perfettamente consapevoli che quella era una stagione magica della nostra vita così presente, ancora oggi, nei nostri ricordi più vivi. Ma la nostalgia viene sempre dopo e quella non era una notte della nostalgia. Nel lontano secondo turno 1975 si facevano ancora, per il solo villaggio seniores (qualche volta su richiesta anche per gli juniores) le serate di ballo alla loggia. Quale migliore occasione perché i ragazzi potessero socializzare tra loro, scherzare con i relativi leader, ascoltare della musica e dare fondo a una serie di richiami che si perdono nella notte dei tempi. Spesso nella notte si perdevano anche dei campeggisti ma il fatto che fossero sempre delle coppie appariva ai più come una lampante dimostrazione che non si trattasse proprio di scomparse accidentali. Quel turno c’era una tenda di campeggiste seniores composta da Alessandra Risolo, Francesca Risolo, Paola Maffioletti, Silvia Naldini, Lucia dell’Angelo, (ne mancano due e per questo mi scuso) e come leader quasi certamente c’era Susanna Micozzi. Poche volte si era vista al campeggio una tenda dal potenziale esplosivo di questa portata; a quelle figliole, sia pure pacate e assolutamente tranquille, poche cose facevano difetto e in genere, quando si trattava di cucinare qualcuno, non si tiravano mai indietro: e quella notte non si trattò di cucinare qualcosa o qualcuno ma di vera istigazione al suicidio. Come si è già capito da alcuni precedenti ricordi di piacevoli amenità combinate al campeggio, le cose migliori non sono mai state legate a fatti meccanici (secchiate, agguati o altro) la vera sublimazione del male veniva raggiunta quando si riusciva a far leva sui lati irrisolti del carattere dei vari bersagli. E soprattutto tenendo bene a mente un fatto essenziale: la preparazione è la fase più importante di un evento. A volte si sono toccate punte di vero acume malefico ma quello che ancora oggi mi sorprende è che tutto accadeva in una condizione di tale affetto e serenità che anche degli scherzetti non proprio leggerini diventassero un’ulteriore occasione per stare insieme in modo molto “intenso” (questi devono essere i rimorsi di coscienza e un tentativo grossolano di autoassoluzione per diverse malefatte). Non credo realmente che il male fosse così profondamente radicato in noi è … che proprio certe situazioni venivano da sole, noi ci limitavano solo a raccoglierle così come un bimbo innocente corre a raccogliere la palla e la tira al suo compagno di giochi (basta, è troppo). E il gioco ebbe inizio quando, fortemente attratti da un certo innocente narcisismo di un caro, carissimo amico (l’omissione è obbligatoria) si pensò di utilizzare il ballo serale dei seniores per tendere un’altra infida e letale trappola che non avrebbe lasciato scampo. Il primo passo consisteva nel trattare con il grande direttore Monaco le condizioni e i termini del fatto che si svolgeva in più momenti della serata e, situazione del tutto eccezionale, coinvolgeva anche delle campeggiste. Appena sentita la descrizione del piano, Monaco cominciò a sbraitare che eravamo dei …… oltretutto comportandoci come ………….. nei confronti di un caro amico che non meritava una sorte simile; anche il grande direttore però fece un errore mentre pronunciava la sua sentenza di diniego: si fece sfuggire un barlume di luce sinistra malcelata negli occhi che dimostrava inconfutabilmente il fascino che il piano esercitava anche su di lui. La trattativa si fece serrata, ormai la breccia era aperta, il coinvolgimento delle campeggiste non era né problematico né pericoloso e furono approntate anche le misure ulteriori di sicurezza per garantire la totale sicurezza da ogni imprevisto in tutti gli atti della tragedia, eh si, eravamo consapevoli che quello sarebbe stato un colpo non proprio leggero. Il piano, i tempi, le modalità gli attori e le comparse furono preparati con precisione meticolosa (anche se con tempi molto ristretti): non potevano esserci errori o forzature, tutto doveva sembrare casuale e naturale, ogni cosa, ogni persona aveva un ruolo preciso, la nostra serietà lo esigeva e anche un’onorata carriera da bravi ragazzi. La frase ispiratrice fu: c’è un momento e un luogo giusto per cui ogni cosa abbia principio e fine. Forse non tutti colsero il senso lirico della cosa ma ciascuno si impegnò con grandissima dedizione perché c’è un solo modo per fare una cosa: farla bene. “A egregie cose l’urne di forti l’animo accendono” e quella notte il ricordo dei tanti scherzi passati animò profondamente i nostri cuori e sapevamo bene quanto fosse necessario perché si trattava di una delle trappole serali più complesse ordite fino a quel momento e come al solito, con molta improvvisazione e senza la possibilità di provare i tempi e le modalità in modo adeguato. La trama prevedeva ben tre tempi (meglio movimenti, trattandosi di ballo); diversi gruppi di persone coinvolte e tutto doveva funzionare come un orologio; era una scommessa forse troppo ardita ma la tentazione era fortissima, si trattava di una trama complessa mai provata. Dopo alcuni momenti di incertezza la macchina fu avviata. Primo movimento Grande tentazione, il ballo. Le dame, i cavalier, l’arme, gli amori Ore 22,30, i cadetti sono a letto e qualche leader comincia a liberarsi, sosta davanti alla direzione con il solito direttore armato di sigaro che chiede e fa battute sulla serata e sul ballo dei seniores e delle belle seniores e sul fatto che tanto con i leader che stanno lì quelle seniores ci fanno la birra, li cucinano per le feste e se li mangiano a colazione. Provocazioni grossolane che i più registrano ridendo (anche perché nonostante la complessità della trappola, in effetti le persone coinvolte e a conoscenza dei fatti erano molto poche); ma il “lupo perde lo pelo ma non lo vizio” e qualcuno cominciava a subire il fascino della sfida. Infido suggerimento: ma perché non andiamo a vedere che fanno i seniores al ballo e così, sottobraccio con il direttore, il pover uomo comincia a percorre quel tratto del suo vero ultimo miglio che, per il momento, prevedeva una sosta alla loggia e la possibilità di esprimere anche un desiderio, quello di ballare con alcune seniores. Non di semplice brama di dolci e leggiadre fanciulle, né di scatenamento di selvagge passioni si trattava, ma soltanto, anche se non sembra poco, di ricerca dell’affermazione di assoluta virilità, di mortale avvenenza e inarrivabile primato nella conquista del gentil sesso che quella sera andava affermato. E questo fu o almeno apparve. E quella sera il gentil sesso fu veramente gentile con lui: a turno le bellissime e leggiadre sirene si lanciarono in balli senza speranza e senza equivoci, i lenti avrebbero stroncato le gambe alla più tenace delle statue, gli sguardi furono letali: come il cobra osserva la sua preda e procede lentamente e sicuro della sua potenza, così quella notte assistemmo a una serie di danze mortali che ci fecero capire quanto debole possa diventare una persona che vede accadere davanti a se proprio quello che era certo di poter suscitare. Le sirene furono bravissime, mai sopra le righe, mai distanti e seppero recitare il più convincente ammaliamento collettivo a memoria di leader. La lacerante danza si protrasse fino alle 23,15 e si concluse con almeno tre tipi di certezze: la prima riguardava il genere umano nel suo complesso e la sua debolezza nelle varie forme di affermazione del proprio io; la seconda interessava alcuni considerazioni sull’essere e l’apparire che risultano separati, a volte, da distanze abissali; la terza sulla ineludibilità della tragedia quando i sensi offuscano la mente. Ma qualcuno quella sera era al settimo cielo, ogni donna che aveva sfiorato sembrava rapita dal suo fascino, ogni sguardo generava turbamento, i meandri più nascosti del suo animo si stavano realmente convincendo che in quel momento il mondo fosse ai suoi piedi perché, come ricordava Talleyrand, “non si può capire la dolcezza del vivere se non si è vissuto negli anni prima della rivoluzione” e quella sera la rivoluzione sembrava vicinissima, quasi a portata di mano, sembrava… Uno sfilacciato corteo di campeggisti e leader si diresse verso la direzione e poi verso le proprie tende, le chiacchiere continuavano lungo il percorso, pochi sguardi, per non esagerare, un generale clima di divertimento e piacere per la serata sembrava rasserenare tutti i presenti. Ora bisognava solo attendere. Dopo il consueto flusso verso i bagni sul campo femminile sembrò calare la calma, qualche sussurro sotto le tende, risatine verso i bagni, saluti a distanza e auguri di buona notte. A quel punto la maggior parte dei leader presenti si erano spostati, come di consueto, verso la mensa e Monaco sul suo trono da campo (la soglia della porta laterale della mensa) chiacchierava del più e del meno, chiedendo rapporti sul ballo, sullo stato delle tende, sui ragazzi. Qualche risatina in più dalla tenda seniores femminile (tango - rosso 1) fece dire a qualcuno: chissà cosa staranno dicendo del ballo? Breve attimo di silenzio. Basterebbe andare a sentire, disse qualcun altro. Monaco cominciò a borbottare che potevamo anche togliercelo dalla testa, non se ne parlava, ma poi concesse un breve ascolto. Secondo movimento Sotto il vulcano Ovvero sotto la tenda seniores femminile tango - rosso 1. In considerazione del fatto che nulla doveva essere lasciato al caso chi scrive insieme a valter cimino e con valter di dio subito dietro (in relazione ad alcune valutazioni di impatto) si piazzò in formazione circolare intorno al caro amico; era evidente l’intento e la necessità di impedire reazioni inconsulte (si fa per dire). Il direttore e molti leader rimasero seduti sul lato della mensa a controllare gli eventi ma il grande Monaco non volle mancare nell’affidarci la sua ultima raccomandazione: voleva sapere tutto e soprattutto voleva sapere chi era il preferito dalle ragazze. Strisciando come reparti d’assalto ci dirigemmo verso la tenda tango - rosso 1 con la massima cautela perché dovevamo essere molto convincenti nel far credere che non eravamo attesi. Appena giunti in prossimità del telo fu dato il segnale alle ragazze della nostra presenza e loro cominciarono a parlare del campeggio, della bella serata e dei bei ragazzi che c’erano in quel turno; furono molto convincenti e credibili, tutto era perfettamente calibrato, attrici consumate con molti cuori spezzati all’attivo, sapevano molto bene di cosa stavano parlando. Tra un commento e l’altro arrivarono a parlare anche del ballo di quella sera e del caro amico che aveva ballato con loro in più occasioni e con molte di loro. Come il leone si avvicina, passo dopo passo alla sua preda, seminascosto dalla savana, avanzando quando è il momento di avanzare e aspettando quando potrebbe essere visto, così le leggiadre ragazze, ad una ad una, cominciarono a descrivere il loro ballo con il caro amico. Furono molto misurate e accorte, ma la progressione fu diabolica. La prima parlò del bel ragazzo che era, dei modi gentili e della piacevole compagnia soffermando solo di sfuggita su qualche momento di fisicità durante il loro ballo; sembrava una musica incantatrice che rasserenava l’animo e portava gli ascoltatori (uno in particolare) verso il nirvana, da quella descrizione sembrava che tutto sarebbe potuto accadere ma … purtroppo … c’era monaco al ballo che controllava … altrimenti lei un pensierino lo avrebbe anche fatto. Marcato a stretto contatto, il poveretto esultava come un goleador, già pregustava il suo trionfo al racconto che avremmo dovuto fare al direttore, era chiaro che lui stravinceva rispetto a tutti, era il preferito. L’inizio del secondo racconto della dama successiva fu altrettanto incoraggiante, sembrava una marcia trionfale verso la più radiosa delle affermazioni di bellezza e virilità (aspetto, questo ultimo, molto sentito dall’interessato), il ballo era stato molto sensuale (il poverino ormai scalpitava), il suo abbraccio letale, ma… sembrava distratto disse la fanciulla, forse perché attratto da qualcun’altra. Il dubbio lasciato cadere così, con grande naturalezza, sembrò del tutto innocuo e infatti non impedì al malcapitato di guardarci negli occhi agitatissimo, trionfante, quasi dispiaciuto della nostra condizione di non considerati. La terza dama esordì dicendo che lei invece aveva avuto gran belle emozioni guardandolo negli occhi e stringendolo forte, sentiva la sua presenza e la sua attenzione, era certa che fosse più che presente e molto attratto da lei almeno quanto lei si sentiva attratta da lui, insomma, peccato che tutto fosse finito così presto e in modo così innocente. Questa ultima frase scatenò il poveretto che non sembrava più in grado di aspettare il rientro a Roma per rendere felici le ragazze, voleva entrare nella tenda e abbracciarle tutte (forse anche qualcosa di più), cominciò a rotolarsi e fu prontamente calmato con due gomitate nei fianchi che lo lasciarono un po’ interdetto e soprattutto un po’ senza fiato. Velocemente riprese conoscenza e compostezza e si apprestò ad ascoltare l’ultima parte della sua marcia trionfale, così almeno lui pensava. Ci aspettiamo spesso nella nostra vita che le cose che abbiamo immaginato, nel momento in cui cominciano a realizzarsi, possano beneficiare di un moltiplicatore di felicità in grado di amplificare anche le nostre migliori aspettative e così cominciamo a vivere quei momenti in uno stato di grazia e di parziale astrazione dalla realtà, pronti a non meravigliarci più di nulla perché da quel momento in poi diventiamo immortali. Quello è un momento di grande vulnerabilità e in quello stato d’animo il nostro amico si apprestava ad ascoltare gli ultimi racconti convinto come era che sarebbe stato un trionfo schiacciante. Le cose, purtroppo, non andarono proprio così e anche se la preparazione delle ragazze non era stato molto meticolosa, la trama era stata disegnata molto bene e loro furono insuperabili: gli ultimi due interventi dovevano essere come il morso del serpente mamba e così fu. La quarta dama cominciò il sua racconto confermando tutto ed arrivando a dire che lei qualcosa di molto intenso l’avrebbe fatto anche quella notte stessa con il poveretto, ma… mentre ballava e lo stringeva forte, soprattutto sul bacino, non aveva sentito, muovendosi molto in quell’area, nessun segnale di risposta di alcun tipo al punto che estese alle altre la domanda che lei si era posta: ma c’è vita sul pianeta? E qualora il concetto non fosse proprio chiaro precisò che in quella zona del corpo dove si sarebbe aspettata di sentire qualcosa in movimento non era successo proprio nulla. Fu un momento pericolosissimo perché il poveretto si sentì così umiliato che l’unica cosa che gli venne in mente e che stava cercando di fare fu di entrare nella tenda e sistemare all’istante la sacrilega mentitrice con un trattamento immediato che dimostrasse inequivocabilmente la sua virilità; fu bloccato e silenziato da 4 persone, oltretutto cercando di non fare troppo rumore altrimenti tutto sarebbe sfumato in gran disordine. L’operazione riuscì e così, immobilizzato come una sardina sotto olio, fu costretto a sentire l’ultimo racconto. Ultimo viene il corvo E la similitudine non è riferita alla dama, di rara bellezza, ma al contenuto del suo racconto, non poteva essere più letale. Ormai immobilizzato con la forza, ferito nei più profondi meandri dell’orgoglio, il poveretto affrontò l’ultimo assalto forse ancora speranzoso che si fosse trattato di un incidente di percorso che non avrebbe intaccato il suo trionfo, magari solo un po’ indebolito. Ma una volta che si è iniziato a percorrere l’ultimo miglio, purtroppo, non è possibile tornare indietro, certamente è umano aggrapparsi a tutte le cose che passano davanti come potessero mutare improvvisamente la loro natura e trasformarsi nella via di fuga sperata, purtroppo questo non accade mai e anche quella volta non avvenne e la sentenza fu eseguita. Non si trattò di un colpo improvviso, forse liberatorio, ma di una magistrale agonia che la quinta dama condusse come una tragica giostra, sul filo dell’incertezza, fino all’ultimo, fatale colpo. Il racconto cominciò con le sensazioni della serata e del ballo, qualche risata sulle considerazioni precedenti ma subito una risalita della speranza con dettagli sugli abbracci, sulle strette dei corpi durante il ballo, sul fascino e sulla musica ispirata ma soprattutto sul fatto che il poveretto sembrava un amante insuperabile, ma non andava al dunque. Momenti di tragedia fuori dalla tenda per tenerlo fermo, vari commenti nella tenda sul tema, varie frasi delle ragazze, ma non è vero poverino (non c’è niente di più letale della compassione), non è così forse ti sbagli … e poi, come una freccia scagliata al centro del cuore, una voce dal nulla (non saprete mai di chi per evitare possibili ritorsioni anche dopo 30 anni) disse: per me … è frocio! Il silenzio cadde su di noi come un peso smisurato si abbatte contro il suolo. Consapevoli che non avremmo potuto più trattenere il poveretto lo sollevammo di peso portandolo via verso la mensa dove aspettava l’impaziente direttore. Terzo movimento Ahi dura terra, perché non t’apristi Il primo commento di Monaco vedendolo arrivare portato di peso e non sapendo niente di quello che era successo fu: si è sentito male? Forse nemmeno lui avrebbe potuto immaginare la micidiale serie di colpi che il malcapitato aveva dovuto sopportare e non ci fu modo di prepararlo in qualche modo per evitare che esplodesse in una fragorosa risata al resoconto degli eventi. Per fortuna era già in una zona d’ombra sulla porta laterale della mensa e questo aiutò non poco. Appena lasciato il prigioniero ci fu subito una violenta reazione per lanciarsi verso la tenda, dove oltretutto le ragazze, non viste, guardavano in lacrime la scena, e fare una strage; fu bloccato ancora una volta e a quel punto sentimmo quelle stanche membra dissolversi nelle nostre prese, non opporre più resistenza e osservammo, come al rallentatore, il corpo di un uomo cadere a terra in ginocchio davanti a Monaco, con le mani unite, gli occhi gonfi di lacrime, gridando con la voce spezzata: ti giuro Monaco, non sono frocio!!! Qualcuno simulò un lamento di dolore compassionevole, per strozzare le risate, Monaco lacrimava in modo evidente e faceva segnali per avvisare che non avrebbe resistito a lungo, altri leader che cominciavano a capire rimasero ammutoliti perché non riuscivano a spiegarsi la dinamica della cosa, noi, consapevoli del tutto, cercammo di fare un resoconto che desse a Monaco il tempo di riprendere fiato; la cosa fu sintetica e ancora più devastante ma il dolore del poveretto era troppo grande per rendersi conto di quello che succedeva intorno a lui: persone che si abbracciavano o che correvano improvvisamente altrove, soprattutto nessuno che riusciva a stare fermo. Lo lasciammo con la testa appoggiata per terra e con Monaco, con lacrime a fontanella, che gli accarezzava paternamente la testa dicendogli: no, no , non fare così, sta tranquillo, io ti credo, quelle sgallettate non ti meritano. E’ sorprendente come il male possa far rifiorire i migliori sentimenti umani, a volte un po’ assopiti, riuscendo a nutrirli di nuova linfa.

giovedì 22 novembre 2007

LA MONTAGNA E MAOMETTO

Cari amici vicini e lontani,
pochi giorni fa è accaduto un fatto interessante, sono stato contattato dall'attuale segretario nazionale dell'YMCA che mi ha inviato la seguente lettera: Caro Salvatore, ho passato le ultime due ore a scorrere e leggere il tuo blog il quale mi ha molto divertito e non solo. Sono l'attuale segretario nazionale della YMCA Italia, 44 anni a breve e in questa carica da circa 10 anni. La YMCA (o inca se preferisci visto che anch'io sono di Roma o anche 'immeca' come dicono a Siderno) l'ho conosciuta quando ci sono entrato nel 1994. Allora era ridotta veramente all'osso ed i campeggi erano ancora vivi ma con non più di 30 campeggisti. Si perchè nonostante l'esiguo numero continuavano a svolgerli: non hanno mai smesso neanche per un solo anno. Oggi, dopo tante di quelle difficoltà che non vado neanche a raccontarti qui, ma che potrò fare in un eventuale incontro, ci siamo ripresi un pò e abbiamo cercato di dare il nostro meglio per far fiorire di nuovo questo Movimento italiano. C'è ancora molto da fare ma siamo ottimisti!!! Quello che ho letto sul tuo blog è il comune sentimento di tutti quelli che hanno vissuto i campeggi YMCA, sia di allora che degli ultimi anni, seppur con meno tangibile affetto e nostalgia da parte di questi ultimi ma solamente perchè, e lo ricordava qualcuno sul blog, i tempi sono cambiati ed ai campeggisti di oggi non manca nulla e quindi vivono il campeggio intensamente durante la permanenza ma poi tornano alla loro solita routine ed alle loro cose 'materiali' e dimenticano presto. Ciononostante abbiamo ancora molti affezionati sia nei campeggisti che nei leaders che vengono ormai da anni e coltivano un forte sentimento per la nostra associazione...... ma questo è oggi mentre nel blog parlate dello ieri......ma, e non mi è sfuggito, parlate anche di qualche possibile iniziativa da voler portare avanti oggi per quelli di ieri. Hai dato un'occhiata al nostro sito www.ymca.it ?? Sarei lieto, anche insieme al nostro Presidente Alessandro Indovina (di Catania), di scambiare due parole con te ed alcuni degli altri che eventualmente riterrai. Non vado oltre ma spero di poterti leggere presto. Un caro saluto. Stefano Tomarelli Segretario Generale YMCA Italia
Così
dopo un paio di mail ci siamo sentiti per telefono ed abbiamo fissato per ieri 21 novembre un piccolo incontro presso la sede cha sta a via varese 5 .
quasi puntuale e , grazie a uno che so' io arriviamo con una ventina di minuti di ritardo io e il Mazzoleni.
Ero incuriosito, molto, da questa... "convocazione" infatti l'ultima 24 anni fa non fu delle migliori e non sapevo bene cosa aspettarmi. ero anche un pochino impacciato ma in questo mi ha aiutato Gabri che essendo arrivato all'appuntamento "a freddo" non aveva avuto da me gli ultimi aggiornamenti e notizie sull'Associazione, e cosi' domandava, si informava dandomi la possibilità di amalgamarmi meglio...
riprendo la storia lunedi 26 novembre
in poche parole l'Associazione Campeggi oggi conta di un solo campeggio estivo, marino a Roccella Ionica in Calabria, tenuto su con molto impegno e fatica infatti i componenti l'attuale "direttorio", sono riusciti a non chiudere mai nonostante gli esborsi economici che a suo tempo sono costate sia le fuoriuscite di "taluni" loschi figuri, sia da quanto ho capito, investimenti diciamo "ad capocchiam" avvenuti in malo modo...(non parliamo di bruscolini) figuri, quelli accennati poc'anzi, dai quali l'Associazione prende le distanze e, secondo me, gli gioverebbe molto farlo bene in qualche modo, pubblicamente tanto per fare chiarezza con tutte le persone che in passato hanno veramente dato tanto... vogliamo solo accennare a Monaco (uno su tutti)?
Sarebbe a mio avviso un modo onesto per ristabilire la giusta percezione dell'immagine YMCA in Italia sopratutto da parte di tante persone, oggi disincantate, una sorta di condono se vogliamo che io scherzosamente chiamo una "abiura" giusto per ripartire col piede corretto, ma ripeto, se questo "nuovo corso" esiste l'Associazione puo' solo guadagnarci a dissociarsi, seppure tardivamente, dai condor del passato. (el condor pasa hehe)
Il motivo del contatto da parte di Stefano Tomarelli sembra sia un desiderio, una necessità, di riannodare una memoria, di anastomizzare i tessuti e ricreare una connessione, ma piu' prosaicamente credo che abbiano bisogno di un know how che possa rinsanguare l'Associazione. Insomma anche di confrontare vecchi leaders che se la sentissero di "dare una mano" con le nuove leve. Hanno bisogno di idee, di quelle idee che ci facevano fare senza aver nulla per fare, se non le idee stesse, il desiderio e la volontà.
A tal proposito abbiamo pensato di rivederci, tra pochi giorni, magari col gradito aiuto di chiunque altro volesse, per vedere la possibilità di stilare un ponderato piano di intervento, lasciandoci alle spalle sterili contrapposizioni da barricata. ...una sorta di intervento umanitario a tutto campo... poi chi vorra' fara'
ad esempio: per il campeggio sembra che ci potrebbe essere la possibilità di "pagare" i leaders, per avere una seppur minima concorrenzialità con altre strutture, poca roba intendiamoci, ma a me e a Gabriele, vecchi anacoreti l'idea non ci sconfinfera piu' di tanto, magari potremmo suggerire, allo scopo di mantenere una sorta di "purezza della razza" l'opportunità di regalare ai leaders un turno tutto per loro,cosa che gia' in passato avvenne, o una cosa cosi', ma soldi ci sembrerebbe di cadere nella mercificazione, poi sarebbe solo una mera questione di "quantum" ...e sarebbero come gli altri.
oppure di suggerire, visti i tempi che sono cambiati (o tempora o mores) una specializzazione del campeggio, magari verso un indirizzo velistico "serio" e attrezzato, ma le idee sono le benvenute mi sembra di aver capito.
altro esempio: l'YMCA oggi si è affacciata al "sociale" sarebbe da capire anche cosa e in che modo, infatti la nostra età credo non ci consenta piu' di salti oltre l'ostacolo e petto rivolto al nemico, ma azioni efficaci e mirate, senza sprecare tempo ed energie.
chi desiderasse esprimere un suo pensiero è il benvenuto.