COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

martedì 23 marzo 2010

venerdì 19 marzo 2010

ANCORA

ogni 15 giorni c'era il cambio del turno.

Chi finiva il turno andava via tornava a casa.
Le diverse ore della giornata del cambio turno erano territorio di caccia dei pianti, degli abbracci della disperazione più nera. Immaginatevi una partenza strappalacrime di quelle che manco a Napoli nell’800 all’imbarco coll’America...
150 adolescenti che tra un pianto e un abbraccio si giuravano amore eterno, eterna amicizia, si scambiavano magliette, vestiti, indirizzi e numeri di telefono manco partissimo per Marte e la cosa andava avanti per delle ore, fino a che non arrivava il pullman e il turno veniva strappato a forza ( come carne viva) e messo sul vagone della deportazione. La partenza avveniva verso “le cinco de la tarda”, dopo la siesta e dopo el merendero olè! quel giorno si portavano i tavoli e le panche sulla spiaggia e si mangiava cosi' tutti insieme in un'unica tavolata infinita ...

Ma qualcuno rimaneva.
Erano quella decina di campeggisti, talvolta di più, altre volte di meno che facevano due o più turni, erano dei privilegiati in molti sensi, sia perché potevano permetterselo, e sia perché all’arrivo del nuovo turno il giorno dopo, erano considerati dei sopravvissuti degni di onore, gran fighi, quasi dei reduci del viet-nam e molto snob, eppoi se la tiravano da matti con quelli che sarebbero arrivati con la nave l’indomani mattina….
Col senno del poi talvolta questi “unti dal signore” erano dei semi sfigati, ma noi non lo capivamo, perché figli di separati o di genitori che se li sbolognavano dai piedi per un mese, questa non è una cosa peregrina come potrebbe sembrare, anzi, ( durante un turno infatti mi ricordo che in tenda ero l’unico figlio di NON separati… ).
Le ore che intercorrevano tra un addio e un ben arrivato erano “terra di nessuno” ed eccetto la raccolta di legna per un enorme fuoco sulla spiaggia che fosse ben visibile dalla nave che andava a Civitavecchia, una blanda pulizia del campo, tanto per non farsi parlare dietro da quelli che sarebbero arrivati stravolti , la mattina dopo alle sette, non c’era molto da fare, e … la notte… si poteva dormire tutti insieme…
Al passaggio della nave davanti al campo, con l’aiuto dei megafoni si urlavano gli zighe zaghe fino all’ esaurimento della voce che costituivano il nostro urlo fondamentale di battaglia
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!! Ciaa!! Ciaa!! BUMM!!!

Questo fino allo spasimo.
E naturalmente dalla nave provenivano le urla. Si vedevano le lacrime….
Nel mentre, quelli sulla nave, vedevano in lontananza il falo' delle vanità e rispondevano... urlavano si sgolavano gridavano con maggiore forza lo stesso canto da invasati… vi potete immaginare 120 scalmanati in preda al delirio che si sporgono dal parapetto della nave (lato di tribordo) e urlano …
Solo che non erano soli in nave… e venivano visti additati commiserati ammirati e scansati dagli altri passeggeri divertiti e preoccupati, anche perché al ritorno dall’YMCA i nostri eroi buttavano un po’ su trasandatello e talvolta non eravamo un bello spettacolosa vedere, sicuramente molto pittoreschi
Dal campo si sentivano bene le urla dei deportati sulla nave, di questo ce ne siamo sempre fatti un punto d’onore, perchè non riuscire a farsi sentire a poche miglia di distanza era causa di vergogna.
poi chi partiva si sarebbe vendicato di li’ a poco cosi': avrebbe scritto tre cartoline a chi rimaneva per farlo cantare in mensa ........(ci divertivamo con poco).

Ad una fine turno dell’anno del signore 1982 credo, stavamo rientrando a Roma ed eravamo gia’ tutti in nave, Ore 23 circa.
Diversi passeggeri si avvicinavano ai nostri posti chiedendo insistentemente di potersi sedere.
Siccome mi vantavo di essere uno dei capetti, presi in mano le redini della situazione facendo vedere, a quegli stolti che osavano disturbarci, che i nostri biglietti vantavano più dei loro, diritto su quelle sedie medesime .
La cosa coi minuti che passavano si faceva sempre più fastidiosa perché coll’approssimarsi dell’orario di partenza, nel caos quasi totale, sempre più persone chiedevano conto dei posti e io con sempre maggior impeto li respingevo, con la spada dell’oratoria, le orde di orchi-postulanti, manco fossi stato Aragorn che difendeva le porte della città di Minas Tirit o di come cappero si chiama.

Nel frattempo dovevamo tentare di tenere i campeggisti seduti al loro posto perche’ cominciava il popolare rito del “ chi va a Roma perde la poltrona” e tutti sappiamo quanto era difficile tenere i pargoletti su quelle scomodissime poltrone perpendicolari alla realtà.
Per adire le vie legali più rapidamente ho il mio solito lampo di genio : coinvolgere il Commissario di bordo (che ci conosceva in virtù della continua e copiosa frequentazione sulle navi della Tirrenia dai nomi evocativi: Poeta, città di Sassari…Carducci).
mi reco, tosto, dal Commissario, fermo e sicuro, con i quaderni di doglianza a fargli le mie sacrosante lagnanze. Lui vista la situazione e visti i biglietti di tutti comincia a sudare. Passano i minuti, altra gente, altri alterchi altro sudore, nel mentre, la nave parte.
Dopo dieci minuti lo vedo, trionfante e ghignante, venire verso di me, stranamente non sudava più.
Mi mostrò semplicemente che c’era un errore di prenotazione nei nostri biglietti e che avevamo noi la data sbagliata sul biglietto
E cosi’…Ora sudavo io.
Il commissario , pace all’anima sua, ci fece sloggiare, dai posti a sedere, ci fece accomodare su un improvvisato “passaggio ponte”. La nave quella sera risultò, cosi’ leggermente sovraffollata e io…. avrei avuto qualcosa da scrivere venti e più anni dopo.





Ora dopo tanti anni e dopo tanto scrivere, mi sento finalmente in pace con me medesimo, almeno per quanto riguarda la mia adolescenza all’YMCA ( e chissa’forse solo con quella), ho tirato fuori diciamo tutto ciò’ che aveva un significato raccontare, ovvero tutto ciò che mi è passato per la testa senza troppe censure e chissà magari sforzandomi potrei ancora tirar fuori un pochino di ricordi… ma non credo che interesserebbero ancora qualcuno... chissà... sono fiducioso.

Una cosa però è ancora molto viva: ogni volta che in qualche parte del mondo accendo uno zampirone io ritorno violentemente in un istante dentro il boongalow, l’odore della spiraletta mi ributta dentro tra i letti a castello e mi vedo e sento le voci e qualche volta mi commuovo

lunedì 8 marzo 2010

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI

Un pomeriggio di un giorno da cani si svolgeva una partita a calcetto sul pavimento in cemento della vecchia mensa.
C’era il vento caldo, anzi, era piuttosto una brezza dal mare, l’agonismo lasciava spazio all’agonia e qualcuno dei giocatori ricorreva ai trucchetti da quartierino che hanno fatto grande questa nazione, ovvero gioco pesante e “scianghetta tecnica”.
Quel qualcuno era un negretto bello grosso di nome Amaral che Mario Lampi aveva già da tempo ribattezzato in Amoral per sue caratteristiche intrinseche tendenti al non lecito (ma come recitava De André “ anche se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”).
Purtroppo per l’eritreo, lo scianghettato di turno era un bizzoso Timino,che quel giorno per una visione moralistica della vita si dimostrava incazzosetto anzi che no, chissa’…forse per le mestruazioni .
Fatto sta che dopo l’ennesimo fallaccio il Timino, visto che le guance da porgere erano nel frattempo finite, ebbe a risentirsene un poco, ed evidenziò all’eritreo impenitente quali potessero essere nella vita i vantaggi di un atteggiamento maggiormente formale,e improntato ad una migliore amabilita’ di relazioni sociali
Chiese cosi’ spiegazioni di tale comportamento al “negletto” a dir poco inveterato, spiegandogli, altresì, quanto in una società urbana fosse cardine imprescindibile la correttezza e la saggezza anche nella contrapposizione ginnico sportiva ancorché permeata da una certa qual gagliardia fisico-agonistica .
Insomma il nostro Grande Fratello lo apostrofò con un: “ brutto ….”bip” Me hai rotto er ..."bip" !!! Mo te rompo er... "bip" !!!”.
Silenzio immediato di tutto il campo. Carrello indietro, inquadratura in campo lungo con grandangolare.
Sembrava di stare sul set di un film di spaghetti - western di Leone ( Sergio, non Giovanni il quale invece fece solo macchiette al Quirinale).
La brezza era diventata di colpo, tesa al solo scopo di fuggire velocemente. Il sole, ai soli fini scenici e per contratto, faceva si capolino, ma fosse stato per lui si sarebbe eclissato del tutto.
Al romano dagli occhi di ghiaccio (Timino/Clint Eastwood) comparvero come per magia indosso: cappello impolverato, poncho impolverato, toscano in bocca (non impolverato). La macchina da presa con movimento a scatti veloci orizzontali gli roteava intorno.

Il negro invece, dal canto suo, vilmente tremava battendo gli occhi, le gambe gli facevano giacomo giacomo e pregava in negrese “ mamma mia guesda volda l’ho fadda grossa”
I due si fronteggiavano. Le dita, come lunghe zampe di ragno lentamente e letalmente raggiungevano le pistole, le mosche si erano posate e non respiravano per non infrangere l’attimo. Noi, altri esseri viventi, eravamo immoti con gocce di sudore che scendendo lungo i volti tradivano la tensione, i vegetali, invece, erano avvantaggiati da milioni d’anni di allenamento, le rocce e i manufatti attendevano con ansia.
Ma a questo punto, siore e siori la grandezza del Timino si manifestò in tutta la sua magnitudo (qualora ci fosse bisogno di conferma). Essa scese sulla terra e come Vento Divino ( in giapponese si dice kamikaze, ma non divaghiamo) ci permeò e profuse in noi, donandoci grandezza eterna e gioia all’avvenire, essa ci illuminò come il sole socialista dell’ultimo fotogramma del film “palombella rossa”), infatti, Timino si fermò e "Ci " chiese scusa per essersi lasciato andare a questo brutto spettacolo e per averci dato un brutto esempio da non seguire.
A questo punto esplose la musica di una festa paesana mexicana allegra e leggera cantata e suonata da MARIACHI come nel film “el Mariachi”
Che dire… grandezze dell’eterno… ancora mi bagno!

(PS) comunque il lato meno pacifista di me ci rimase malino per essersi persa quella che stava per profilarsi come la grande presa a sberle del secolo, un novello massacro di forte apache, un secondo appuntamento al “OK Korral”

(PPS) senza voler sminuire il meraviglioso gesto di alta professionalità e giudiziosa maturità senile…secondo me il Timino realizzò in un attimo che il ragazzo ancorché bischero e meritorio di raddrizzata era ancora aimè minorenne…


***************

Formidabili quegli anni in cui credevo che la mia vita e quella dei miei “Amici dell’Alleanza” sarebbe rimasta per sempre imperniata (quasi fosse imprigionata per eterna magia nel cristallo di rocca), sui fatti della vita “al campo”.

Sicuramente una rocambolesca e mitica visione delle cose e della amicizia da “cavaliere della tavola rotonda”, dove i patti di amicizia, l’armi e gli amori, venivano cantati innanzi ai fuochi nelle lunghe notti invernali, quando scende la bianca neve che tutto a se, simile rende. Oppure, innanzi ai magnificenti fochi delle notti calde nella stagione calda, durante il tempo dell’Adunanza quando, il cielo stellato sopra di noi la sabbia per tappeto e la legge morale dentro di noi, vedevamo e sapevamo le cose dolci.

Con la stessa consapevolezza del bambino, il quale nel ventre materno, desidera che la propria onnipotenza si mischi al desiderio di una stasi perpetua, in una condizione dove nulla possa cambiare e perturbare la quiete degli anni d’oro.

Fu così che, invece, aggiungemmo una ulteriore velo verginale, che avremmo perso negli anni a venire, con maggior dolore e rimpianto perché così facendo perdevamo le illusioni… insomma saremmo cresciuti (ma manco tutti e manco tanto) saremmo stati scacciati dal giardino dell’EDEN (che non è solo un cinema di periferia).

Per certi versi a noi il Signore degli Anelli ci faceva na sega… il problema è che per molti altri, la sega gliela facevamo noi .

La verginità la persi a più riprese quando cominciai a soffrire nel vedere amici e amiche che si allontanavano senza una ragione o spiegazione, ma solamente perché la vita continuava e io non me ne rendevo conto, credevo di essere saldamente legato all’ancora, senza accorgermi che la catena era filata via e la barca, con una leggerissima corrente, si allontanava impercettibilmente ma inesorabilmente dall’adolescenza.

Come per esempio C. B che di colpo dopo anni di calorosa amicizia , dopo aver calpestato la terra dei suoi avi, quasi avesse risalito il fiume yukon come fanno i salmoni, due anni più tardi , incontrandomi, mi “dava cordialmente la mano” ….

mercoledì 3 marzo 2010

PEZZI SPARSI

Voglio ricordare una gita durante la quale non venni del tutto compreso…

Antefatto: provate a leggerlo come lo racconterebbe Giovanni Minoli.

Anno 1979 , villaggio seniores in gita a budelli; leaders: io, Alberto Brusco, Carla Trillingsley che, mi sembra allora stesse con un campeggista che assomigliava a Dario Fo, tale Andrea Cogenti…..! SCUSATE !!! last but least assistente al programma era Ciommei (o come cappero si scrive), controfigura paranoide di carlo verdone!! candidato ideale dei programmi della serie “meteore” e “chi l’ha visto.
Campeggisti chiave: Andrea bagonghi e il sue prode scudiero Luca Drentin o viceversa, Silvia Aiomonini, secca e spigolosa, acuta e, allora scostante…oggi non si scosta piu’…., nel complesso una gran bella fighetta, un ghiaccio bollente che, come disse Marco Cionfreda … “non si riscalda neanche col riscaldamento a Caz” . Gli altri?? : solo comparse!!
La Gita fu miticaaaaa!!!!!!!!
Il fatto:
Pineta di budelli: un sogno !! altro che l’isola dei famosi era la spiaggia dei famelici e degli assetati .
Ma, al secondo giorno manca l’acqua!!
La temperatura sale……..Il popolo bolle e reclama.
Comincia la caccia al sacro liquido vitale, che si risolverà brutalmente in una catena di espropri proletari ai danni delle borracce altrui, tutti contro tutti, in una corsa alla solidarietà che per fortuna non ha avuto seguito nella storia.. praticamente un “non sequitur” caso raro quanto otto gemelli, dove, fratello contro fratello, bocca contro bocca, fauce riarsa contro fauce riarsa, si è lottato corpo a corpo tutti contro tutti.

Io dal canto mio la so gia’ lunga, infatti appendo la mia borraccia piena d’acqua, ad un albero ad altezza uomo dove nessuno la toccherà pensando che sarebbe impossibile…. Che una borraccia piena lì… a portata di tutti .. invece… e che cazzo!! bastava toccarla…! Uno a zero!! Palla al centro,
si ricomincia ma il popolo reclama nell’ordine: il mio sangue, la mia acqua!! Nel mentre le mie quotazioni pur nel complesso stazionarie, subiscono una leggera flessione.
Bevo alla faccia di tutti la sacra linfa peraltro ancora fresca.. il mio fair play ne risente, le mie quotazioni anche, Al fixing delle ore 13.00 accuserò un ribasso del 15% !! la notte Dormiro’ sotto scorta.
Tanto per sdrammatizzare e per vedere se il villaggio apprezza l’ironia e capisce l’allegoria (e anche perché anche loro cominciavano a starmi un po’ sulle palle con i loro lamenti di bambini della sinistra rivoluzionaria e viziata), comincio i sacri riti del “potere porcaio” chi mi conosce sa, gli altri non chiedano, ormai è reato prescritto.
Prepariamo il pranzo ai bimbi, prima però i famosi panini gommosi del giorno prima, a due scafi, una sorta di binocolo,compiono un rapido passaggio a volo radente tra le mie ascelle ed altri pelosi posti…giusto per togliere quel persistente retrogusto residuo di pane...
Nonostante tanta palese buona volontà da parte mia, non ci sono gesti plateali di apprezzamento da parte dei campeggisti, infatti il mio personalissimo dow jones sarà negativo per tutta la seduta.
Provo a canticchiare “core ‘ngrato” mentre(aprite le orecchie) dietro invito a pranzo dell’autista del pullman che si sentiva solo e che conoscevo già da altre gite ( faccia butterata capelli lisci alla de andrè ricordate?), mi vado a scofanare un pranzo, “a gratise”, a base di pesce in un ristorantino “in gopp’o mare” i cui spaghetti allo scoglio segnano una pietra miliare nella mia vita eno-gastronomica.
Stranamente Il mio rientro in pineta non viene fatto oggetto di lancio di petali di rose, (valli a capì), eppure avevo fatto a loro beneficio un lascito del mio tonno in scatoletta… ! il popolo sovversivo mugugnava !! Era il venerdì nero delle mie azioni …
Ma
L’apoteosi, il tocco da maestro che talvolta mi riconosco fu raggiunto sulla via di ritorno a Damasco che vi descrivo come una scena di film……..:
Pullman pieno, tutti i campeggisti sbracati sui sedili, abbracciati, stanchi, assetati affamati, senza doccia da due giorni (ma di per sé sarebbe ininfluente), rossi di sole: storditi…. Il pullman avanza in direzione di un meraviglioso tramonto da sogno come solo in sardegna accade. Lo stereo diffonde dolcemente “Harvest” di Neil Young i giovani e provati figli dei fiori, languono e godono. La cinepresa indugia sui volti beati ma, carrello indietro, mi si può notare mentre, furtivo, guadagno la postazione del compiacente autista e, zoom in avanti, mentre gli faccio mettere, a palla, la cassetta della “febbre del sabato sera” (allora non tanto ben vista)…compiendo cosi’ irreparabile Sacrilegio!!! Non pago, ballo pure … Orrore !!!!
L’incantesimo così difficilmente raggiunto si rompe e stride e come un gesso nuovo gratta sulla lavagna dei loro cuori!!!
Motore… si gira … azione ciak!!
Si scatena un pandemonio e naturalmente, non verrò apprezzato neanche in questo frangente da quei ragazzi ingrati... Brusco si piscia sotto dal ridere, Bagonghi latra, il suo scudiero, interrotta la “limonata” che gli va di traverso, si adombra. Mi si dirà in seguito che sono stato “molto estroso” ma il tono stranamente non collimerà con l’aggettivo.
Si rientra mesti e misti .

Epilogo :
dopo tanta abnegazione e sprezzo del pericolo con salto col cuore in mano, oltre l’ostacolo, ancorché mortalmente ferito, io mi sia adoperato e sacrificato per il bene comune, verrò anche tradito da qualche gola profonda e sarò tenuemente rimbrottato da Cionmei (o come cappero si scrive), per essermi allontanato un minutino, ed essermi andato a fare uno spaghettino allo scoglio con l’autista: …
“ core ‘ngrato”



La vita prosegui’…proseguì fino a quando qualcuno fece sì che nessuno potesse più divertirsi.
Gli Unni calarono da un semplice ufficio economato di un, per noi, improbabile partner commerciale, , Il il Comune di Genova…con quelle facce un’ po’ così, con l’espressione un’ po’ così che hanno loro che hanno visto Genova …..
L’associazione per sopravvivere ad una gestione, diciamo sempre piu’difficile (allegra pare che fosse la gestione dell'albergo invece), dovette dare in pasto a pagamento parte dei turni a dei Comuni paganti.
Cominciammo a sentire parlare per la prima volta di discorsi di orario di lavoro “ lo straordinario” gli operatori del Comune di Genova, che in generale agivano con una certa spocchia ad esempio , si segnavano lo straordinario quando facevamo le attività serali, perchè (ora li capisco), per loro era solo lavoro, ma per dirla tutta non è che si sforzassero molto neanche durante il giorno. ci tenevano a farci capire che quella per loro era una sorta di vacanza premio....che provocò nei nostri giovani cuori una battuta di arresto dell’armonico sviluppo psicomotorio del fanciullo che era in noi, una sorta di “interruptus” che, ormai non mi rode piu’…...

Ci trovammo a sbattere contro il muro di gomma della “pedagogia di comodo”, del falso perbenismo, dell’incomprensione reciproca… chiaramente le colpe erano tutte loro ( sennò se deve pure essere una memoria obiettiva che gusto ci sarebbe?).

Portammo, fallosamente, dentro il nostro Sancta Sanctorum un cavallo di Troia, che più che di un cavallo si trattava di un somaro ronzinante di Troia, che nulla avevano e/o avrebbero mai potuto avere a che fare con la nostra Città della Gioia, e cosi’ la “terra di mezzo degli Hobbits”, divenne il putrido regno di Saruman.

Erano donnette a caso, che avevano la faccia tosta di dirci che la gita notturna all’isoletta (poteva esistere qualcosa di più angelico?) a loro avviso “NON ERA PEDAGOGICA” ( secondo me usavano questa parola perche’ gli serviva scarabeo…). Esempi zoologici di scarto dell’ acquario cittadino, che venne dove noi lavoravamo con amore, passione abnegazione e sprezzo del pericolo e sprazzo di ragionamento, per 24 ore al giorno, e loro candide candide candide , si segnavano gli straordinari mentre NOI facevamo le attività serali.

Poi… che vuoi… , il sange non è acqua,…. Certo, magari col senno del poi eccedemmo anche noi, giusto un pochettino, magari proprio muro contro muro no, ma un sospiro, un’idea, giusto un assaggio del conclamato spirito goliardico che gagliardamente ci contraddistinse nei secoli, …più che altro esuberanza post adolescenziale, questa si gliela rifilammo .
Insomma per farla breve, come è , come non è, quelle del Comune di Genova le facemmo nere e se qualcuna di queste lo ha mai capito ancora si lecca le ferite.

Onestamente mi ersi a involontario portabandiera, agnello sacrificale, tant’è poi venni cacciato dall’Ymca, ma questa la racconto in seconda istanza)
Qualcuno, mi ha richiesto di chiarire meglio, di delucidare, di ampliare maggiormente, i ricordi ” …
Il fatto è che seppur munito di discreta memoria a volte tendo a rimuovere e a dimenticare e così non è che mi ricordi tanto bene…
Ricordo una Capo monitori molto stitica da un punto di vista relazionale, molto fiscale nei generali comportamenti di vita al campo… una scassacazzi in definitiva. Purtroppo capimmo in ritardo che aveva in mano un manico di coltello che pesò non poco per le decisioni a venire dei Capi tribali dell’ Ymca (i quali ancor meno di noi seppero dirigere i cambiamenti in atto o forse era la scusa che cercavano),
il Comune di Genova pagava in lire sonanti e questa iniezione di salute serviva all’ Ymca come l’acqua nel deserto, perché le adesioni ai campeggi calavano vistosamente. Fu così che qualche piccione che si era messo un po’ troppo in evidenza, venne usato a mò di capro espiatorio, tutti d’accordo tranne uno, indovinate chi?
Ricordo anche, però che oltre a queste cause esterne ci furono anche delle concause di tipo endemico. I tempi cambiavano e forse per i vecchi del campeggio, ma non ancora vecchi di età furono anni traumatici. Spiego meglio : mentre i più adulti avevano una vita privata in fase di più avanzata costruzione, magari convivevano, moglie, o qualcosa di questo tipo e , potevano, forse, staccarsi più velocemente da un’ Ymca che cambiava, perché di fatto avevano una vita che li compensava, noi ragazzi e ragazze,piu’ gioani ,che andavamo ancora a scuola vecchi del campeggio, ma senza una vita compensativa, rimanevamo agganciati all’associazione, però non eravamo in grado di dare inizio ad un nuovo corso ( parlo per me).
Anzi, non lo sapevamo neanche pensare, un nuovo corso, ma intanto vedevamo le nuove leve di campeggisti che disconoscevano le NOSTRE canzoni, e i nostri riti, ma anzi, andavano ( orrore ) in discoteca, ascoltavano i Duran-Duran ed erano ( per noi) difficilmente aggregabili. Per NOI, questi ragazzi erano dei perfetti marziani in terra… e noi per loro!!!
Esempio: noi potevamo passare un pomeriggio intero a giocare a palla capitano o palla prigioniera, ma non riuscivamo a coinvolgere soprattutto i nuovi seniores a giochi tanto sciocchini; stavamo perdendo l’innocenza.
Di lì a poco saremmo anche noi caduti dal giardino dell’Eden… allo spartitraffico della Colombo .
Eravamo diventati di colpo vecchi, ma non ancora saggi, solo obsoleti ymcosauri alla deriva…
Questo ed altri disastri culturali che ora non mi sovvengono (ma ci saranno stati), hanno fatto, sì che il declino dell’Associazione prendesse una discesa con pendenza maggiore, dalla quale non si sarebbe più ripresa.
Amen.
Dite la vostra…che devo fà tutto io… io m’alzo la mattina presto,verso le sette sette e mezza……!!!!

Nel 1982 LA CACCIATA
A seguito di alcune mie esuberanze giovanili, Venni Scacciato dall’Associazione a delinquere hahaha….
La cosa, mi fa ridere (oggi) immaginarla figurativamente come un celebre quadro di non ricordo chi, nel quale sono raffigurati Adamo ed Eva che vengono scacciati dal Paradiso Terrestre…ma qui credo valga la pena di allargare un pochino il campo visivo.
Era finito il fatale turno a partecipazione comunale con i mentecatti di Genova… con quella faccia un po’ così quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che…
venni convocato da Monaco in Direzione.
Arrivandovici approdai al cospetto di Monaco e di un certo altro signore di cui non ricordo il nome , uomo tormentato, del quale non ho mai pensato che fosse saccente hehe, gran cocomero sulla pancia, grand’uomo d’altri tempi ( per fortuna ), forse un po’ costipato, di cui non ho mai pensato piacesse tanto fare il cardinale Richelieu della situazione, io non credo che fosse gia' cretino sei mesi prima di nascere... sarebbe riduttivo...
Ormeggiai con cura,
parabordi fuori,
diedi ancora,
diedi poca catena e la misi in tensione ,
mi avvicinai con cautela alla banchina e poi doppino,..
spring e passerella.
Monaco mi mise al corrente che LA DIREZIONE (immaginatevela come una sorta di monte Olimpo circondato da nuvole e fulmini… o forse sarebbe più calzante come una sorta di monte Athos tanto è lo stesso), in direzione dicevo, non avevano più intenzione di riprendermi… riprendermi in senso di rimproverarmi o in senso di prendermi ancora con loro? Il senso era oscuro e non solo lui… ma mi attenni alla vigile tattica dell’attesa.
Così gonfiai il petto e cominciai a dire la mia tutta d'un fiato “ Il vostro comportamento è assolutamente in mala fede…” Monaco dall’alto della Sua saggezza mi chiese “ Salvatore cosa intendi per mala fede?” Venne stoppato da uno sprezzante (e nessuno osi pensare già da tanto tempo cretino) cardinale Richelieu (ci credereste? Era pure sprezzante), che ponendo fine unilateralmente al dialogo ( haa Gran bella cosa l’educazione e la democrazia) e, mancando anche di rispetto a Monaco, cago’ lapidario : ”Monaco,(ignorante!! ndr) “mala fede” vuol dire solo una cosa (virgola punto punto e punto e virgola ma si, abbondiamo fai vedere che non siamo tirati), questa conversazione è chiusa”. Ho detto tutto….
Ed anche la mia carriera all’ Ymca...
A quel punto estrassi dalla mia borsa di Tolfa (oggetto di culto dell’epoca che mi aveva venduto il Timino quando ne fabbricava a decine e senza farmi manco uno sconto) una busta e la diedi al cardinale Richelieu che incuriosito (grosso errore tattico, quando cacci qualcuno) la aprì e ne estrasse una fotografia che lo ritraeva allegoricamente, mentre parlava al microfono dalla direzione di Olbia da dietro le sbarre della finestra, sagace e indovinata icona di un essere prigioniero di se medesimo… “ caro Richelieu, questa foto ti si addice molto” e me ne andai… ...

Col senno di poi, forse anzi sicuramente, sbagliai a pensare e a parlare di malafede….. visto come gloriosamente e repentinamente chiuse, pochi anni dopo, l’albergo ymca di Roma a seguito di una improvvisa visitina di alcuni "dignitari" Ymca americani non del tutto d'accordo con la gestione capitolina......

La mia cacciata fece eco e scandalo (immaginatela sempre come il celebre dipinto di non so chi di Adamo ed Eva cacciati da paradiso terrestre, tanto per non cadere sul patetico). Non sono mai stato avvezzo chiedere aiuto o solidarietà, ma in verita, ne ricevetti: molta verbalmente da tutti, e molte assicurazioni di immediate azioni di protesta….ma solo Paola Maroni se ne andò dall’ Ymca per protesta e coerenza ed ancora la ringrazio per questo gesto di giustizia e di amicizia, gli altri e le altre cosa hanno fatto? Come recita la nota canzone di De Andre’.. “si costerna si indigna si impegna poi getta la spugna con gran dignità”...


TAZZOLENI INVITA AL DIAOLOGO e scrive:

Caro sasà volevo che tu entrassi meglio nello specifico perché hai sfiorato quello che secondo me è stato vero il collo di bottiglia dove l’associazione s’è affogata. C’è stato un cambio generazionale nei campeggisti che non è stato colto da nessuno, o quasi. Noi facevamo il fuoco al campo al sapore di sale, quelli nuovi avevano già la febbre del sabato sera. Noi facevamo “attività” con un optimist sgangherato o con una pallone di cuoio su un campo scalcinato. Loro, andavano già alle scuole di vela o alla scuola invernale di calcetto.
Noi vecchi siamo rimasti prigionieri della nostra adolescenza, quando i nuovi adolescenti che ci erano affidati chiedevano di essere accuditi in modo differente. Ma non è stata interametne colpa nostra: eravamo troppo giovani. Sebbene qualche d’uno tra noi avesse percepito la necessità del cambiamento, i vertici, quelli che avevano i soldi erano in tutt’altre faccende affaccendati : cioè come spartirsi i soldi. I fatti degli anni successivi, con il fallimento economico dell’associazione, lo hanno dimostrato. Se posso continuare in un sommaria attribuzione di responsabilità, una buona parte la assegnerei anche alla cosiddetta Banda di via Artini, ovvero la classe di leader precedente la nostra. Anche loro molto più di noi non hanno colto le nuove esigenze. Ma anche loro come i dirigenti, non lo hanno fatto per una consapevole volontà di non modificare gli equilibri di quello che era il loro harem. Olbia camp era la palestra del loro ego. Che noi stessi, leader più giovani, in parte alimentavamo.
Quando s’è trattato di dare risposte alle nuove esigenze educative ( e tra queste, giuste o sbagliate che fossero, c’erano anche quelle del comune di Genova, dei tedeschi, e anche dei nostri giovani seniores) i leader più anziani hanno preferito continuare sul sentiero dell’Olbia Camp tutto mare sole e canne all’aria aperta. I Dirigenti cercavano di fregarsi il portafoglio. Noi leader più giovani non eravamo ascoltati. E poco a poco siamo stati espulsi. Faccio qualche esempio personale: quanto è stata lunga la mia battaglia per introdurre lo sport della vela organizzato in maniera coinvolgente?


DIRITTO DI REPLICA
Risponde Marco Tagliata

segnalo una diversa chiave di lettura del tramonto del campeggio.

Nel 1978 sono state eletto alla vicepresidenza dell’associazione campeggi (che gestiva i campeggi estivi) e che era un soggetto giuridicamente diverso dalla Federazione (che gestiva le attività romane – palestra- edificio P.za Indipendenza) dovendo prendere drammaticamente atto di alcuni fatti difficilmente modificabili – da metà degli anni ‘70 si era avviata una guerra azionaria e non solo, per il controllo di quello che alcune persone avevano individuato come una preda di grande interesse: i beni immobili di Roma e Olbia – la storia è lunga e tortuosa ma i passaggi sono evidenti a tutti:
- progressivo esautoramento di monaco (la sua malattia ha facilitato questa operazione) dal campeggio di Olbia e la non elezione alla segreteria nazionale della Federazione;
- alleggerimento di tutte le attività che potessero rivitalizzare i campeggi;
- demotivazione delle persone interessate ad una rinascita
- successiva vendita dei beni
dalle marginalità della vendita sono uscite le risorse per acquistare l’attuale centro sulla colombo a Roma – molte altre risorse hanno seguito percorsi diversi

l’indebolimento del campeggio, delle persone, delle attività è stato il frutto di una triste operazione economica manovrata anche a danno degli azionisti americani che all’origine di tutto avevano dato i fondi per il palazzo di piazza indipendenza nel lontano 1950 o ‘52
certamente ci sono stati anche altri motivi di contesto generale ma resto convinto che l’interesse privato sia stato determinante.
Le conseguenze sono state molto tristi per tutti ma difficilmente contrastabili sul piano economico o giudiziario.
Nel 1980 sono andato all’estero per 5 anni e sono tornato nell’85; durante un rientro (nel 1982) sono andato al campeggio, c’era ancora monaco ma stava già male; negli anni successivi non sono più tornato
nel 1985 sono rientrato in Italia e ho assistito alla lenta agonia di monaco – del campeggio non ho più saputo nulla. Credo che l’ultimo anno di attività del campeggio di Olbia sia stato nel 1988 ma già con una struttura diversa.
Nel dicembre 1988 moriva monaco.

Il mio primo anno di campeggio ymca a Olbia è stato il 1967, era molto tempo fa, con altri direttori, campeggisti, leaders (monaco è arrivato come direttore fisso nel 1972) – qualche volta ho rivisto le persone di quegli anni e ho sempre avuto la sensazione che l’aver condiviso dei momenti così intensi della nostra adolescenza abbia creato un legame profondo
forse quell’equilibrio era comunque destinato ad interrompersi col passare degli anni
ho sempre pensato che il campeggio avrebbe meritato un epilogo diverso, forse è per questo che non sono più tornato dai primi anni ‘80

un abbraccio a tutti
marco Tagliata


I CUGINI DI MONTAGNA

Trattatasi del popolo dei PALENOTTERI i campeggisti del campeggio montano di Lettopalena in abruzzo, ovvero una stirpe oscura e semisconosciuta che si comportava come degli Hobbit dei boschi in quanto proprio di boschi si trattava.
Erano fondamentalmente di due tipi: il tipo A era composta da una popolazione di esclusivo ed erano infeudatati al solo campo di Lettopalena.
Il secondo tipo B, oltre Lettopalena frequentava anche Olbia dove, venivano talvolta poco compresi, facendo un po’ casta a parte: infatti se Sparta ride Atene non piange ( che centra?…).

Il montano villaggio era più piccolo del fratello marino, era costituito da un vecchio casale semi fatiscente, con un annesso silos senza funzioni particolari, la mensa, molto intima e, a cristiana memoria, era ricavata da una stalla; mi sembra di ricordare che le tende seniores maschili fossero nel bosco lungo le pendici di una montagnola alle spalle del fabbricato, ma sarei orgoglioso di ricevere contributi memoriali.

Il campo giaceva a mezzo monte nei pressi di LETTOPALENA, GESSOPALENA, GUADO DI COCCIA, e nomi consimili.
Io vi centellinai la mia frequentazione con accortezza, una sorta di stage di completamento, di perfezionamento delle mie esperienze, un solo master in Ymcagine,
non era il mio ambiente naturale, nulla contro beninteso, ma sapevo, intuitivamente quale fosse il mio ambiente naturale: il mare .
Ricordo
Amici come Massimo Senufilli da tutti detto Super SERUFIX, perché sapeva tutto, sapeva fare tutto, e suonava tutti gli strumenti. Seppur umiliato da una inclemente e precoce calvizie di stampo cistercense era invece gratificato da una fidanzata, una sorte di Cher (o di Morticia) con sguardo… un sacco dolce, poi impalmata ed elevata al rango di consorte, … leggiadra, quasi una leggera regina degli Elfi……
A Senufilli elevammo odi e cantavamo la canzone “lettera X qual è il segreto di Serufix…” e lui generoso contraccambiava colpo su colpo con poesie tipo: …”l’inverno vienghette la neve cadò tango tanghiete tangò” …

Ricordo poi il Ritolfi … belloccio, anzi proprio Bono, affermavano le pulzelle se lo vedeste oggi…, un pochino narcisetto anziché no, eppoi ricordo Guido Pecoraio, Giuseppina Necchia sposa poi di Alessio Rzewsky ( pronunciato proprio come si legge..ho sempre desiderato vedere il suo codice fiscale hahahaha), Mario lampi da Catania , Giggi Tarrozzi, (ora pro nobis), Angela Liberati, Massimo Mattias, costituivano un nucleo, uno zoccolo duro, adamantino, inossidabile, veri uomini dei boschi, con riti ben definiti. Ricordo anche meteore come Eleonora Paiante detta “Bisteccona”di anni 13… e chiedetevi il perché del nomignolo… oggi è attrice affermata… o quanto meno lo afferma lei ha! Ha! Ha! suvvia Ele, si fa ppe ride.. madonnina bona..
Su tutti imperava, dominava, consigliava e approvava il direttore nella persona di Nino Nasca, purtroppo oggi anche lui passato ai più, Gentiluomo Catanese anch’esso e generalmente munito di moglie e figlia.

Il ricordo più divertente di Palena ( non è che ne abbia poi tanti) è associato ad un fuori turno, di novembre, per soli leaders, del quale conservo alcune foto; c’era la neve, c’erano le stelle , c’era la luna ci si scaldava come si poteva tutti vicini intorno al camino acceso e scoppiettante a vedere asciugare gli scarponi e i calzerotti bagnati e fumanti, senza peraltro riuscire a beccare niente …( e stasera per cambiare..minestrina).
Il ricordo più allucinante è della prima profonda notte, ero congelato nel mio sacco a pelo ( non riesco proprio a chiamarlo sacco-letto) di finta lanetta, la temperatura ambiente era la stessa che ha eliminato i dinosauri nel giurassico; la mia vescica mi lampeggia, segnalando che avrei abbondantemente superato i tre litri di stoccaggio previsti dal listino. Qui si estrinsecherà il doloroso dubbio… mi alzo e vado a pisciare in bagno fuori della casa a -18°C, o rimango qui nel mio seppure tenue calduccio uterino?
Dopo mezzora di atroce dubbio e atroci dolori lancinanti che, originati dal basso ventre, erano ormai saliti alla bocca dello stomaco, comincio a lacrimare (una sorta di meccanismo di autodifesa da “tutto pieno” ). Dopo un’ora di agonia, prendo la virile decisione…si vado a pisciare fuori, anche perché sotto di me dormiva Mario Lampi e ad un amico non si può…
Così mi liberai come benigni in “il piccolo diavolo”, appena fuori della casa sulla soglia.
Ne feci tanta che si modificò la temperatura esterna arrivando a livelli di riviera ligure.
Ne feci tanta che sciolsi un ettaro di neve provocando una fioritura effimera e anticipata di narcisi dei boschi.
Ne feci tanta che un orso Marsicano incazzato venne a lamentarsi per la inondazione della sua tana tre miglia più a sud.
Ne feci tanta che vennero i geometri comunali da Lessopalena per vedere com’è che le condotte dell’ACEA si erano rotte.

E betta Povelli, a mensa, mi prendeva a torte in faccia …………


******