COME ERAVAMO

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lunedì 8 marzo 2010

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI

Un pomeriggio di un giorno da cani si svolgeva una partita a calcetto sul pavimento in cemento della vecchia mensa.
C’era il vento caldo, anzi, era piuttosto una brezza dal mare, l’agonismo lasciava spazio all’agonia e qualcuno dei giocatori ricorreva ai trucchetti da quartierino che hanno fatto grande questa nazione, ovvero gioco pesante e “scianghetta tecnica”.
Quel qualcuno era un negretto bello grosso di nome Amaral che Mario Lampi aveva già da tempo ribattezzato in Amoral per sue caratteristiche intrinseche tendenti al non lecito (ma come recitava De André “ anche se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”).
Purtroppo per l’eritreo, lo scianghettato di turno era un bizzoso Timino,che quel giorno per una visione moralistica della vita si dimostrava incazzosetto anzi che no, chissa’…forse per le mestruazioni .
Fatto sta che dopo l’ennesimo fallaccio il Timino, visto che le guance da porgere erano nel frattempo finite, ebbe a risentirsene un poco, ed evidenziò all’eritreo impenitente quali potessero essere nella vita i vantaggi di un atteggiamento maggiormente formale,e improntato ad una migliore amabilita’ di relazioni sociali
Chiese cosi’ spiegazioni di tale comportamento al “negletto” a dir poco inveterato, spiegandogli, altresì, quanto in una società urbana fosse cardine imprescindibile la correttezza e la saggezza anche nella contrapposizione ginnico sportiva ancorché permeata da una certa qual gagliardia fisico-agonistica .
Insomma il nostro Grande Fratello lo apostrofò con un: “ brutto ….”bip” Me hai rotto er ..."bip" !!! Mo te rompo er... "bip" !!!”.
Silenzio immediato di tutto il campo. Carrello indietro, inquadratura in campo lungo con grandangolare.
Sembrava di stare sul set di un film di spaghetti - western di Leone ( Sergio, non Giovanni il quale invece fece solo macchiette al Quirinale).
La brezza era diventata di colpo, tesa al solo scopo di fuggire velocemente. Il sole, ai soli fini scenici e per contratto, faceva si capolino, ma fosse stato per lui si sarebbe eclissato del tutto.
Al romano dagli occhi di ghiaccio (Timino/Clint Eastwood) comparvero come per magia indosso: cappello impolverato, poncho impolverato, toscano in bocca (non impolverato). La macchina da presa con movimento a scatti veloci orizzontali gli roteava intorno.

Il negro invece, dal canto suo, vilmente tremava battendo gli occhi, le gambe gli facevano giacomo giacomo e pregava in negrese “ mamma mia guesda volda l’ho fadda grossa”
I due si fronteggiavano. Le dita, come lunghe zampe di ragno lentamente e letalmente raggiungevano le pistole, le mosche si erano posate e non respiravano per non infrangere l’attimo. Noi, altri esseri viventi, eravamo immoti con gocce di sudore che scendendo lungo i volti tradivano la tensione, i vegetali, invece, erano avvantaggiati da milioni d’anni di allenamento, le rocce e i manufatti attendevano con ansia.
Ma a questo punto, siore e siori la grandezza del Timino si manifestò in tutta la sua magnitudo (qualora ci fosse bisogno di conferma). Essa scese sulla terra e come Vento Divino ( in giapponese si dice kamikaze, ma non divaghiamo) ci permeò e profuse in noi, donandoci grandezza eterna e gioia all’avvenire, essa ci illuminò come il sole socialista dell’ultimo fotogramma del film “palombella rossa”), infatti, Timino si fermò e "Ci " chiese scusa per essersi lasciato andare a questo brutto spettacolo e per averci dato un brutto esempio da non seguire.
A questo punto esplose la musica di una festa paesana mexicana allegra e leggera cantata e suonata da MARIACHI come nel film “el Mariachi”
Che dire… grandezze dell’eterno… ancora mi bagno!

(PS) comunque il lato meno pacifista di me ci rimase malino per essersi persa quella che stava per profilarsi come la grande presa a sberle del secolo, un novello massacro di forte apache, un secondo appuntamento al “OK Korral”

(PPS) senza voler sminuire il meraviglioso gesto di alta professionalità e giudiziosa maturità senile…secondo me il Timino realizzò in un attimo che il ragazzo ancorché bischero e meritorio di raddrizzata era ancora aimè minorenne…


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Formidabili quegli anni in cui credevo che la mia vita e quella dei miei “Amici dell’Alleanza” sarebbe rimasta per sempre imperniata (quasi fosse imprigionata per eterna magia nel cristallo di rocca), sui fatti della vita “al campo”.

Sicuramente una rocambolesca e mitica visione delle cose e della amicizia da “cavaliere della tavola rotonda”, dove i patti di amicizia, l’armi e gli amori, venivano cantati innanzi ai fuochi nelle lunghe notti invernali, quando scende la bianca neve che tutto a se, simile rende. Oppure, innanzi ai magnificenti fochi delle notti calde nella stagione calda, durante il tempo dell’Adunanza quando, il cielo stellato sopra di noi la sabbia per tappeto e la legge morale dentro di noi, vedevamo e sapevamo le cose dolci.

Con la stessa consapevolezza del bambino, il quale nel ventre materno, desidera che la propria onnipotenza si mischi al desiderio di una stasi perpetua, in una condizione dove nulla possa cambiare e perturbare la quiete degli anni d’oro.

Fu così che, invece, aggiungemmo una ulteriore velo verginale, che avremmo perso negli anni a venire, con maggior dolore e rimpianto perché così facendo perdevamo le illusioni… insomma saremmo cresciuti (ma manco tutti e manco tanto) saremmo stati scacciati dal giardino dell’EDEN (che non è solo un cinema di periferia).

Per certi versi a noi il Signore degli Anelli ci faceva na sega… il problema è che per molti altri, la sega gliela facevamo noi .

La verginità la persi a più riprese quando cominciai a soffrire nel vedere amici e amiche che si allontanavano senza una ragione o spiegazione, ma solamente perché la vita continuava e io non me ne rendevo conto, credevo di essere saldamente legato all’ancora, senza accorgermi che la catena era filata via e la barca, con una leggerissima corrente, si allontanava impercettibilmente ma inesorabilmente dall’adolescenza.

Come per esempio C. B che di colpo dopo anni di calorosa amicizia , dopo aver calpestato la terra dei suoi avi, quasi avesse risalito il fiume yukon come fanno i salmoni, due anni più tardi , incontrandomi, mi “dava cordialmente la mano” ….

2 commenti:

Anonimo ha detto...

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