COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

venerdì 19 marzo 2010

ANCORA

ogni 15 giorni c'era il cambio del turno.

Chi finiva il turno andava via tornava a casa.
Le diverse ore della giornata del cambio turno erano territorio di caccia dei pianti, degli abbracci della disperazione più nera. Immaginatevi una partenza strappalacrime di quelle che manco a Napoli nell’800 all’imbarco coll’America...
150 adolescenti che tra un pianto e un abbraccio si giuravano amore eterno, eterna amicizia, si scambiavano magliette, vestiti, indirizzi e numeri di telefono manco partissimo per Marte e la cosa andava avanti per delle ore, fino a che non arrivava il pullman e il turno veniva strappato a forza ( come carne viva) e messo sul vagone della deportazione. La partenza avveniva verso “le cinco de la tarda”, dopo la siesta e dopo el merendero olè! quel giorno si portavano i tavoli e le panche sulla spiaggia e si mangiava cosi' tutti insieme in un'unica tavolata infinita ...

Ma qualcuno rimaneva.
Erano quella decina di campeggisti, talvolta di più, altre volte di meno che facevano due o più turni, erano dei privilegiati in molti sensi, sia perché potevano permetterselo, e sia perché all’arrivo del nuovo turno il giorno dopo, erano considerati dei sopravvissuti degni di onore, gran fighi, quasi dei reduci del viet-nam e molto snob, eppoi se la tiravano da matti con quelli che sarebbero arrivati con la nave l’indomani mattina….
Col senno del poi talvolta questi “unti dal signore” erano dei semi sfigati, ma noi non lo capivamo, perché figli di separati o di genitori che se li sbolognavano dai piedi per un mese, questa non è una cosa peregrina come potrebbe sembrare, anzi, ( durante un turno infatti mi ricordo che in tenda ero l’unico figlio di NON separati… ).
Le ore che intercorrevano tra un addio e un ben arrivato erano “terra di nessuno” ed eccetto la raccolta di legna per un enorme fuoco sulla spiaggia che fosse ben visibile dalla nave che andava a Civitavecchia, una blanda pulizia del campo, tanto per non farsi parlare dietro da quelli che sarebbero arrivati stravolti , la mattina dopo alle sette, non c’era molto da fare, e … la notte… si poteva dormire tutti insieme…
Al passaggio della nave davanti al campo, con l’aiuto dei megafoni si urlavano gli zighe zaghe fino all’ esaurimento della voce che costituivano il nostro urlo fondamentale di battaglia
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!! Ciaa!! Ciaa!! BUMM!!!

Questo fino allo spasimo.
E naturalmente dalla nave provenivano le urla. Si vedevano le lacrime….
Nel mentre, quelli sulla nave, vedevano in lontananza il falo' delle vanità e rispondevano... urlavano si sgolavano gridavano con maggiore forza lo stesso canto da invasati… vi potete immaginare 120 scalmanati in preda al delirio che si sporgono dal parapetto della nave (lato di tribordo) e urlano …
Solo che non erano soli in nave… e venivano visti additati commiserati ammirati e scansati dagli altri passeggeri divertiti e preoccupati, anche perché al ritorno dall’YMCA i nostri eroi buttavano un po’ su trasandatello e talvolta non eravamo un bello spettacolosa vedere, sicuramente molto pittoreschi
Dal campo si sentivano bene le urla dei deportati sulla nave, di questo ce ne siamo sempre fatti un punto d’onore, perchè non riuscire a farsi sentire a poche miglia di distanza era causa di vergogna.
poi chi partiva si sarebbe vendicato di li’ a poco cosi': avrebbe scritto tre cartoline a chi rimaneva per farlo cantare in mensa ........(ci divertivamo con poco).

Ad una fine turno dell’anno del signore 1982 credo, stavamo rientrando a Roma ed eravamo gia’ tutti in nave, Ore 23 circa.
Diversi passeggeri si avvicinavano ai nostri posti chiedendo insistentemente di potersi sedere.
Siccome mi vantavo di essere uno dei capetti, presi in mano le redini della situazione facendo vedere, a quegli stolti che osavano disturbarci, che i nostri biglietti vantavano più dei loro, diritto su quelle sedie medesime .
La cosa coi minuti che passavano si faceva sempre più fastidiosa perché coll’approssimarsi dell’orario di partenza, nel caos quasi totale, sempre più persone chiedevano conto dei posti e io con sempre maggior impeto li respingevo, con la spada dell’oratoria, le orde di orchi-postulanti, manco fossi stato Aragorn che difendeva le porte della città di Minas Tirit o di come cappero si chiama.

Nel frattempo dovevamo tentare di tenere i campeggisti seduti al loro posto perche’ cominciava il popolare rito del “ chi va a Roma perde la poltrona” e tutti sappiamo quanto era difficile tenere i pargoletti su quelle scomodissime poltrone perpendicolari alla realtà.
Per adire le vie legali più rapidamente ho il mio solito lampo di genio : coinvolgere il Commissario di bordo (che ci conosceva in virtù della continua e copiosa frequentazione sulle navi della Tirrenia dai nomi evocativi: Poeta, città di Sassari…Carducci).
mi reco, tosto, dal Commissario, fermo e sicuro, con i quaderni di doglianza a fargli le mie sacrosante lagnanze. Lui vista la situazione e visti i biglietti di tutti comincia a sudare. Passano i minuti, altra gente, altri alterchi altro sudore, nel mentre, la nave parte.
Dopo dieci minuti lo vedo, trionfante e ghignante, venire verso di me, stranamente non sudava più.
Mi mostrò semplicemente che c’era un errore di prenotazione nei nostri biglietti e che avevamo noi la data sbagliata sul biglietto
E cosi’…Ora sudavo io.
Il commissario , pace all’anima sua, ci fece sloggiare, dai posti a sedere, ci fece accomodare su un improvvisato “passaggio ponte”. La nave quella sera risultò, cosi’ leggermente sovraffollata e io…. avrei avuto qualcosa da scrivere venti e più anni dopo.





Ora dopo tanti anni e dopo tanto scrivere, mi sento finalmente in pace con me medesimo, almeno per quanto riguarda la mia adolescenza all’YMCA ( e chissa’forse solo con quella), ho tirato fuori diciamo tutto ciò’ che aveva un significato raccontare, ovvero tutto ciò che mi è passato per la testa senza troppe censure e chissà magari sforzandomi potrei ancora tirar fuori un pochino di ricordi… ma non credo che interesserebbero ancora qualcuno... chissà... sono fiducioso.

Una cosa però è ancora molto viva: ogni volta che in qualche parte del mondo accendo uno zampirone io ritorno violentemente in un istante dentro il boongalow, l’odore della spiraletta mi ributta dentro tra i letti a castello e mi vedo e sento le voci e qualche volta mi commuovo

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