COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

mercoledì 24 febbraio 2010

GITE NOTTURNE

Una delle cose che mi faceva scapolare l’inverno rintanato nelle adolescenziali seghe mentali… (e vabbhè nun se po’ proprio scherzà), proprio come il paguro si rintana nel suo guscio, era la fede incrollabile nella certezza religiosa, che tanto, qualunque cosa fosse potuta accadere nell’universo, in estate avrei anche io immancabilmente fatto la…. GITA NOTTURNA … Era una sorta di energia pura e restauratrice che metteva il giusto ordine nelle strambe cose dell’universo, una sorta di Santo Graal della vacanza estiva.. croce e delizia,… più l’una che l’altra in realtà. I nomi dei posti più gettonati, nei quali eravamo di casa, ascendono ancora alle mie orecchie quasi fossero suoni di luoghi mitici tipo … Katmandù, Marrakech, ma forse più prosaicamente: Isoletta, Roccioni Villaggio dei Tedeschi, Capo Ceraso, Porto Istana, la Buca, la Chiesetta, Budelli….

ISOLETTA: sita a pochissima distanza dal villaggio, per arrivarci si passava da dietro il campo maschile, si passava poi: la rete , il campetto di calcio, e mentre a sinistra sulla punta c’era il villaggio dei belgi con case in pietra a schiera, noi piegavamo decisi a destra, come dei caccia da guerra in formazione transumante e, dopo un miglio circa arrivavamo di fronte ad un’isoletta. Qui zaini a terra facevamo il bagno e i nuotatori classificati Squali potevano arrivare all’isoletta, ma con un leader. L’ho fatta due o tre volte e non ho mai capito il fascino di arrivare all’isola a nuoto. Più che un’isola … uno scoglio. Poi, ritorno, raccolta della legna, fuoco, pasturazione e, se qualcosa abboccava passavi una delle prime notti di amor gentile della tua vita, sennò tra le dune rialzate, alle spalle della spiaggia, stavi infrattato nel sacco a pelo nel senso di “ tra le fratte” e quando “ci trovavamo a fondo al boccaletto : “na pisciatina un salve regina e in Santa Pace se n’annavamo a letto”.

Uno dei ricordi più belli dell’adolescenza… una notte di luna piena, tra le dune, girato leggermente in direzione dei roccioni, vedevo il mare sottostante una grande baia con sette insenature e la luna che si specchiava in tutte e sette le baiette, con l’isoletta alla mia sinistra e sperando di poter condividere presto tutta questa meraviglia con una ragazza

Ricordo Puccio Damerini passare un pomeriggio intero a saltare dalle dune di sabbia alte circa due metri divertendosi come un bambinone.

ROCCIONI Per arrivarci c’erano da attraversare…. Il guado, e il villaggio di tedeschi. Più che un guado era un guano. Il guado ci faceva sentire un vero drappello di incalliti improbabili variopinti guerriglieri dell’armata Brancaleone con zaini sulle braccia e, per i più muscolosi qualche bella ragazzetta sulle spalle …intanto… poi si vedrà… (infatti s’e’ visto… ).

La velocità di avanzamento di un drappello di guerriglia è influenzata dal guerrigliero più lento (applico Che Guevara). Dopo di ciò e dopo un’ora e mezzo di cammino di strada bianca, sostavamo puzzolenti e affaticati, a malapena tollerati, ma non amati, al villaggio austro-ungarico di tedeschi, che aveva un bar fornitissimo a differenza dello spaccio del villaggio che aveva solo gazzosa Ichnusa. Poco distanti, i roccioni erano un’oasi di “selva selvaggia aspra e forte”, dolcissima di aromi di macchia sarda lentisco, mirto, elicriso.

Rocce dalle quali tuffarti se i leader non vedevano, con una sabbia morbida e accogliente quasi fosse seta , in un tramonto sempre di fuoco, proprio come il mio erpes. Nel 1976 Francesca Glienti chiese a Timino se si poteva mettere in top-less… (lei non Timino)… lui con distacco filosofico … acconsentì . Era il 1976, ero ancora campeggista e vergine, una di queste due caratteristiche la avrei mantenuta ancora a lungo… indovinate quale? ( ha! Ha! Scherzavo!!, infatti l’anno dopo sono diventato Leader!!).

CHIESETTA

Ci andai in una sola volta. La strada partiva dal campetto di pallone, credo, poi si proseguiva non verso la spiaggia come per andare all’isoletta, ma si piegava a destra prima del campetto su una delle tante sterrate bianche, e si prendeva la grande, maestosa, materna “Orientale Sarda”, nostra linea di confine e di congiunzione con l’universo conosciuto, un analogo del grande padre Fuji per i giapponesi. Si proseguiva, a piedi, sul ciglio della strada (se qualche autista di camion ubriaco o stronzo o entrambe le cose non decideva di farti qualche scherzetto tipo tentare di fare un filotto da 1100 punti mettendoci i sotto tutti quanti , veramente accaduto). Camminavamo per 3 – 4 chilometri, forse meno, e si arrivava a ‘sta chiesetta dove c’era anche un fiumiciattolo di acqua cristallina e gelata. La chiesetta neanche me la ricordo più, onestamente. Forse era una piccola cappella di campagna semi diroccata o poco più; del fiume ho riflessi di memoria, quello che ricordo è che, tutto sommato l’area in generale era veramente deprimente,e deprimenti i ricordini di scampagnate locali tipo, cartine, fazzoletti, merde, sacchetti della mondezza, scatolette aperte, vespe in agguato, ancora altre merde .

Non c’era neanche tanta ombra, mi sembra, ma allora che cacchio racconto? Il fatto fu che al lato di questo sito, c’era un montarozzo di rocce, sarde, appunto, di granito rosa scavate dal vento e piuttosto bellocce. Mi inerpicai (inerpicai fa tanto poeta..) per un po’ e arrivai su una roccia a strapiombo alta quattro metri circa che affacciava nel vuoto. Mi ci misi in piedi a gambe e braccia larghe. Il forte vento tiepido, carico degli aromi della macchia sarda, gli effluvi profumati ( e perché… “effluvi” ndo’ me lo metti?) esaltati anche dal fatto che all’inizio del meriggio ( meriggio è nsacco fico!) col gran caldo, sono maggiormente intensi. Così io stavo lì in posizione mistica decisamente sbilanciato in avanti, nel vuoto, il forte e caldo vento di maestrale mi sosteneva (in effetti già allora ci voleva una bora). In realtà mi rendo conto che mi teneva in vita. Mi accarezzava, mi investiva, mi possedeva come un negro guerriero mandingo ( dai Pen dell’Aia si fa pe scherzà) forse esagero . Fu una delle volte in cui fui maggiormente felice in vita mia (e non per via del negro mandingo…hahahah). Tenuto da quel vento sardo, caldo … te). Ero contentissimo di aver avuto il privilegio di andare all’ ymca, di avere quegli amici, di essere benvoluto, e di essere considerato “in gamba “ da tante persone che stimavo alle quali volevo un bene dell’anima…. Di avere la possibilità di fare gite notturne con possibile pomiciata ( peraltro mai avvenuta o quasi) ... ( la pomiciata, non la gita), di avere la responsabilità di ragazzi più giovani di me , di assurgere alla posizione di “Capo”, di sentire di poter trasmettere le mie esperienze di poter lasciare la traccia.

Eravamo volontari, DESIDERAVAMO andare all’ymca, fare ciò che facevamo e il nostro prestigio veniva dal poterle fare ed essere un riferimento per gli altri; poi verranno anche i tramonti in Sardegna, le passeggiate mano nella mano, la fiducia degli altri in te, la nostra vita che prendeva forma mentre marcavamo il territorio della nostra esistenza ( mica male questa), gli scherzi le canzoni… l’armi e gli amori… quelli veri e quelli supposti… e quelli sperati, soprattutto le speranze per il futuro. Ed è esattamente questa la differenza tra oggi ed allora: la speranza di un futuro che sarebbe andato proprio come noi desideravamo... o no? L’amicizia per me e per molti altri , ma non per tutti, era una sorta di concetto cavalleresco , da tavola rotonda, una mitica ( e perciò , bada bene, non reale) visione da “fratelli della costa” che niente avrebbe incrinato o distrutto ……: Una delle cose , forse l’unica cosa che non rifarei, è una cosa che non so nemmeno definire, anzi si , è stata una tale cazzata da parte mia, che solo a ricordarla mi si accappona la pelle: eravamo in uno dei mitici viaggi in nave verso Olbia ( e fino qui…) ad un certo punto scherzando giovialmente con Betta Balmieri, la prendo in braccio (ahia…), solo che sempre “giovialmente” mi affaccio, anzi la affaccio, al di là della balaustra della nave …… quale santo ci ha protetti? un congresso internazionale di santi protettori… porca miseria ancora non ci credo, e mi si torcono le budella a parlarne (devo confessare che, non pago, l’ho rifatto, mesi dopo, sempre con la stessa ragazza da ponte Garibaldi a Roma, poi non l’ho mai rifatto con alcuna persona …giuro… per fortuna).

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