COMUNQUE IL RICCETTO E' MASSIMO PASANISI DETTO "ORESTE"
LA MEGLIO GIOVENTU' ... IN MENSA
DUCCIO SASA' ORESTE E SUSANNA BILLINGSLEY
PAOLA MAFFIOLETTI
UN PUNTO DI PARTENZA PER CHI DESIDERA CONDIVIDERE I RICORDI DI UNA ADOLESCENZA TRASCORSA NEI CAMPEGGI ESTIVI DELL'ASSOCIAZIONE YMCA DEGLI ANNI PASSATI E IN QUELLI DI OGGI.. ed altro...
LA MEGLIO GIOVENTU' ... IN MENSA
DUCCIO SASA' ORESTE E SUSANNA BILLINGSLEY
PAOLA MAFFIOLETTI
Young Men’s Christian Association.
Associazione cristiana dei giovani,di origine protestante,molto W.A.S.P.
Quella della canzone dei Village People nonché quella citata per i suoi ostelli da Jack Kerouac nel suo libro più famoso “Sulla strada”. Il suo simbolo è un triangolo rosso i cui vertici rappresentano corpo,mente e spirito. Portata in Italia nell’immediato dopoguerra dagli americani e da un gruppo di pastori protestanti .
Come poteva mai diffondersi in Italia con questi presupposti?
Eppure l’YMCA italiana è stata per diverse generazioni di giovani una scatola magica dove poter trovare tutto l’immaginabile ed il suo opposto in una perfetta convivenza, creando uno stile di vita e di personalità difficilmente definibili e ripetibili.
Parlerò degli anni in cui ero giovane, gli anni 70 ed 80, e cercherò di essere un testimone di ciò che accadeva dentro e fuori dell’YMCA,e di ciò che accadde a me...
Negli anni Settanta qualunque giudizio su persone, azioni e cose era visto attraverso le lenti colorate della politica: rosso, nero, tutte le sfumature intermedie, democristiano (come i nostri genitori). Tutto era politica o poteva diventarlo, i minimi dettagli della vita privata venivano catalogati come di destra o di sinistra.
Il Sessantotto era appena arrivato dall’estero in un’Italia ancora provinciale che ne aveva sposato soprattutto le mode ed il “look”, ma le differenze sociali restavano nette, anzi sembravano accentuarsi. Ultracattolici ed atei materialisti, lavoratori e padroni, laureati (dott. e prof.) e non (solo sig.), vecchi “matusa” e giovani, settentrionali e meridionali, quartieri “bene” e zone malfamate.
All’YMCA, che non era certo un eremo o un’isola, queste differenze erano puntualmente riprodotte e puntualmente venivano annullate. Fascisti e comunisti, entrambi con capelli lunghi e, laddove l’età lo consentiva, barba incolta, vestivano “hippy”con roba usata comprata ai mercatini, cantavano insieme “We shall over come” e “Blowing in the wind”, ed insieme si commuovevano l’ultima sera del fuoco al campo con il canto dell’addio sulle note del “Valzer delle candele”. Operai ed artigiani insegnavano a professori universitari un po’imbranati le più elementari attività manuali, ed in cambio venivano eruditi sul gioco degli scacchi o sulla letteratura e sull’arte. Fichetti abituati ad avere servitù a casa propria venivano destinati a fare gli sguatteri per mense da 100 pasti tre volte al giorno. C’era uno scambio continuo e divertito di gerghi e vocaboli, usi e costumi, vestiti ed accessori tra nord e sud, tra ricchi e poveri. La regola economica che teneva in piedi tutta l’organizzazione era semplicissima: se vuoi fare attività sportive o ricreative o i mitici campeggi pagherai meno che altrove perché istruttori e” leader” sono volontari, quasi sempre ex-ragazzini cresciuti all’YMCA; se proprio non hai un soldo, qualche sistema troveremo per farti partecipare. Insomma si chiudeva il cerchio di un microcosmo multietnico (c’erano ovviamente anche stranieri o attività all’estero), senza pregiudizi razziali, sociali o religiosi.
Paradossalmente questo sistema così efficiente comincia a scricchiolare proprio negli Anni Ottanta, che si rivelano subito più disimpegnati, più frivoli, tutti griffes e videoclip. Niente più politica, niente più Russi contro Americani, tutti un po’ socialisti rampanti, pensiamo a divertirci ed a fare soldi e successo. Macchè volontariato, andiamo a fare gli animatori e le vacanze nei Villaggi Valtur, magari sfondiamo anche nel mondo dello spettacolo…E così il mondo spartano dell’YMCA entra in crisi, non solo economica, ma anche di valori: tutti i rituali tribali della comunità YMCA non resistono all’assalto di nuove leve, di figli di papà che hanno tutto e non credono in niente (anche di “laico”), quindi smontano e ridicolizzano tutto.
Finiva l’era dell’Associazione (non solo la nostra) in cui ciascuno era un “personaggio “ inimitabile, ed iniziava l’era dell’Individuo gasato ed autosufficiente, ma in realtà un depresso in fotocopia, un’era che purtroppo dura tuttora.
Peccato. Resta però il privilegio di esserci stati e di avere vissuto quel periodo “eroico” con altri indimenticabili compagni di viaggio, ed è di questo viaggio che da ora in poi voglio parlare, e mi si perdonerà se a tratti il contenuto sembrerà fiabesco o leggendario: la memoria e la nostalgia vanno assecondate.
( Continua… )
il dreamtime è per gli aborigeni australiani, l'era del sogno, un'epoca, assolutamente e irrimediabilmente remota durante la quale è avvenuta la creazione dell'universo.
L'universo aborigeno primigenio, che non prevedeva la presenza dell'uomo, che sopraggiunge in un secondo momento, in quanto viene...sognato.
In questa realtà si esiste se si viene sognati. E ricordati.
Oggi per quanto attiene al dreamtime aborigeno ne abbiamo conoscenza e ne conserviamo memoria grazie ai dipinti fatti da artisti, circa gli dei di laggiù che sottoforma di ornitorinchi, coccodrilli , canguri e quant'altro, ornano i pantheon locali.
Analogamente come già "anticipato" e, per certi versi detto meglio da Bruce Chatwin, i sentieri, intesi proprio come strade, degli aborigeni non trovano... tracciatura, cioè non venivano disegnati, ma cantati.
Per percorrere una strada bisognava cantarla.
Mi sembra bellissimo.
Un po' come l'Ymcatime no?
dove l'appartenenza si ha tramite la memoria
Alcuni degli amici (un paio per fortuna), mi hanno confidato le loro perplessità circa l’opportunità di partecipare all’adunanza del 6 ottobre.
Non hanno preso, per fortuna, ancora una decisione definitiva, e questo mi da un po’ di sollievo, ma sicuramente e onestamente mi fa anche stare col fiato tirato.
Purtroppo decenni di inutile democrazia, per quanto largamente imperfetta, mi obbligano, obtorto collo (mi vale come citazione colta), a rispettare la loro volontà circa un eventuale diniego a partecipare con noi alla “pizzata”.
Ciò che hanno addotto come resistenza interiore (so che non si tratta di una “scusa” tout court), riguarda l’eventualità di “inquinare i ricordi”, il ”preferisco ricordarli così” piuttosto che, rincontrare forzosamente persone che non si vedono da venti o più anni. Persone che de facto si sente di non conoscere più o forse di averle mai conosciute realmente e, in molti casi, in realtà è proprio così, desiderando invece conservare il loro ricordo addolcito dal tempo. Non il ricordo di quella persona lì in particolare, ma quello di un’aria spensierata dei bei tempi che fuor… che forse spiacerebbe rivedere con gli occhi, sicuramente disincantati di adulto (adulto spesso incazzato, disilluso o affannato nella vita, taluno puo’ anche aver abiurato tutti i principi che gli ha ispirato l’adolescenza).
Insomma forse il film “compagni di scuola” ha fatto piu’ danni di quanto si voglia ammettere.
Quello che secondo me probabilmente verrebbe a cadere, non è tanto il ricordo, ma il nostro approccio col ricordo, il rendersi finalmente conto che forse con quella persona, non abbiamo mai avuto niente in comune né ora né allora, ma non è neanche questo forse: abbiamo i ricordi dei bei tempi… ma siamo sicuri che siano stati così belli come li ricordiamo (o dovrei dire come ce li scordiamo)? Io ad esempio ero un ragazzo triste, con una pesante situazione famigliare alle spalle (ma pure di lato…) ed ero un cazzeggiatore “di ritorno” (una sorta di “backdraft” …), ho bei ricordi di quel periodo perché espando al massimo i piccoli ricordi positivi, ma non posso dire che per me fosse un’epoca “felice”.
Eppoi le persone che incontreremo sono delle persone (adulti oramai) che stanno nelle nostre stesse condizioni, timorose di essersi sbagliate a venire alla pizza, però allo stesso tempo desiderose di reinstaurare, seppure per un paio di ore, un canale diretto col proprio approccio di memoria, amici, ex amici, quasi amici, sconosciuti. Possiamo permetterci il lusso di mettere in discussione la nostra memoria?
Possiamo finalmente tornare nella casa della nostra infanzia e vederla, non voglio dire con gli occhi della realtà perché anche quella realtà lì era reale e piena di dignità, ma con gli occhi di oggi, diversi, con metro di giudizio e di percezione diversi da allora ed essere in grado di sopportare la schizofrenica sovrapposizione delle immagini nella nostra mente ora / allora?
Forse ce la facciamo
…eppoi mi dispiacerebbe proprio dover eliminare fisicamente questo manipolo di pochi e mendaci senzadio...
comunque e, naturalmente, sentitevi liberi di fare come vi pare....:))