COME ERAVAMO

COME ERAVAMO
DOVE ERAVAMO

lunedì 18 ottobre 2010

CI SONO ANCHE IO CHE.......

Beh, io non so come sono entrata nel sito YMCA Memories, cosa stavo cercando e perché ma appena è apparsa la foto della mitica zona d'ombra sono rimasta senza fiato. Quante "ammucchiate" là sotto. Tutti incastrati, ognuno steso sulla pancia di un altro!  La mia storia. Sono stata "portata" all'YMCA da due sorelle italo-americane di Boston che passavano tutta l'estate a Roma meno il IV turno che all'epoca iniziava il 18 agosto.  Così nel lontano 1971 il IV turno divenne anche mio e mi appartenne per almeno altri quattro/cinque anni.  Iniziai - con grosso scorno - come juniores. Mi sentivo grande e volevo stare con i grandi (si sa le ragazze snobbano i coetanei) ma juniores fu. Ricordo Monaco, i suoi baffi spioventi e la sua Simca rossa targata RC.
All'epoca c'erano solo le tende, i primi bungalows furono costruiti successivamente.  Dopo venne l'esperienza seniores e sono stata anche leader assieme a Lucia. Data la nostra tenera età eravamo nella stessa tenda a capitanare (si fa per dire) altre sei ragazze più piccole di noi di solo un anno! Ho letto le testimonianze degli altri e sono tornati vivi tutti i ricordi delle giornate scandite dai vari alza/ammaina bandiera, vendite allo spaccio, le merende con la nutella, le canzoni a fine pasto, la rotazione dei posti al tavolo, il turno delle pulizie. C'era una cosa che mi procurava ansia: la distribuzione della posta. Se qualcuno riceveva più di tre lettere tutte assieme c'era una specie di presa per i fondelli da parte di tutta la mensa. Provavo una vergogna incredibile e pregavo sempre di essere dimenticata da parenti ed amici. 
Sono stati gli unici anni della mia vita in cui sono stata chiamata Serenella per via della compresenza di un'altra Serena. Nel primo anno tale Serena fu molto invidiata perché lei e le sue sorelle rimasero per tutti e quattro i turni! Beeaaate!  I miei ricordi sono legati più alle persone che alle varie località come Budoni, villaggio dei tedeschi, porto Istana.
Ho frequentato molto l'YMCA anche durante l'inverno e quindi alcuni personaggi probabilmente non appartengono ai IV turni estivi ma ai ponti del 2 novembre, di capodanno e pasqua! Ogni volta che c'era qualche giorno libero si partiva per Nola (abbiamo schedato tutta la biblioteca del convento dei frati), Spoleto, Gubbio, Amelia.  Nei pomeriggi invernali arrivavo a piazza Indipendenza con la mia vespetta bianca: era un vero tormento perché quando era fredda non partiva mai. Per accenderla mi buttavo sulla rampa del garage adiacente all'YMCA e ingranavo la seconda. Spesso risalivo la rampa (finalmente con il motore acceso) inseguita dal proprietario dell'autorimessa che si incavolava a morte.  I leader dei campeggi estivi erano per me degli adulti e non attiravano molto la mia attenzione.
Ricordo però un serissimo Gianni Palloni (cripterò anch'io i nomi), un altro serissimo Stefano, Walter di Zio che erano assistenti al programma (?) assieme a Marco Tagliata il quale era quello che provocava svenimenti di massa nel pubblico femminile. C'era anche l'inquietante :-) presenza di un certo Endrigo con i capelli rossi che ci provava indistintamente con tutte ma guai a rifiutarlo perché allora la sua vendetta era quella di bollarti con l'infamante "sei una suora", offesa decisamente oltraggiosa per quei tempi che erano gli anni dell'AIED e di via del Governo Vecchio.  
Ricordo molto bene le ragazze (ma perse completamente di vista) come Elisa Mereghelli, Serena, Marina, Silvia Masari, Laura Marchi. Tra i maschietti, Roberto e Renato che erano i fratelli di Stefano; un terzetto molto unito formato da Riccardo che nonostante (o forse per questo?) fosse di lotta continua era molto molto snob, Guido e Raoul di cui invece ho un tenero ricordo. Ricordo con molto affetto anche Stefano (Paperoga) figlio di quello psicanalista che un giorno sarebbe divenuto mio professore all'università. E poi come dimenticare Volpe che aveva una collezione di ellepi mostruosa perché qualcuno in famiglia lavorava in una casa discografica: era informatissimo sulla composizione di tutti i gruppi del momento (probabilmente a volte barava pure) e sapeva i nomi di ogni singolo musicista. Però anch'io facevo la mia porca figura perché amavo la musica (purtroppo da questo punto di vista non sono molto cresciuta e ancora ascolto musica più adatta a trentenni che alla mia età). Ricordo Mauro Biafra che suonava molto bene il pianoforte ed io con altre quattro sgallettate lo accompagnavamo improvvisando qualche coretto woodstockiano. E poi Furio, Massimo ma non rammento più i cognomi. 
Un'estate mettemmo su uno spettacolino che aveva come soggetto le condizioni nelle carceri. Io interpretai, se non sbaglio, l'avvocato difensore di qualcuno. "Recitai" quella parte fondamentale di pochi secondi solo in Sardegna poi lasciai a qualcun'altro il compito. Lo spettacolo fu portato in "turné" anche a Roma ma non ricordo assolutamente chi vi recitasse. Anzi, qualcuno mi rinfreschi la memoria.  Ci fu un anno che rimasi al lido del sole oltre il IV turno. Non so a fare cosa. Forse una programmazione invernale. Erano stati già costruiti i bungalows cadetti ed infatti dormimmo lì. Ricordo che la mattina non ci alzavamo mai e Monaco con la sua Simca appoggiava il tubo di scappamento all'ingresso e sgasava mandando tutto il fumo dentro. Che infame. Dopo pochi secondi eravamo già tutti fuori tossendo come pazzi.   Devo essere proprio vecchia perché provo molta nostalgia.
Per la cronaca ora ho una figlia di 20 anni all'università e uno di 12 alle medie.  Odio facebook per cui per favore inviatemi foto di quegli anni e notizie al mio indirizzo di posta elettronica. Ciao Serena zighe zaghe

martedì 23 marzo 2010

venerdì 19 marzo 2010

ANCORA

ogni 15 giorni c'era il cambio del turno.

Chi finiva il turno andava via tornava a casa.
Le diverse ore della giornata del cambio turno erano territorio di caccia dei pianti, degli abbracci della disperazione più nera. Immaginatevi una partenza strappalacrime di quelle che manco a Napoli nell’800 all’imbarco coll’America...
150 adolescenti che tra un pianto e un abbraccio si giuravano amore eterno, eterna amicizia, si scambiavano magliette, vestiti, indirizzi e numeri di telefono manco partissimo per Marte e la cosa andava avanti per delle ore, fino a che non arrivava il pullman e il turno veniva strappato a forza ( come carne viva) e messo sul vagone della deportazione. La partenza avveniva verso “le cinco de la tarda”, dopo la siesta e dopo el merendero olè! quel giorno si portavano i tavoli e le panche sulla spiaggia e si mangiava cosi' tutti insieme in un'unica tavolata infinita ...

Ma qualcuno rimaneva.
Erano quella decina di campeggisti, talvolta di più, altre volte di meno che facevano due o più turni, erano dei privilegiati in molti sensi, sia perché potevano permetterselo, e sia perché all’arrivo del nuovo turno il giorno dopo, erano considerati dei sopravvissuti degni di onore, gran fighi, quasi dei reduci del viet-nam e molto snob, eppoi se la tiravano da matti con quelli che sarebbero arrivati con la nave l’indomani mattina….
Col senno del poi talvolta questi “unti dal signore” erano dei semi sfigati, ma noi non lo capivamo, perché figli di separati o di genitori che se li sbolognavano dai piedi per un mese, questa non è una cosa peregrina come potrebbe sembrare, anzi, ( durante un turno infatti mi ricordo che in tenda ero l’unico figlio di NON separati… ).
Le ore che intercorrevano tra un addio e un ben arrivato erano “terra di nessuno” ed eccetto la raccolta di legna per un enorme fuoco sulla spiaggia che fosse ben visibile dalla nave che andava a Civitavecchia, una blanda pulizia del campo, tanto per non farsi parlare dietro da quelli che sarebbero arrivati stravolti , la mattina dopo alle sette, non c’era molto da fare, e … la notte… si poteva dormire tutti insieme…
Al passaggio della nave davanti al campo, con l’aiuto dei megafoni si urlavano gli zighe zaghe fino all’ esaurimento della voce che costituivano il nostro urlo fondamentale di battaglia
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!! Ciaa!! Ciaa!! BUMM!!!

Questo fino allo spasimo.
E naturalmente dalla nave provenivano le urla. Si vedevano le lacrime….
Nel mentre, quelli sulla nave, vedevano in lontananza il falo' delle vanità e rispondevano... urlavano si sgolavano gridavano con maggiore forza lo stesso canto da invasati… vi potete immaginare 120 scalmanati in preda al delirio che si sporgono dal parapetto della nave (lato di tribordo) e urlano …
Solo che non erano soli in nave… e venivano visti additati commiserati ammirati e scansati dagli altri passeggeri divertiti e preoccupati, anche perché al ritorno dall’YMCA i nostri eroi buttavano un po’ su trasandatello e talvolta non eravamo un bello spettacolosa vedere, sicuramente molto pittoreschi
Dal campo si sentivano bene le urla dei deportati sulla nave, di questo ce ne siamo sempre fatti un punto d’onore, perchè non riuscire a farsi sentire a poche miglia di distanza era causa di vergogna.
poi chi partiva si sarebbe vendicato di li’ a poco cosi': avrebbe scritto tre cartoline a chi rimaneva per farlo cantare in mensa ........(ci divertivamo con poco).

Ad una fine turno dell’anno del signore 1982 credo, stavamo rientrando a Roma ed eravamo gia’ tutti in nave, Ore 23 circa.
Diversi passeggeri si avvicinavano ai nostri posti chiedendo insistentemente di potersi sedere.
Siccome mi vantavo di essere uno dei capetti, presi in mano le redini della situazione facendo vedere, a quegli stolti che osavano disturbarci, che i nostri biglietti vantavano più dei loro, diritto su quelle sedie medesime .
La cosa coi minuti che passavano si faceva sempre più fastidiosa perché coll’approssimarsi dell’orario di partenza, nel caos quasi totale, sempre più persone chiedevano conto dei posti e io con sempre maggior impeto li respingevo, con la spada dell’oratoria, le orde di orchi-postulanti, manco fossi stato Aragorn che difendeva le porte della città di Minas Tirit o di come cappero si chiama.

Nel frattempo dovevamo tentare di tenere i campeggisti seduti al loro posto perche’ cominciava il popolare rito del “ chi va a Roma perde la poltrona” e tutti sappiamo quanto era difficile tenere i pargoletti su quelle scomodissime poltrone perpendicolari alla realtà.
Per adire le vie legali più rapidamente ho il mio solito lampo di genio : coinvolgere il Commissario di bordo (che ci conosceva in virtù della continua e copiosa frequentazione sulle navi della Tirrenia dai nomi evocativi: Poeta, città di Sassari…Carducci).
mi reco, tosto, dal Commissario, fermo e sicuro, con i quaderni di doglianza a fargli le mie sacrosante lagnanze. Lui vista la situazione e visti i biglietti di tutti comincia a sudare. Passano i minuti, altra gente, altri alterchi altro sudore, nel mentre, la nave parte.
Dopo dieci minuti lo vedo, trionfante e ghignante, venire verso di me, stranamente non sudava più.
Mi mostrò semplicemente che c’era un errore di prenotazione nei nostri biglietti e che avevamo noi la data sbagliata sul biglietto
E cosi’…Ora sudavo io.
Il commissario , pace all’anima sua, ci fece sloggiare, dai posti a sedere, ci fece accomodare su un improvvisato “passaggio ponte”. La nave quella sera risultò, cosi’ leggermente sovraffollata e io…. avrei avuto qualcosa da scrivere venti e più anni dopo.





Ora dopo tanti anni e dopo tanto scrivere, mi sento finalmente in pace con me medesimo, almeno per quanto riguarda la mia adolescenza all’YMCA ( e chissa’forse solo con quella), ho tirato fuori diciamo tutto ciò’ che aveva un significato raccontare, ovvero tutto ciò che mi è passato per la testa senza troppe censure e chissà magari sforzandomi potrei ancora tirar fuori un pochino di ricordi… ma non credo che interesserebbero ancora qualcuno... chissà... sono fiducioso.

Una cosa però è ancora molto viva: ogni volta che in qualche parte del mondo accendo uno zampirone io ritorno violentemente in un istante dentro il boongalow, l’odore della spiraletta mi ributta dentro tra i letti a castello e mi vedo e sento le voci e qualche volta mi commuovo

lunedì 8 marzo 2010

QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI

Un pomeriggio di un giorno da cani si svolgeva una partita a calcetto sul pavimento in cemento della vecchia mensa.
C’era il vento caldo, anzi, era piuttosto una brezza dal mare, l’agonismo lasciava spazio all’agonia e qualcuno dei giocatori ricorreva ai trucchetti da quartierino che hanno fatto grande questa nazione, ovvero gioco pesante e “scianghetta tecnica”.
Quel qualcuno era un negretto bello grosso di nome Amaral che Mario Lampi aveva già da tempo ribattezzato in Amoral per sue caratteristiche intrinseche tendenti al non lecito (ma come recitava De André “ anche se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”).
Purtroppo per l’eritreo, lo scianghettato di turno era un bizzoso Timino,che quel giorno per una visione moralistica della vita si dimostrava incazzosetto anzi che no, chissa’…forse per le mestruazioni .
Fatto sta che dopo l’ennesimo fallaccio il Timino, visto che le guance da porgere erano nel frattempo finite, ebbe a risentirsene un poco, ed evidenziò all’eritreo impenitente quali potessero essere nella vita i vantaggi di un atteggiamento maggiormente formale,e improntato ad una migliore amabilita’ di relazioni sociali
Chiese cosi’ spiegazioni di tale comportamento al “negletto” a dir poco inveterato, spiegandogli, altresì, quanto in una società urbana fosse cardine imprescindibile la correttezza e la saggezza anche nella contrapposizione ginnico sportiva ancorché permeata da una certa qual gagliardia fisico-agonistica .
Insomma il nostro Grande Fratello lo apostrofò con un: “ brutto ….”bip” Me hai rotto er ..."bip" !!! Mo te rompo er... "bip" !!!”.
Silenzio immediato di tutto il campo. Carrello indietro, inquadratura in campo lungo con grandangolare.
Sembrava di stare sul set di un film di spaghetti - western di Leone ( Sergio, non Giovanni il quale invece fece solo macchiette al Quirinale).
La brezza era diventata di colpo, tesa al solo scopo di fuggire velocemente. Il sole, ai soli fini scenici e per contratto, faceva si capolino, ma fosse stato per lui si sarebbe eclissato del tutto.
Al romano dagli occhi di ghiaccio (Timino/Clint Eastwood) comparvero come per magia indosso: cappello impolverato, poncho impolverato, toscano in bocca (non impolverato). La macchina da presa con movimento a scatti veloci orizzontali gli roteava intorno.

Il negro invece, dal canto suo, vilmente tremava battendo gli occhi, le gambe gli facevano giacomo giacomo e pregava in negrese “ mamma mia guesda volda l’ho fadda grossa”
I due si fronteggiavano. Le dita, come lunghe zampe di ragno lentamente e letalmente raggiungevano le pistole, le mosche si erano posate e non respiravano per non infrangere l’attimo. Noi, altri esseri viventi, eravamo immoti con gocce di sudore che scendendo lungo i volti tradivano la tensione, i vegetali, invece, erano avvantaggiati da milioni d’anni di allenamento, le rocce e i manufatti attendevano con ansia.
Ma a questo punto, siore e siori la grandezza del Timino si manifestò in tutta la sua magnitudo (qualora ci fosse bisogno di conferma). Essa scese sulla terra e come Vento Divino ( in giapponese si dice kamikaze, ma non divaghiamo) ci permeò e profuse in noi, donandoci grandezza eterna e gioia all’avvenire, essa ci illuminò come il sole socialista dell’ultimo fotogramma del film “palombella rossa”), infatti, Timino si fermò e "Ci " chiese scusa per essersi lasciato andare a questo brutto spettacolo e per averci dato un brutto esempio da non seguire.
A questo punto esplose la musica di una festa paesana mexicana allegra e leggera cantata e suonata da MARIACHI come nel film “el Mariachi”
Che dire… grandezze dell’eterno… ancora mi bagno!

(PS) comunque il lato meno pacifista di me ci rimase malino per essersi persa quella che stava per profilarsi come la grande presa a sberle del secolo, un novello massacro di forte apache, un secondo appuntamento al “OK Korral”

(PPS) senza voler sminuire il meraviglioso gesto di alta professionalità e giudiziosa maturità senile…secondo me il Timino realizzò in un attimo che il ragazzo ancorché bischero e meritorio di raddrizzata era ancora aimè minorenne…


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Formidabili quegli anni in cui credevo che la mia vita e quella dei miei “Amici dell’Alleanza” sarebbe rimasta per sempre imperniata (quasi fosse imprigionata per eterna magia nel cristallo di rocca), sui fatti della vita “al campo”.

Sicuramente una rocambolesca e mitica visione delle cose e della amicizia da “cavaliere della tavola rotonda”, dove i patti di amicizia, l’armi e gli amori, venivano cantati innanzi ai fuochi nelle lunghe notti invernali, quando scende la bianca neve che tutto a se, simile rende. Oppure, innanzi ai magnificenti fochi delle notti calde nella stagione calda, durante il tempo dell’Adunanza quando, il cielo stellato sopra di noi la sabbia per tappeto e la legge morale dentro di noi, vedevamo e sapevamo le cose dolci.

Con la stessa consapevolezza del bambino, il quale nel ventre materno, desidera che la propria onnipotenza si mischi al desiderio di una stasi perpetua, in una condizione dove nulla possa cambiare e perturbare la quiete degli anni d’oro.

Fu così che, invece, aggiungemmo una ulteriore velo verginale, che avremmo perso negli anni a venire, con maggior dolore e rimpianto perché così facendo perdevamo le illusioni… insomma saremmo cresciuti (ma manco tutti e manco tanto) saremmo stati scacciati dal giardino dell’EDEN (che non è solo un cinema di periferia).

Per certi versi a noi il Signore degli Anelli ci faceva na sega… il problema è che per molti altri, la sega gliela facevamo noi .

La verginità la persi a più riprese quando cominciai a soffrire nel vedere amici e amiche che si allontanavano senza una ragione o spiegazione, ma solamente perché la vita continuava e io non me ne rendevo conto, credevo di essere saldamente legato all’ancora, senza accorgermi che la catena era filata via e la barca, con una leggerissima corrente, si allontanava impercettibilmente ma inesorabilmente dall’adolescenza.

Come per esempio C. B che di colpo dopo anni di calorosa amicizia , dopo aver calpestato la terra dei suoi avi, quasi avesse risalito il fiume yukon come fanno i salmoni, due anni più tardi , incontrandomi, mi “dava cordialmente la mano” ….

mercoledì 3 marzo 2010

PEZZI SPARSI

Voglio ricordare una gita durante la quale non venni del tutto compreso…

Antefatto: provate a leggerlo come lo racconterebbe Giovanni Minoli.

Anno 1979 , villaggio seniores in gita a budelli; leaders: io, Alberto Brusco, Carla Trillingsley che, mi sembra allora stesse con un campeggista che assomigliava a Dario Fo, tale Andrea Cogenti…..! SCUSATE !!! last but least assistente al programma era Ciommei (o come cappero si scrive), controfigura paranoide di carlo verdone!! candidato ideale dei programmi della serie “meteore” e “chi l’ha visto.
Campeggisti chiave: Andrea bagonghi e il sue prode scudiero Luca Drentin o viceversa, Silvia Aiomonini, secca e spigolosa, acuta e, allora scostante…oggi non si scosta piu’…., nel complesso una gran bella fighetta, un ghiaccio bollente che, come disse Marco Cionfreda … “non si riscalda neanche col riscaldamento a Caz” . Gli altri?? : solo comparse!!
La Gita fu miticaaaaa!!!!!!!!
Il fatto:
Pineta di budelli: un sogno !! altro che l’isola dei famosi era la spiaggia dei famelici e degli assetati .
Ma, al secondo giorno manca l’acqua!!
La temperatura sale……..Il popolo bolle e reclama.
Comincia la caccia al sacro liquido vitale, che si risolverà brutalmente in una catena di espropri proletari ai danni delle borracce altrui, tutti contro tutti, in una corsa alla solidarietà che per fortuna non ha avuto seguito nella storia.. praticamente un “non sequitur” caso raro quanto otto gemelli, dove, fratello contro fratello, bocca contro bocca, fauce riarsa contro fauce riarsa, si è lottato corpo a corpo tutti contro tutti.

Io dal canto mio la so gia’ lunga, infatti appendo la mia borraccia piena d’acqua, ad un albero ad altezza uomo dove nessuno la toccherà pensando che sarebbe impossibile…. Che una borraccia piena lì… a portata di tutti .. invece… e che cazzo!! bastava toccarla…! Uno a zero!! Palla al centro,
si ricomincia ma il popolo reclama nell’ordine: il mio sangue, la mia acqua!! Nel mentre le mie quotazioni pur nel complesso stazionarie, subiscono una leggera flessione.
Bevo alla faccia di tutti la sacra linfa peraltro ancora fresca.. il mio fair play ne risente, le mie quotazioni anche, Al fixing delle ore 13.00 accuserò un ribasso del 15% !! la notte Dormiro’ sotto scorta.
Tanto per sdrammatizzare e per vedere se il villaggio apprezza l’ironia e capisce l’allegoria (e anche perché anche loro cominciavano a starmi un po’ sulle palle con i loro lamenti di bambini della sinistra rivoluzionaria e viziata), comincio i sacri riti del “potere porcaio” chi mi conosce sa, gli altri non chiedano, ormai è reato prescritto.
Prepariamo il pranzo ai bimbi, prima però i famosi panini gommosi del giorno prima, a due scafi, una sorta di binocolo,compiono un rapido passaggio a volo radente tra le mie ascelle ed altri pelosi posti…giusto per togliere quel persistente retrogusto residuo di pane...
Nonostante tanta palese buona volontà da parte mia, non ci sono gesti plateali di apprezzamento da parte dei campeggisti, infatti il mio personalissimo dow jones sarà negativo per tutta la seduta.
Provo a canticchiare “core ‘ngrato” mentre(aprite le orecchie) dietro invito a pranzo dell’autista del pullman che si sentiva solo e che conoscevo già da altre gite ( faccia butterata capelli lisci alla de andrè ricordate?), mi vado a scofanare un pranzo, “a gratise”, a base di pesce in un ristorantino “in gopp’o mare” i cui spaghetti allo scoglio segnano una pietra miliare nella mia vita eno-gastronomica.
Stranamente Il mio rientro in pineta non viene fatto oggetto di lancio di petali di rose, (valli a capì), eppure avevo fatto a loro beneficio un lascito del mio tonno in scatoletta… ! il popolo sovversivo mugugnava !! Era il venerdì nero delle mie azioni …
Ma
L’apoteosi, il tocco da maestro che talvolta mi riconosco fu raggiunto sulla via di ritorno a Damasco che vi descrivo come una scena di film……..:
Pullman pieno, tutti i campeggisti sbracati sui sedili, abbracciati, stanchi, assetati affamati, senza doccia da due giorni (ma di per sé sarebbe ininfluente), rossi di sole: storditi…. Il pullman avanza in direzione di un meraviglioso tramonto da sogno come solo in sardegna accade. Lo stereo diffonde dolcemente “Harvest” di Neil Young i giovani e provati figli dei fiori, languono e godono. La cinepresa indugia sui volti beati ma, carrello indietro, mi si può notare mentre, furtivo, guadagno la postazione del compiacente autista e, zoom in avanti, mentre gli faccio mettere, a palla, la cassetta della “febbre del sabato sera” (allora non tanto ben vista)…compiendo cosi’ irreparabile Sacrilegio!!! Non pago, ballo pure … Orrore !!!!
L’incantesimo così difficilmente raggiunto si rompe e stride e come un gesso nuovo gratta sulla lavagna dei loro cuori!!!
Motore… si gira … azione ciak!!
Si scatena un pandemonio e naturalmente, non verrò apprezzato neanche in questo frangente da quei ragazzi ingrati... Brusco si piscia sotto dal ridere, Bagonghi latra, il suo scudiero, interrotta la “limonata” che gli va di traverso, si adombra. Mi si dirà in seguito che sono stato “molto estroso” ma il tono stranamente non collimerà con l’aggettivo.
Si rientra mesti e misti .

Epilogo :
dopo tanta abnegazione e sprezzo del pericolo con salto col cuore in mano, oltre l’ostacolo, ancorché mortalmente ferito, io mi sia adoperato e sacrificato per il bene comune, verrò anche tradito da qualche gola profonda e sarò tenuemente rimbrottato da Cionmei (o come cappero si scrive), per essermi allontanato un minutino, ed essermi andato a fare uno spaghettino allo scoglio con l’autista: …
“ core ‘ngrato”



La vita prosegui’…proseguì fino a quando qualcuno fece sì che nessuno potesse più divertirsi.
Gli Unni calarono da un semplice ufficio economato di un, per noi, improbabile partner commerciale, , Il il Comune di Genova…con quelle facce un’ po’ così, con l’espressione un’ po’ così che hanno loro che hanno visto Genova …..
L’associazione per sopravvivere ad una gestione, diciamo sempre piu’difficile (allegra pare che fosse la gestione dell'albergo invece), dovette dare in pasto a pagamento parte dei turni a dei Comuni paganti.
Cominciammo a sentire parlare per la prima volta di discorsi di orario di lavoro “ lo straordinario” gli operatori del Comune di Genova, che in generale agivano con una certa spocchia ad esempio , si segnavano lo straordinario quando facevamo le attività serali, perchè (ora li capisco), per loro era solo lavoro, ma per dirla tutta non è che si sforzassero molto neanche durante il giorno. ci tenevano a farci capire che quella per loro era una sorta di vacanza premio....che provocò nei nostri giovani cuori una battuta di arresto dell’armonico sviluppo psicomotorio del fanciullo che era in noi, una sorta di “interruptus” che, ormai non mi rode piu’…...

Ci trovammo a sbattere contro il muro di gomma della “pedagogia di comodo”, del falso perbenismo, dell’incomprensione reciproca… chiaramente le colpe erano tutte loro ( sennò se deve pure essere una memoria obiettiva che gusto ci sarebbe?).

Portammo, fallosamente, dentro il nostro Sancta Sanctorum un cavallo di Troia, che più che di un cavallo si trattava di un somaro ronzinante di Troia, che nulla avevano e/o avrebbero mai potuto avere a che fare con la nostra Città della Gioia, e cosi’ la “terra di mezzo degli Hobbits”, divenne il putrido regno di Saruman.

Erano donnette a caso, che avevano la faccia tosta di dirci che la gita notturna all’isoletta (poteva esistere qualcosa di più angelico?) a loro avviso “NON ERA PEDAGOGICA” ( secondo me usavano questa parola perche’ gli serviva scarabeo…). Esempi zoologici di scarto dell’ acquario cittadino, che venne dove noi lavoravamo con amore, passione abnegazione e sprezzo del pericolo e sprazzo di ragionamento, per 24 ore al giorno, e loro candide candide candide , si segnavano gli straordinari mentre NOI facevamo le attività serali.

Poi… che vuoi… , il sange non è acqua,…. Certo, magari col senno del poi eccedemmo anche noi, giusto un pochettino, magari proprio muro contro muro no, ma un sospiro, un’idea, giusto un assaggio del conclamato spirito goliardico che gagliardamente ci contraddistinse nei secoli, …più che altro esuberanza post adolescenziale, questa si gliela rifilammo .
Insomma per farla breve, come è , come non è, quelle del Comune di Genova le facemmo nere e se qualcuna di queste lo ha mai capito ancora si lecca le ferite.

Onestamente mi ersi a involontario portabandiera, agnello sacrificale, tant’è poi venni cacciato dall’Ymca, ma questa la racconto in seconda istanza)
Qualcuno, mi ha richiesto di chiarire meglio, di delucidare, di ampliare maggiormente, i ricordi ” …
Il fatto è che seppur munito di discreta memoria a volte tendo a rimuovere e a dimenticare e così non è che mi ricordi tanto bene…
Ricordo una Capo monitori molto stitica da un punto di vista relazionale, molto fiscale nei generali comportamenti di vita al campo… una scassacazzi in definitiva. Purtroppo capimmo in ritardo che aveva in mano un manico di coltello che pesò non poco per le decisioni a venire dei Capi tribali dell’ Ymca (i quali ancor meno di noi seppero dirigere i cambiamenti in atto o forse era la scusa che cercavano),
il Comune di Genova pagava in lire sonanti e questa iniezione di salute serviva all’ Ymca come l’acqua nel deserto, perché le adesioni ai campeggi calavano vistosamente. Fu così che qualche piccione che si era messo un po’ troppo in evidenza, venne usato a mò di capro espiatorio, tutti d’accordo tranne uno, indovinate chi?
Ricordo anche, però che oltre a queste cause esterne ci furono anche delle concause di tipo endemico. I tempi cambiavano e forse per i vecchi del campeggio, ma non ancora vecchi di età furono anni traumatici. Spiego meglio : mentre i più adulti avevano una vita privata in fase di più avanzata costruzione, magari convivevano, moglie, o qualcosa di questo tipo e , potevano, forse, staccarsi più velocemente da un’ Ymca che cambiava, perché di fatto avevano una vita che li compensava, noi ragazzi e ragazze,piu’ gioani ,che andavamo ancora a scuola vecchi del campeggio, ma senza una vita compensativa, rimanevamo agganciati all’associazione, però non eravamo in grado di dare inizio ad un nuovo corso ( parlo per me).
Anzi, non lo sapevamo neanche pensare, un nuovo corso, ma intanto vedevamo le nuove leve di campeggisti che disconoscevano le NOSTRE canzoni, e i nostri riti, ma anzi, andavano ( orrore ) in discoteca, ascoltavano i Duran-Duran ed erano ( per noi) difficilmente aggregabili. Per NOI, questi ragazzi erano dei perfetti marziani in terra… e noi per loro!!!
Esempio: noi potevamo passare un pomeriggio intero a giocare a palla capitano o palla prigioniera, ma non riuscivamo a coinvolgere soprattutto i nuovi seniores a giochi tanto sciocchini; stavamo perdendo l’innocenza.
Di lì a poco saremmo anche noi caduti dal giardino dell’Eden… allo spartitraffico della Colombo .
Eravamo diventati di colpo vecchi, ma non ancora saggi, solo obsoleti ymcosauri alla deriva…
Questo ed altri disastri culturali che ora non mi sovvengono (ma ci saranno stati), hanno fatto, sì che il declino dell’Associazione prendesse una discesa con pendenza maggiore, dalla quale non si sarebbe più ripresa.
Amen.
Dite la vostra…che devo fà tutto io… io m’alzo la mattina presto,verso le sette sette e mezza……!!!!

Nel 1982 LA CACCIATA
A seguito di alcune mie esuberanze giovanili, Venni Scacciato dall’Associazione a delinquere hahaha….
La cosa, mi fa ridere (oggi) immaginarla figurativamente come un celebre quadro di non ricordo chi, nel quale sono raffigurati Adamo ed Eva che vengono scacciati dal Paradiso Terrestre…ma qui credo valga la pena di allargare un pochino il campo visivo.
Era finito il fatale turno a partecipazione comunale con i mentecatti di Genova… con quella faccia un po’ così quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che…
venni convocato da Monaco in Direzione.
Arrivandovici approdai al cospetto di Monaco e di un certo altro signore di cui non ricordo il nome , uomo tormentato, del quale non ho mai pensato che fosse saccente hehe, gran cocomero sulla pancia, grand’uomo d’altri tempi ( per fortuna ), forse un po’ costipato, di cui non ho mai pensato piacesse tanto fare il cardinale Richelieu della situazione, io non credo che fosse gia' cretino sei mesi prima di nascere... sarebbe riduttivo...
Ormeggiai con cura,
parabordi fuori,
diedi ancora,
diedi poca catena e la misi in tensione ,
mi avvicinai con cautela alla banchina e poi doppino,..
spring e passerella.
Monaco mi mise al corrente che LA DIREZIONE (immaginatevela come una sorta di monte Olimpo circondato da nuvole e fulmini… o forse sarebbe più calzante come una sorta di monte Athos tanto è lo stesso), in direzione dicevo, non avevano più intenzione di riprendermi… riprendermi in senso di rimproverarmi o in senso di prendermi ancora con loro? Il senso era oscuro e non solo lui… ma mi attenni alla vigile tattica dell’attesa.
Così gonfiai il petto e cominciai a dire la mia tutta d'un fiato “ Il vostro comportamento è assolutamente in mala fede…” Monaco dall’alto della Sua saggezza mi chiese “ Salvatore cosa intendi per mala fede?” Venne stoppato da uno sprezzante (e nessuno osi pensare già da tanto tempo cretino) cardinale Richelieu (ci credereste? Era pure sprezzante), che ponendo fine unilateralmente al dialogo ( haa Gran bella cosa l’educazione e la democrazia) e, mancando anche di rispetto a Monaco, cago’ lapidario : ”Monaco,(ignorante!! ndr) “mala fede” vuol dire solo una cosa (virgola punto punto e punto e virgola ma si, abbondiamo fai vedere che non siamo tirati), questa conversazione è chiusa”. Ho detto tutto….
Ed anche la mia carriera all’ Ymca...
A quel punto estrassi dalla mia borsa di Tolfa (oggetto di culto dell’epoca che mi aveva venduto il Timino quando ne fabbricava a decine e senza farmi manco uno sconto) una busta e la diedi al cardinale Richelieu che incuriosito (grosso errore tattico, quando cacci qualcuno) la aprì e ne estrasse una fotografia che lo ritraeva allegoricamente, mentre parlava al microfono dalla direzione di Olbia da dietro le sbarre della finestra, sagace e indovinata icona di un essere prigioniero di se medesimo… “ caro Richelieu, questa foto ti si addice molto” e me ne andai… ...

Col senno di poi, forse anzi sicuramente, sbagliai a pensare e a parlare di malafede….. visto come gloriosamente e repentinamente chiuse, pochi anni dopo, l’albergo ymca di Roma a seguito di una improvvisa visitina di alcuni "dignitari" Ymca americani non del tutto d'accordo con la gestione capitolina......

La mia cacciata fece eco e scandalo (immaginatela sempre come il celebre dipinto di non so chi di Adamo ed Eva cacciati da paradiso terrestre, tanto per non cadere sul patetico). Non sono mai stato avvezzo chiedere aiuto o solidarietà, ma in verita, ne ricevetti: molta verbalmente da tutti, e molte assicurazioni di immediate azioni di protesta….ma solo Paola Maroni se ne andò dall’ Ymca per protesta e coerenza ed ancora la ringrazio per questo gesto di giustizia e di amicizia, gli altri e le altre cosa hanno fatto? Come recita la nota canzone di De Andre’.. “si costerna si indigna si impegna poi getta la spugna con gran dignità”...


TAZZOLENI INVITA AL DIAOLOGO e scrive:

Caro sasà volevo che tu entrassi meglio nello specifico perché hai sfiorato quello che secondo me è stato vero il collo di bottiglia dove l’associazione s’è affogata. C’è stato un cambio generazionale nei campeggisti che non è stato colto da nessuno, o quasi. Noi facevamo il fuoco al campo al sapore di sale, quelli nuovi avevano già la febbre del sabato sera. Noi facevamo “attività” con un optimist sgangherato o con una pallone di cuoio su un campo scalcinato. Loro, andavano già alle scuole di vela o alla scuola invernale di calcetto.
Noi vecchi siamo rimasti prigionieri della nostra adolescenza, quando i nuovi adolescenti che ci erano affidati chiedevano di essere accuditi in modo differente. Ma non è stata interametne colpa nostra: eravamo troppo giovani. Sebbene qualche d’uno tra noi avesse percepito la necessità del cambiamento, i vertici, quelli che avevano i soldi erano in tutt’altre faccende affaccendati : cioè come spartirsi i soldi. I fatti degli anni successivi, con il fallimento economico dell’associazione, lo hanno dimostrato. Se posso continuare in un sommaria attribuzione di responsabilità, una buona parte la assegnerei anche alla cosiddetta Banda di via Artini, ovvero la classe di leader precedente la nostra. Anche loro molto più di noi non hanno colto le nuove esigenze. Ma anche loro come i dirigenti, non lo hanno fatto per una consapevole volontà di non modificare gli equilibri di quello che era il loro harem. Olbia camp era la palestra del loro ego. Che noi stessi, leader più giovani, in parte alimentavamo.
Quando s’è trattato di dare risposte alle nuove esigenze educative ( e tra queste, giuste o sbagliate che fossero, c’erano anche quelle del comune di Genova, dei tedeschi, e anche dei nostri giovani seniores) i leader più anziani hanno preferito continuare sul sentiero dell’Olbia Camp tutto mare sole e canne all’aria aperta. I Dirigenti cercavano di fregarsi il portafoglio. Noi leader più giovani non eravamo ascoltati. E poco a poco siamo stati espulsi. Faccio qualche esempio personale: quanto è stata lunga la mia battaglia per introdurre lo sport della vela organizzato in maniera coinvolgente?


DIRITTO DI REPLICA
Risponde Marco Tagliata

segnalo una diversa chiave di lettura del tramonto del campeggio.

Nel 1978 sono state eletto alla vicepresidenza dell’associazione campeggi (che gestiva i campeggi estivi) e che era un soggetto giuridicamente diverso dalla Federazione (che gestiva le attività romane – palestra- edificio P.za Indipendenza) dovendo prendere drammaticamente atto di alcuni fatti difficilmente modificabili – da metà degli anni ‘70 si era avviata una guerra azionaria e non solo, per il controllo di quello che alcune persone avevano individuato come una preda di grande interesse: i beni immobili di Roma e Olbia – la storia è lunga e tortuosa ma i passaggi sono evidenti a tutti:
- progressivo esautoramento di monaco (la sua malattia ha facilitato questa operazione) dal campeggio di Olbia e la non elezione alla segreteria nazionale della Federazione;
- alleggerimento di tutte le attività che potessero rivitalizzare i campeggi;
- demotivazione delle persone interessate ad una rinascita
- successiva vendita dei beni
dalle marginalità della vendita sono uscite le risorse per acquistare l’attuale centro sulla colombo a Roma – molte altre risorse hanno seguito percorsi diversi

l’indebolimento del campeggio, delle persone, delle attività è stato il frutto di una triste operazione economica manovrata anche a danno degli azionisti americani che all’origine di tutto avevano dato i fondi per il palazzo di piazza indipendenza nel lontano 1950 o ‘52
certamente ci sono stati anche altri motivi di contesto generale ma resto convinto che l’interesse privato sia stato determinante.
Le conseguenze sono state molto tristi per tutti ma difficilmente contrastabili sul piano economico o giudiziario.
Nel 1980 sono andato all’estero per 5 anni e sono tornato nell’85; durante un rientro (nel 1982) sono andato al campeggio, c’era ancora monaco ma stava già male; negli anni successivi non sono più tornato
nel 1985 sono rientrato in Italia e ho assistito alla lenta agonia di monaco – del campeggio non ho più saputo nulla. Credo che l’ultimo anno di attività del campeggio di Olbia sia stato nel 1988 ma già con una struttura diversa.
Nel dicembre 1988 moriva monaco.

Il mio primo anno di campeggio ymca a Olbia è stato il 1967, era molto tempo fa, con altri direttori, campeggisti, leaders (monaco è arrivato come direttore fisso nel 1972) – qualche volta ho rivisto le persone di quegli anni e ho sempre avuto la sensazione che l’aver condiviso dei momenti così intensi della nostra adolescenza abbia creato un legame profondo
forse quell’equilibrio era comunque destinato ad interrompersi col passare degli anni
ho sempre pensato che il campeggio avrebbe meritato un epilogo diverso, forse è per questo che non sono più tornato dai primi anni ‘80

un abbraccio a tutti
marco Tagliata


I CUGINI DI MONTAGNA

Trattatasi del popolo dei PALENOTTERI i campeggisti del campeggio montano di Lettopalena in abruzzo, ovvero una stirpe oscura e semisconosciuta che si comportava come degli Hobbit dei boschi in quanto proprio di boschi si trattava.
Erano fondamentalmente di due tipi: il tipo A era composta da una popolazione di esclusivo ed erano infeudatati al solo campo di Lettopalena.
Il secondo tipo B, oltre Lettopalena frequentava anche Olbia dove, venivano talvolta poco compresi, facendo un po’ casta a parte: infatti se Sparta ride Atene non piange ( che centra?…).

Il montano villaggio era più piccolo del fratello marino, era costituito da un vecchio casale semi fatiscente, con un annesso silos senza funzioni particolari, la mensa, molto intima e, a cristiana memoria, era ricavata da una stalla; mi sembra di ricordare che le tende seniores maschili fossero nel bosco lungo le pendici di una montagnola alle spalle del fabbricato, ma sarei orgoglioso di ricevere contributi memoriali.

Il campo giaceva a mezzo monte nei pressi di LETTOPALENA, GESSOPALENA, GUADO DI COCCIA, e nomi consimili.
Io vi centellinai la mia frequentazione con accortezza, una sorta di stage di completamento, di perfezionamento delle mie esperienze, un solo master in Ymcagine,
non era il mio ambiente naturale, nulla contro beninteso, ma sapevo, intuitivamente quale fosse il mio ambiente naturale: il mare .
Ricordo
Amici come Massimo Senufilli da tutti detto Super SERUFIX, perché sapeva tutto, sapeva fare tutto, e suonava tutti gli strumenti. Seppur umiliato da una inclemente e precoce calvizie di stampo cistercense era invece gratificato da una fidanzata, una sorte di Cher (o di Morticia) con sguardo… un sacco dolce, poi impalmata ed elevata al rango di consorte, … leggiadra, quasi una leggera regina degli Elfi……
A Senufilli elevammo odi e cantavamo la canzone “lettera X qual è il segreto di Serufix…” e lui generoso contraccambiava colpo su colpo con poesie tipo: …”l’inverno vienghette la neve cadò tango tanghiete tangò” …

Ricordo poi il Ritolfi … belloccio, anzi proprio Bono, affermavano le pulzelle se lo vedeste oggi…, un pochino narcisetto anziché no, eppoi ricordo Guido Pecoraio, Giuseppina Necchia sposa poi di Alessio Rzewsky ( pronunciato proprio come si legge..ho sempre desiderato vedere il suo codice fiscale hahahaha), Mario lampi da Catania , Giggi Tarrozzi, (ora pro nobis), Angela Liberati, Massimo Mattias, costituivano un nucleo, uno zoccolo duro, adamantino, inossidabile, veri uomini dei boschi, con riti ben definiti. Ricordo anche meteore come Eleonora Paiante detta “Bisteccona”di anni 13… e chiedetevi il perché del nomignolo… oggi è attrice affermata… o quanto meno lo afferma lei ha! Ha! Ha! suvvia Ele, si fa ppe ride.. madonnina bona..
Su tutti imperava, dominava, consigliava e approvava il direttore nella persona di Nino Nasca, purtroppo oggi anche lui passato ai più, Gentiluomo Catanese anch’esso e generalmente munito di moglie e figlia.

Il ricordo più divertente di Palena ( non è che ne abbia poi tanti) è associato ad un fuori turno, di novembre, per soli leaders, del quale conservo alcune foto; c’era la neve, c’erano le stelle , c’era la luna ci si scaldava come si poteva tutti vicini intorno al camino acceso e scoppiettante a vedere asciugare gli scarponi e i calzerotti bagnati e fumanti, senza peraltro riuscire a beccare niente …( e stasera per cambiare..minestrina).
Il ricordo più allucinante è della prima profonda notte, ero congelato nel mio sacco a pelo ( non riesco proprio a chiamarlo sacco-letto) di finta lanetta, la temperatura ambiente era la stessa che ha eliminato i dinosauri nel giurassico; la mia vescica mi lampeggia, segnalando che avrei abbondantemente superato i tre litri di stoccaggio previsti dal listino. Qui si estrinsecherà il doloroso dubbio… mi alzo e vado a pisciare in bagno fuori della casa a -18°C, o rimango qui nel mio seppure tenue calduccio uterino?
Dopo mezzora di atroce dubbio e atroci dolori lancinanti che, originati dal basso ventre, erano ormai saliti alla bocca dello stomaco, comincio a lacrimare (una sorta di meccanismo di autodifesa da “tutto pieno” ). Dopo un’ora di agonia, prendo la virile decisione…si vado a pisciare fuori, anche perché sotto di me dormiva Mario Lampi e ad un amico non si può…
Così mi liberai come benigni in “il piccolo diavolo”, appena fuori della casa sulla soglia.
Ne feci tanta che si modificò la temperatura esterna arrivando a livelli di riviera ligure.
Ne feci tanta che sciolsi un ettaro di neve provocando una fioritura effimera e anticipata di narcisi dei boschi.
Ne feci tanta che un orso Marsicano incazzato venne a lamentarsi per la inondazione della sua tana tre miglia più a sud.
Ne feci tanta che vennero i geometri comunali da Lessopalena per vedere com’è che le condotte dell’ACEA si erano rotte.

E betta Povelli, a mensa, mi prendeva a torte in faccia …………


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venerdì 26 febbraio 2010

A CHI NON C'E' PIU'

Esistono poi, delle persone che non esistono più.

Compagni di viaggio scesi a delle fermate, intermedie, troppo presto.
Rimangono nella memoria, congelati ad un momento, un gesto, uno sguardo… a piacer.

CIANOLLA:
non ricordo come si chiamasse di nome, era alto bruno e coi capelli ricci, naso pronunciato senza essere grosso, forse gli occhi, scuri, un pelino vicini, ma nel complesso un bel ragazzo alto e atletico, così lo ricordo. Lo incontrai per pochi giorni, non ci feci mai un turno insieme; vorticoso era il ballo dei turni e qualcosa ogni tanto saltava, (un po’ come le otturazioni ).
Valter Timino al ritorno da un turno, ci raccontò che “SUPERMAN” (alias Cianolla) si era comportato con l’assolutismo di un marine, ci disse che addirittura, era stato capace di tirare “acqua” sporca con lo sturacessi ai seniores…diciamo … non allineati ( ve lo ricordate quello sturacessi vero? Bastone di eucaliptus nodoso e con un leggero dog-leg a sinistra, con straccio di tela grosso legato intorno alla base), ma questi fatti , il Timino ce li raccontava ridendo… forse non era vero, io gli credetti, ma sono stato sempre un credulone.
Insomma volevo verificare di persona e, a una pizza una sera, chiesi a Cianolla, se era vero quello che si diceva di lui. Mentre parlavo,Cianolla mi ascoltava e mi osservava, lasciandomi i miei dubbi, anche lui con un sorrisetto impertinente che nulla confermava e nulla smentiva…Mica l’ho mai capito come stavano le cose!
Fu l’ultima volta che lo vidi…. Dopo poco, credo, se ne andò per un repentino “attacco di regina e matto in due mosse”. Insomma meningite, a diciannove anni ,..un po prestino…. quando lo venni a sapere non ci credetti

MARINA MOLINAS:
Carina, anche lei sorella di… e, fidanzatina storica di Ciacchei. Sorrisetto e sguardo dolce, nasino a punta, occhi da cocker, dolci,appunto . Gonna larga a fiorellini e zoccoli Pescura ai piedi, gran moda dei tempi. Un amorino insomma. Quello che so è che negli anni a seguire, seguì una qualche setta di figli di qualche dio, forse minore e , forse anche incazzatiello di ciò. Tornata a casa dopo anni, e svuotata di sé, ha cercato la via rapida per quel dio, o magari anche un altro dio .., il primo che passasse e la raccogliesse ai piedi di un grattacielo dell’EUR dopo quattordici piani e duevirgolatrentacinque secondi circa di volo finalmente libero.
.

ALFREDO
Vivente
Alto magro sguardo dolce, mai incazzato, riccio castano.
Alfredo detto “KING ALFRED” nel 78 eri un diventato rapidamente una icona,un mito musicale nel villaggio seniores; ammiravo la tua repentina ascesa all’olimpo dei suonatori pluridecorati..
Suonavi di tutto e bene: chitarra, tastiere, percussioni, archi, fiati triangoli e rettangoli, sensibile, molto, troppo.
“La candela che brucia da due lati fa il doppio di luce, in metà tempo…”
Qualche ingranaggio un pomeriggio cominciò a slittare….. forse della sabbia, forse l’incuria invernale, non lo so! Cominciò la tua discesa “ad inferos” rapida, ripida. Il tuo bel corpo cominciò a gonfiarsi per gli psicofarmaci e la tua mente cominciò a sgonfiarsi, come un soufflè e la notte ti spalancò le porte in un abbraccio di silenzio e di freddo.
Ti ho visto mentre camminavi con un cappotto blu e un cappello, parlavi febbricitante tra i tuoi molti sé. Non ebbi il coraggio di…
Prendesti una strada laterale.

MONACO
Persona di indole dolce modesta e accorta, a tratti tenebroso, da sempre lo ricordo vecchio, anche a trentacinque anni quando,nel 1975, giocava a pallone nei tornei, al campo di calcio, in orrendo sterrato di granito sardo dall'altra parte della collina verso l'isoletta. Col suo perenne toscanello in bocca e la sua parlata impietosamente e sgrammaticatamente calabrese. Ma fu altresi’ il mito creatore. promotore ed intelligente esecutore della costruzione del villaggio in Sardegna a Lido del Sole, con i boongalows progettati dal papà di Siaccheri. Ve lo ricordate il Lido del Sole con i suoi bungalow?? Silente striscia di terra riportata, tra mare e peschiera con quei cespugli di lunghi, aghi appuntiti, insidiosi? beh furono tutta opera sua
Monaco sempre meno denti in bocca (donna Flo gli faceva i frullati e noi gli cantavamo : fammi crescere i denti davanti te ne prego bambino Gesù), senza di lui non ci sarebbero stati i nostri ricordi, e la nostra adolescenza sarebbe stata , come?
Ti minacciava in calabrese se non ti comportavi bene: "Salvatore la nave, parte tutte le sere... guarda la nave ... e dormi preoccupato..." oppure " tu il secondo non lo fai" !!
Monaco come Cesare fu pugnalato alle spalle, fu tradito (in una sorta di bega da basso portierato ma dall’alto reddito un golpino all'amatriciana) da un pugno di lestofanti mezzecalzette, che si impossessarono del suo sogno, estromettendolo dalla direzione del villaggio e elemosinandogli un inutile, patetico titolo onorifico da Segretario Nazionale, una sorta di Sovrintendenza ai soprammobili.
Lì, credo, cominciò a morire.
Lo incontrai anni dopo, per caso al policlinico dopo che, ero stato cacciato dall’Ymca (grazie all'intercessione di un depresso, gran censore nonché gran cretino, di quelli che quando ti parlano non ti guardano negli occhi.. ma Monaco stava per morire con una stenosi esofagea e quando me lo ritrovai davanti all'ultimo stadio, crudamente e crudelmente mi sembrò una rana, mi fece veramente tanta tenerezza, perche’ era una brava persona e mai gli portai rancore
Mi sembra abitasse in una stanza dell'hotel Ymca, non si fece mai una famiglia,... piango mentre lo ricordo, andai un paio di volte a trovarlo in ospedale era solo, solo, come un cane. ciao Mirenzi ti voglio bene. Sei stato importante per tutti noi. credo che, come JODA in guerre stellari , in trasparenza ci osservi e un giorno spero di riabbracciarti con o senza spada laser

mercoledì 24 febbraio 2010

GITE NOTTURNE

Una delle cose che mi faceva scapolare l’inverno rintanato nelle adolescenziali seghe mentali… (e vabbhè nun se po’ proprio scherzà), proprio come il paguro si rintana nel suo guscio, era la fede incrollabile nella certezza religiosa, che tanto, qualunque cosa fosse potuta accadere nell’universo, in estate avrei anche io immancabilmente fatto la…. GITA NOTTURNA … Era una sorta di energia pura e restauratrice che metteva il giusto ordine nelle strambe cose dell’universo, una sorta di Santo Graal della vacanza estiva.. croce e delizia,… più l’una che l’altra in realtà. I nomi dei posti più gettonati, nei quali eravamo di casa, ascendono ancora alle mie orecchie quasi fossero suoni di luoghi mitici tipo … Katmandù, Marrakech, ma forse più prosaicamente: Isoletta, Roccioni Villaggio dei Tedeschi, Capo Ceraso, Porto Istana, la Buca, la Chiesetta, Budelli….

ISOLETTA: sita a pochissima distanza dal villaggio, per arrivarci si passava da dietro il campo maschile, si passava poi: la rete , il campetto di calcio, e mentre a sinistra sulla punta c’era il villaggio dei belgi con case in pietra a schiera, noi piegavamo decisi a destra, come dei caccia da guerra in formazione transumante e, dopo un miglio circa arrivavamo di fronte ad un’isoletta. Qui zaini a terra facevamo il bagno e i nuotatori classificati Squali potevano arrivare all’isoletta, ma con un leader. L’ho fatta due o tre volte e non ho mai capito il fascino di arrivare all’isola a nuoto. Più che un’isola … uno scoglio. Poi, ritorno, raccolta della legna, fuoco, pasturazione e, se qualcosa abboccava passavi una delle prime notti di amor gentile della tua vita, sennò tra le dune rialzate, alle spalle della spiaggia, stavi infrattato nel sacco a pelo nel senso di “ tra le fratte” e quando “ci trovavamo a fondo al boccaletto : “na pisciatina un salve regina e in Santa Pace se n’annavamo a letto”.

Uno dei ricordi più belli dell’adolescenza… una notte di luna piena, tra le dune, girato leggermente in direzione dei roccioni, vedevo il mare sottostante una grande baia con sette insenature e la luna che si specchiava in tutte e sette le baiette, con l’isoletta alla mia sinistra e sperando di poter condividere presto tutta questa meraviglia con una ragazza

Ricordo Puccio Damerini passare un pomeriggio intero a saltare dalle dune di sabbia alte circa due metri divertendosi come un bambinone.

ROCCIONI Per arrivarci c’erano da attraversare…. Il guado, e il villaggio di tedeschi. Più che un guado era un guano. Il guado ci faceva sentire un vero drappello di incalliti improbabili variopinti guerriglieri dell’armata Brancaleone con zaini sulle braccia e, per i più muscolosi qualche bella ragazzetta sulle spalle …intanto… poi si vedrà… (infatti s’e’ visto… ).

La velocità di avanzamento di un drappello di guerriglia è influenzata dal guerrigliero più lento (applico Che Guevara). Dopo di ciò e dopo un’ora e mezzo di cammino di strada bianca, sostavamo puzzolenti e affaticati, a malapena tollerati, ma non amati, al villaggio austro-ungarico di tedeschi, che aveva un bar fornitissimo a differenza dello spaccio del villaggio che aveva solo gazzosa Ichnusa. Poco distanti, i roccioni erano un’oasi di “selva selvaggia aspra e forte”, dolcissima di aromi di macchia sarda lentisco, mirto, elicriso.

Rocce dalle quali tuffarti se i leader non vedevano, con una sabbia morbida e accogliente quasi fosse seta , in un tramonto sempre di fuoco, proprio come il mio erpes. Nel 1976 Francesca Glienti chiese a Timino se si poteva mettere in top-less… (lei non Timino)… lui con distacco filosofico … acconsentì . Era il 1976, ero ancora campeggista e vergine, una di queste due caratteristiche la avrei mantenuta ancora a lungo… indovinate quale? ( ha! Ha! Scherzavo!!, infatti l’anno dopo sono diventato Leader!!).

CHIESETTA

Ci andai in una sola volta. La strada partiva dal campetto di pallone, credo, poi si proseguiva non verso la spiaggia come per andare all’isoletta, ma si piegava a destra prima del campetto su una delle tante sterrate bianche, e si prendeva la grande, maestosa, materna “Orientale Sarda”, nostra linea di confine e di congiunzione con l’universo conosciuto, un analogo del grande padre Fuji per i giapponesi. Si proseguiva, a piedi, sul ciglio della strada (se qualche autista di camion ubriaco o stronzo o entrambe le cose non decideva di farti qualche scherzetto tipo tentare di fare un filotto da 1100 punti mettendoci i sotto tutti quanti , veramente accaduto). Camminavamo per 3 – 4 chilometri, forse meno, e si arrivava a ‘sta chiesetta dove c’era anche un fiumiciattolo di acqua cristallina e gelata. La chiesetta neanche me la ricordo più, onestamente. Forse era una piccola cappella di campagna semi diroccata o poco più; del fiume ho riflessi di memoria, quello che ricordo è che, tutto sommato l’area in generale era veramente deprimente,e deprimenti i ricordini di scampagnate locali tipo, cartine, fazzoletti, merde, sacchetti della mondezza, scatolette aperte, vespe in agguato, ancora altre merde .

Non c’era neanche tanta ombra, mi sembra, ma allora che cacchio racconto? Il fatto fu che al lato di questo sito, c’era un montarozzo di rocce, sarde, appunto, di granito rosa scavate dal vento e piuttosto bellocce. Mi inerpicai (inerpicai fa tanto poeta..) per un po’ e arrivai su una roccia a strapiombo alta quattro metri circa che affacciava nel vuoto. Mi ci misi in piedi a gambe e braccia larghe. Il forte vento tiepido, carico degli aromi della macchia sarda, gli effluvi profumati ( e perché… “effluvi” ndo’ me lo metti?) esaltati anche dal fatto che all’inizio del meriggio ( meriggio è nsacco fico!) col gran caldo, sono maggiormente intensi. Così io stavo lì in posizione mistica decisamente sbilanciato in avanti, nel vuoto, il forte e caldo vento di maestrale mi sosteneva (in effetti già allora ci voleva una bora). In realtà mi rendo conto che mi teneva in vita. Mi accarezzava, mi investiva, mi possedeva come un negro guerriero mandingo ( dai Pen dell’Aia si fa pe scherzà) forse esagero . Fu una delle volte in cui fui maggiormente felice in vita mia (e non per via del negro mandingo…hahahah). Tenuto da quel vento sardo, caldo … te). Ero contentissimo di aver avuto il privilegio di andare all’ ymca, di avere quegli amici, di essere benvoluto, e di essere considerato “in gamba “ da tante persone che stimavo alle quali volevo un bene dell’anima…. Di avere la possibilità di fare gite notturne con possibile pomiciata ( peraltro mai avvenuta o quasi) ... ( la pomiciata, non la gita), di avere la responsabilità di ragazzi più giovani di me , di assurgere alla posizione di “Capo”, di sentire di poter trasmettere le mie esperienze di poter lasciare la traccia.

Eravamo volontari, DESIDERAVAMO andare all’ymca, fare ciò che facevamo e il nostro prestigio veniva dal poterle fare ed essere un riferimento per gli altri; poi verranno anche i tramonti in Sardegna, le passeggiate mano nella mano, la fiducia degli altri in te, la nostra vita che prendeva forma mentre marcavamo il territorio della nostra esistenza ( mica male questa), gli scherzi le canzoni… l’armi e gli amori… quelli veri e quelli supposti… e quelli sperati, soprattutto le speranze per il futuro. Ed è esattamente questa la differenza tra oggi ed allora: la speranza di un futuro che sarebbe andato proprio come noi desideravamo... o no? L’amicizia per me e per molti altri , ma non per tutti, era una sorta di concetto cavalleresco , da tavola rotonda, una mitica ( e perciò , bada bene, non reale) visione da “fratelli della costa” che niente avrebbe incrinato o distrutto ……: Una delle cose , forse l’unica cosa che non rifarei, è una cosa che non so nemmeno definire, anzi si , è stata una tale cazzata da parte mia, che solo a ricordarla mi si accappona la pelle: eravamo in uno dei mitici viaggi in nave verso Olbia ( e fino qui…) ad un certo punto scherzando giovialmente con Betta Balmieri, la prendo in braccio (ahia…), solo che sempre “giovialmente” mi affaccio, anzi la affaccio, al di là della balaustra della nave …… quale santo ci ha protetti? un congresso internazionale di santi protettori… porca miseria ancora non ci credo, e mi si torcono le budella a parlarne (devo confessare che, non pago, l’ho rifatto, mesi dopo, sempre con la stessa ragazza da ponte Garibaldi a Roma, poi non l’ho mai rifatto con alcuna persona …giuro… per fortuna).

zz

lunedì 15 febbraio 2010

SCHERZI A PARTE

Gli scherzi erano all’ordine del giorno…e della notte ma la notte erano scherzi amari solo per i leaders, su una cosa Monaco non transigeva, i campeggisti non dovevano esserne mai coinvolti e cosi’ mi pare che fu. Tra gli scherzetti diurni alcuni risultavano , sul lungo periodo , come dei tormentoni, e c’era sempre qualche sprovveduto da infinocchiare. I tre più due scherzetti fondamentali furono: martello a doppio colpo; cacciavite a tre punte; messa in moto del motore della barca... a spinta!! MARTELLO A DOPPIO COLPO : trattavasi di un avveniristico, quanto immaginifico prototipo di martello meccanico che durante l'espletamento del colpo sotto l'impulso manuale del gesto, tramite un pulsante situato sul manico poteva raddoppiare appunto il colpo infilando in meta’ tempo il chiodo in esame, all'interno del legno ……….Walter Timino spesso si aggirava per il campo, chiedendo ai viandanti se avessero visto il martello a doppio colpo, ricevendo risposte quasi colpevoli da chi si scusava, ma nulla sapeva CACCIAVITE A TRE PUNTE : in buona sostanza era un arnese da banco prova le cui tracce, ormai perse in natura, riemergono, quale memoria, intorno a fuochi vieppiù spenti di vecchi fossili di ymcosauri come noi. Era un modello di cacciavite, peraltro mai rinvenuto , che poteva risolvere non il problema della fame nel mondo, in quanto a quello, è vero, neanche madre Teresa di Calcutta, ma sembrava fosse in grado, tramite ben tre punte parallele comandate da un sistema di ingranaggi, di avvitare contemporaneamente ben tre viti alla volta, tale da ridurre lo sforzo fisico delle maestranze al fine di poterne agevolare il lavoro manuale sollevandole dallo schiavismo padronale verso il rosso sole del socialismo………….(io me vergogno a scrive ste cose…..) ACCENSIONE BARCA A SPINTA ( lettura libera): ludica “presa per il culo” perpetrata dal sottoscritto a intero villaggio maschile e in particolare a tale Luca Pen del Yaya, consistente, in mendace richiesta di spintarella allo motoscafo del campo, al momento leggermente ingolfato, e necessitante , di mera spintarella, .... i giovinotti riconoscenti …ancora smadonnano. TRE PISELLI UN RIGATONE: nulla di piu’ casto in realta’ depositari di tanta geniale maestria fu il villaggio seniores,convinto a dare una mano in cucina mettendo tre piselli (quelli verdi pisum sativum, leguminosa) e non di più, dentro dei rigatoni (barilla rigati n. 4 ) per una mattinata intera e dovevate vedere Bagonghi piccolo con l'inseparabile scudiero Ingrato, che controllava gli intellettuali della tenda che univano sinergicamente gli sforzi dei lavoratori, tesi alla vittoria comune e socialista del "rigatone tripisellato" UN TRANQUILLO CAMPO DI PAURA: fu un inizio turno movimentato, alle ore 07:00 aria tersa, all' arrivo del turno di già sconvolti campeggisti, io, travestito da colonnello e d’ accordo a Walter Timino, gianmarcovicentini, Marco Tagliata e credo Gabriele Matz-ho lenin ( ma non ne sono sicuro), facciamo trovare nel campo una piacevole situazione da campo nazista con dei penzolanti cappi in corda, esecuzioni sommarie fustigazioni e gente portata via a braccia dopo orrendi pestaggi...... La cosa fu convincente… pure troppo! A mensa durante la colazione dovemmo giurare che si trattava di uno scherzo perché, naturalmente ... qualche sprovveduto ... abboccò Gabriele Tazzoleni mi ricorda che mandava incauti campeggisti da Monaco a richiedere del telo per riparare la randa della barca Trident, il famoso “telo appizzo” o in mancanza di questo si poteva usufruire dell’altrettanto famoso “ telo infilo”. ************** MARCO TAGLIATA RACCONTA : LA FRETTA DEL CUORE : doveva essere il primo turno del 1973 e la direzione, come sempre, era il perno delle operazioni della vita del campeggio sia perché baricentrica dei due campi (c’erano ancora le tende) sia perché posta di fronte alla cucina che aveva anche lo spaccio nella zona laterale grande animazione a tutte le ore del giorno e della notte in tutto il campo – monaco era il direttore io facevo l’assistente al programma in quel periodo e anche negli anni a venire, la posta raggiungeva il campeggio con un sistema rimasto invariato nel tempo: veniva recapitata presso una casella postale (forse 72021) a olbia dove giornalmente monaco provvedeva al ritiro per farla poi consegnare dall’assistente al programma in mensa ovviamente su quella posta vigevano alcune regole sacre e inviolabili finalizzate alla riservatezza e alla cura di quel prezioso collegamento con il mondo esterno che poteva essere “toccato” soltanto da due persone che ne erano i tutori assoluti, una sorta di sacerdoti laici dei sentimenti, antesignani garanti della privacy – nessuno si sarebbe sognato di sfiorare il prezioso pacchetto l’episodio che fra poco conoscerete dimostrerà, se ancora ce ne fosse bisogno, che nella vita il concetto di garante di qualcosa apre le porte su inquietanti scenari relativi alle opportunità che si aprono a chi deve controllare qualcosa riaprendo, inevitabilmente, la tematica di chi controlla i controllori se non la loro coscienza e questo, spesso, può rivelarsi fatale in genere la posta arrivava al campeggio in tarda mattinata e veniva distribuita a mensa all’ora di pranzo, a volte anche di sera quel giorno la posta arrivò nel primo pomeriggio e sarebbe stata quindi distribuita a cena – dall’arrivo alla consegna restava il tempo interminabile di un pomeriggio, il destino aveva voluto lasciare un tempo troppo lungo alle divagazioni insane di qualcuno dicendo che la posta poteva essere toccata, a rischio di pene corporali di inaudita ferocia, soltanto da due persone è chiaro che la responsabilità morale del fatto va ascritta alle due persone già indicate ed è quindi inutile sottintendere la colpa la posta normale non è stata mai aperta o toccata nella storia del campeggio con un’unica eccezione: i telegrammi – qualunque telegramma in arrivo, per un’usanza che si perdeva nella notte dei tempi, veniva aperto e controllato stana cosa, ma forse aveva un senso il telefono del campeggio non era di facile uso per tutti e, a parte i casi più rilevanti, si cercava di non stimolarne l’utilizzo quindi un telegramma (piuttosto rari) poteva essere portatore di brutte notizie per cui veniva aperto per controllare il contenuto e “preparare” l’interessato è successo solo due o tre volte e solo per ricoveri di qualche parente, mai per cose peggiori in qualche modo anche i telegrammi indirizzati ai leader subivano lo stesso trattamento e quel giorno b.b. aveva ricevuto un telegramma dal suo fidanzato l’antefatto su questo fidanzato b.b. aveva frantumato le orecchie e non solo quelle a tutti quanti: quanto è bravo, quanto è bello quanto è qui e quanto è li e la cosa aveva assunto i toni di una vera e propria tortura perché nessuno lo conosceva e non poteva quindi testimoniare a proposito, b.b. lo osannava in modo offensivo per gli altri maschietti e soprattutto, secondo qualcuno molto provato dai fatti, era pure frocio in verità non lo abbiamo mai conosciuto e quindi nessuno sa come le cose fossero veramente ma una certezza ormai dilagava per tutto il campeggio: era messa pesantemente in discussione la possibilità che potesse esserci un altro uomo sulla terra degno di essere considerato tale oltre il fidanzato di b.b. era chiaro che sarebbe successo qualcosa spesso il male si annida nei nostri pensieri spingendo la sua vittima verso abissi catastrofici con conseguenze nefaste per il malcapitato e per che gli sta vicino, ma ci sono volte in cui il male suggerisce ardite scorciatoie alla giustizia umana riequilibrando la sorte di alcuni disperati [1] [1] Da recenti studi esoterici risulta che l’ingegno maligno degli uomini è come un’eruzione esplosiva: può dormire per secoli e poi irrompere, senza preavviso, in modo devastante su tutto quello che si trova nelle vicinanze e se non bastano la lava e i lapilli ci pensa la colata piroclastica (la nube infuocata) a completare l’opera – il paragone con l’attività vulcanica, secondo alcuni studiosi, è dovuto alla vicinanza di tali ambiti, nell’immaginario collettivo, con il vero e proprio “supremo maligno” che alloggerebbe nelle viscere della terra comandandone le sue manifestazioni più devastanti per alcuni il fidanzato di b.b. era diventato un vero e proprio incubo al punto che dei poveri disgraziati furono sorpresi, durante la doccia, a osservare il proprio corpo nudo con lo sguardo sconsolato di chi è certo di non potrà mai essere “come lui” lo stesso direttore monaco aveva più volte espresso un sottile e argomentato concetto in merito alle sensazioni che l’odioso sconosciuto suscitava in lui: “questo mi ha proprio scassato la minchia” come in tutte le storie c’è sempre un momento e un luogo giusto per cui ogni cosa abbia principio e fine e quel giorno arrivò quando la posta giunse al campo di pomeriggio con un telegramma indirizzato a b.b. breve estratto dalla registrazione conservata negli archivi della BBC di Londra e catalogata come “telegramma della minchia” marco: direttore, tra la posta c’è un telegramma per b.b.monaco: guarda che minchia è marco: (dopo averlo aperto) è un telegramma da un certo …………. Il testo dice “ti voglio bene” monaco: ancora quello scassaminchia marco: ma forse si potrebbe fare qualcosa per aiutare tutte quelle persone che b.b. ha affranto con questo rompipalle monaco: e che minchia vuoi fare, buttare il telegramma qui nasce l’intuizione marco: no, ma si potrebbe fare qualcosa per renderlo un po’ diverso bastò un attimo e la stessa idea si era già materializzata nelle teste di tutti e due allora i telegrammi erano costituiti da un modulo di carta prestampato sul quale venivano riportate a macchina le parole del testo immediatamente venne riesumata una vecchia macchina da scrivere che giaceva in un armadio e riattivata in pochi minuti – scoperta nefasta: la macchina aveva soltanto un nastro di inchiostro rosso e il testo del telegramma, l’indirizzo, il mittente era scritto tutto con l’inchiostro nero qui arriva la necessaria valutazione dello stato mentale della povera b.b.: ansiosa e un’ansiosa è troppo concentrata sul contenuto piuttosto che sulla forma, soprattutto se il contenuto e le modalità con cui veniva trasmesso (molto insolite) rafforzava quello che lei sosteneva da tempo: il suo era l’unico uomo degno di essere considerato tale sulla faccia della terra – l’importante era poter dire ancora: guardate qua che uomo il mio fidanzato su un foglio di carta bianco fu scritta con l’inchiostro rosso la frase “addio per sempre” che copriva perfettamente l’ingombro di quella originale e, secondo rischio, tagliato e incollato sopra il foglio del telegramma ma “addio per sempre” non fu scelto solo per la coincidenza della lunghezza ma perché per una persona ansiosa una lettera di spiegazioni avrebbe costituito una possibilità di recupero, comunque una spiegazione, aprendo lo spazio a una trattativa che lasciava margini alla possibilità di rovesciare le sorti della situazione – una lettera apriva il dialogo che invece andava troncato – dopo aver creato tanta amarezza in tante persone b.b. aveva perso il diritto di sperare – il concetto che una frase lapidaria esprimeva era assoluto, sia pure inatteso (altro elemento di stranezza che poteva risultare sospetto) ma devastante e, si sa, molto spesso la stessa paura della devastazione la rende molto più credibile della normalità tutto ruotava intorno alla fretta del cuore monaco elaborò rapidamente il concetto di sintesi: così la finisce di scassare la minchia al di la delle sintetiche conclusioni di monaco, tutto si doveva consumare in un istante, un solo istante, non doveva servire una seconda occhiata perché il falso era troppo evidente ma c’era ancora qualcosa di imperfetto, il telegramma era stato aperto e la cosa indeboliva non poco il già debole ed evidente falso, un telegramma aperto è un telegramma che è già passato per le mani di qualcuno – particolare non trascurabile e quindi foriero di sospetti - bisognava far credere alla povera b.b. che la prima ad aprire quel telegramma era solo lei e non altri con una scusa banale si fece in modo che b.b. entrasse in direzione e mentre lei entrava, segnalata in tempo da monaco improvvisatosi vedetta per l’occasione, l’assistente al programma, unico depositario della posta, esclamava le seguenti parole: guarda monaco, c’è un telegramma per b.b., lo apro e vediamo che c’è scritto, speriamo nulla di grave ancora una volta l’ansia fece il suo lavoro e appena tagliato il sigillo (questo è quello che la povera b.b. pensò di aver visto) lei si avventò sul telegramma dicendo: e mio e lo leggo prima io le parole “lo leggo prima io” erano già la manifestazione di una certezza e tale fu la nostra convinzione che metà del lavoro era stato fatto nel modo giusto lei si voltò, andò verso la terrazza della direzione, ammutolì e poi scoppiò in un pianto dirotto l’altra metà del lavoro si completava nel modo voluto poco dopo fu ritrovata vicino a una tenda che tentava di suicidarsi con un tirante e nello stesso momento qualcuno entrò in direzione e trovò i due responsabili che tentavano l’indifferenza per prolungare l’agonia della poveretta ma avevano gli occhi lucidi e sembravano parlare con poco fiato un secondo esame, più lucido del telegramma, convinse b.b. del falso e poi non fu difficile staccare la striscia di carta attaccata sopra il testo originale, ma l’evento finì per avere una funzione vagamente terapeutica perché come la freccia che l’arco scocca, corre veloce di bocca in bocca, fu presto sulla bocca di tutti e finalmente (e tutto sommato con grande serenità e soddisfazione soprattutto da parte della povera b.b.) non si sentì parlare più dell’unico uomo sulla terra una piccola magia di quel posto: le persone vivevano fondamentalmente in un’altra dimensione (un po’ astratta) ma in qualche modo avevano deciso di stare lì anche se molti erano già pronti per andare altrove in quel posto tutto sembrava avere una dimensione assoluta senza assumere mai una forma definitiva ******* SECONDO SCHERZO (BY MARCO TAGLIATA) Correva l’anno di grazia 1975 o 1976 in un primo o secondo turno con leaders e campeggisti molto arzilli di giorno e di notte, forse troppo - fu così che monaco disse: qui ci vogliono delle regole per tutti – come spesso succede le regole aiutano a trovare delle strade per la convivenza ma, spesso, contribuiscono ad accendere ed alimentare insospettabili risorse E qualcuno pensò: niente scherzi dozzinali con acqua, dentifrici e altri orrori, puntiamo alla dimensione psicologica (da questo filone hanno avuto origine il martello a doppio colpo, il cacciavite a tre punte e altre amenità sulle quali furono costruite diverse commedie) Ma se con i campeggisti era doveroso un atteggiamento composto e garante dell’incolumità questa regola sembrava non valere per i leaders Quella notte non tirava un alito di vento e tutto sembrava avviarsi verso un generico chiacchiericcio intorno alla direzione; verso mezzanotte (round midnight come avrebbe detto l’ignara vittima) e. m. decise di andare a dormire per la fatiche accumulate nella sua giornata di manutengolo Allora cucina e manutenzione dormivano nelle camere sopra la vecchia mensa e lui aveva insistito per dormire da solo in una camera con un letto a castello, aveva scelto il letto di sopra Spenta la sua luce qualcuno, nell’indifferenza generale, tirò qualche sassetto sulla sua finestra senza troppa convinzione – i più erano impegnati nella solita gara di equilibrismo sulla sbarra del vecchio campo di bocce davanti alle finestre della vecchia cucina – i premi erano entusiasmanti: un encomio solenne di monaco con il cappello da napoleone bonaparte e, per i più bravi, un assaggio della pregiatissima birra ichnusa (la birra fetusa) Tutto scorreva tranquillo, nonostante i sassolini e. m. non dava segni di vita ma la cosa non sembrava preoccupare nessuno In quel periodo i bidoni della spazzatura erano parcheggiati sul retro della cucina all’altezza dell’arrivo della scala che portava alle stanze sopra la cucina e molto spesso succedeva che alcuni cani randagi, con il favore della notte, venissero a rimediare del cibo che veniva lasciato in vaschette separate Era una consuetudine conosciuta veder apparire dai cespugli timide bestiole alle quali era riservato il massimo rispetto, qualcuno si faceva anche avvicinare e, riconoscente, era disposto ad accettare anche qualche carezza Quella sera però non andò proprio così – già il rumore dietro il solito cespuglio aveva una diversa intensità ma sul momento non destò interesse, poi qualcosa si continuava a muovere senza uscire fuori e guardando il tutto i presenti si resero conto che non si trattava del solito grazioso cagnolino Dopo qualche secondo uscì fuori qualcosa di poderoso che poteva essere un incrocio fra uno yeti e un cavallo, una bestia mai vista Molto spesso la differenza fra casualità e intuizione si consuma in una frazione di secondo e qualcuno capì subito che quell’essere costituiva la svolta della serata Mentre monaco sbuffava sugli scalini della direzione: che ariner è quel coso – in due o tre si apprestarono a predisporre il tutto La bestia si mostrò socievole e riconoscente e così, dopo averlo abbondantemente rifocillato, fu sollevato di peso e portato su per le scale fino alla porta del povero e. m. il quale dormiva profondamente, tanto profondamente che tre persone poterono entrare nella sua stanza con una specie di cavallo comprensibilmente agitato, il tutto al buio e non proprio silenziosamente senza alcun suo cenno di vita il mostro fu lasciato li, ai piedi del letto a castello dove e.m. dormiva al piano di sopra e furtivamente, si fa per dire, fu abbandonato il campo dopo un po’, tornati all’aperto non succedeva ancora nulla e monaco già protestava chiedendo il rimborso del biglietto, minacciando sfracelli e sostenendo che solo lui sapeva fare scherzi Ancora silenzio per un po’ e poi la decisione di tentare di svegliare e.m. a qualunque costo e quindi via prima con sassolini e poi con veri e propri macigni sul vetro per farlo alzare In tutto ciò il mostro non dava segni di vita ma il nostro malcapitato si, dopo un po’ gridò di non rompergli le palle, che voleva dormire di lasciarlo in pace Il mostro restava sempre tranquillo e la situazione cominciava ad assumere i contorni di una trama inquietante Ancora sassi, ormai montagne, e la definitiva incazzatura di e. m. che però, trovandosi al buio per accendere la luce e venirci a minacciare di persona, doveva raggiungere l’interruttore che stava dall’altra parte della stanza Ancora una volta il suo riflesso d’atleta lo portò a fare quello che si rivelò la cosa più sbagliata che potesse concepire in quel momento: un bel salto felino dal letto verso l’interruttore con piglio guerresco Ma lui non sapeva che ai piedi del letto non c’erano solo le sue scarpe ma un mostro di almeno 1 metro al garrese, sebbene sazio e felice, ma felicemente rilassato, ancora per pochi istanti L’atterraggio di e. m. fu come quello di un elicotterista degli apache: non sbagliò di un solo millimetro e arrivo di spinta con tutti e due i piedi sul corpo di quello che in quell’istante si trasformò davvero in una belva Il grido che lanciò rimarrà per sempre dentro di noi Era un qualcosa, certamente di non umano, che poteva venire solo da luoghi sconosciuti alla mente, qualcosa che scuoteva ogni singola molecola del corpo e delle proprie sensazioni Ancora oggi nelle notti di luna piena (quella sera c’era anche la luna piena) trovandomi in luoghi isolati sono convinto di sentire una debole eco di quel “suono” che nessuno di noi, da quel giorno, ha più potuto chiamare grido il “suono”, comunque, non fu l’unico rumore che sentimmo perché anche la belva, ovviamente, aveva da dire la sua e dai rumori inequivocabili era chiaro che, sempre al buio, cercava la causa del suo disturbo per poter affondare quei buoni 30 centimetri di denti da qualche parte è strano come il comportamento di certi uomini possa trasformare anche la più dolce delle bestioline nel peggiore dei mostri affamati di sangue E a quel punto accadde la cosa più agghiacciante La prima reazione non fu, come umanamente era lecito aspettarsi: corriamo in aiuto dell’amico in punto di morte La vista di quella finestra angosciosamente buia, delle altre che si accendevano, dei visi attoniti, di voci agitate raggiunse la sublimazione nel contemporaneo accasciarsi dalle risate di monaco sulle scalette in penombra della direzione (questa fu la sua fortuna) e degli altri tre assassini vicino al campo di bocce (all’aperto e alla luce – questa fu la loro sfortuna) senza avere le forze di fare un passo – cosa che si rivelò ininfluente per monaco nascosto dalla penombra ma letale per i tre assassini che si trovarono esposti all’ira funesta Dalle scalette della mensa comparve prima il mostro che scese e sparì tra i cespugli e poi e. m. in mutande, con una mazza da baseball gridando: vi ammazzo tutti I più erano spariti ma ben appostati per non perdersi la scena Monaco era ormai in lacrime e respirava a fatica ma protetto dall’oscurità poté godersi tutto lo spettacolo dalla prima fila Solo tre ex assassini restavano in balia della furia omicida a terra nel piazzale E così, in un attimo, la sorte cambiò i ruoli: la vittima fu carnefice e i carnefici diventarono vittime la furia non tardò ad arrivare sul primo malcapitato e mentre guardando la morte in faccia l’ex carnefice non riusciva a muovere un passo dalle risate che monaco, sadicamente, alimentava con il suo sibilo nascosto, accadde il miracolo spesso l’illuminazione produce altra luce e non importa se sia propria o riflessa ma è una luce capace di brillare – quella notte di luna piena aveva generato il male e ora il male si era diffuso nell’aria, pervadeva ognuno dei presenti, era libero di agire e si presentò ancora sotto forma di qualcuno che, afferrato un lenzuolo dall’infermeria, lo indossò e dalla penombra vicino alla direzione esclamò verso il quasi omicida: fermati, disgraziato, fermati il povero e. m. ormai provato dagli eventi ebbe un momento, un solo momento di incertezza mentre si chiedeva chi fosse quel fantasma e quell’incertezza fu fatale perché i tre ex carnefici trovarono la forza di liberarsi dalla morsa fatale, fuggire verso i cespugli e dileguarsi nella notte dando inizio a quella che è stata ritenuta la più spietata caccia all’uomo di quegli anni quando la timida luce del mattino cominciò a farsi largo nell’oscurità tutto quello che era successo diventò un pallido ricordo che non doveva andare perduto baci a tutti marco *****

S

lunedì 8 febbraio 2010

terzo comma

Le canzoni cantate intorno al fuoco di notte in spiaggia erano uno dei punti nodali come gli zighe zaghe; In quegl’anni i cantautori imperversavano e la facevano da padrone, naturalmente erano incomparabilmente più gettonati ed evocativi dei DuranDurani che sarebbero comparsi di lì a poco erano come: contesse, su strade lunghe e diritte, dove correvano locomotive, tra vecchi e bambini, avvelenati, dove i cantautori, con blue jeans e camicie gialle, suonavano feste di piazza,mentre il signor hud, si dava il rimmel, sui pezzi di vetro......caro amico ti scrivo... vado avanti ? ... io vorrei non vorrei, ma se vuoi.....lucia.. Alcuni titoli? Eccoveli !!!CONTESSA / BUONANOTTE FIORELLINO / RIMMEL / IL SIGNOR HUD / PIANISTA DI PIANOBAR / CANTAUTORE / AFFACCIATI AFFACCIATI / UNO BUONO / FRANZ E’ IL MIO NOME / LA FATA / LA CASA DI ILDE / L’AVVELENATA / LA CANZONE DEI 12 MESI / CANZONE PER UN’AMICA / LUNGA E DIRITTA / IL VECCHIO ED IL BAMBINO / INSIEME A TE TUTTO IL GIORNO / MINIERA / MIGUEL / 18 SETTEMBRE / JORDIE / LUGANO ADDIO (piaceva a Timino)A TOCCHI A TOCCHI / LA LOCOMOTIVA / VIA DEL CAMPO / ANDREA S’E’ PERSO /ALICE / TE LA RICORDI LELLA / PENSIERI E PAROLE / ACQUA AZZURRA ACQUA CHIARA / ANNA/ LA CANZONE DEL SOLE / IL MIO CANTO LIBERO / I GIARDINI DI MARZO / SENZA TE / 7:40 / LA CANZONE DELLA TERRA / IL NOSTRO CARO ANGELO / FATEMI ENTRARE / PETROLIO / IL CANE LEGATO ALLA CATENA / EPPURE IL VENTO SOFFIA ANCORA / IL DENTINO / SNOOPY / SHAMPOO / UN IDEA / TAMMURRIATA NERA / I’E SO PAZZO / NA TAZZULELLA E’ CAFE’ /…. QUESTA INVECE, LA SCRIVEMMO PER UN FUOCO DI CAMPO (1977) SULLE NOTE DI UNA NOTA CANZONE ROMANA A zompi a zompi er direttore avanza ( monaco)/ je sorte un gracidìo dalla panza / tartaja sempre e nun la smette mai… / l’urtimo giorno tu la pagherai…Come se po’ sta qua .. /chi me l’ha fatto fa / s’esco da sto campeggio qualche d’uno l’ha da pagà /Strisciando l’assistente segue lento (Agliata)/ sto campanaccio mamma che tormento / lo suona sempre e nun la smette mai /l’urtimo giorno tu la pagherai Come se po’ sta qua… ECC. ECC. Il FUOCO alla BUCA la Buca era un avvallamento nella sabbia situata poche decine di metri prima della Loggia dove un paio di volte a turno facevamo il fuoco di Campo all'inizio e a fine turno (l'ultima sera). Una delle componenti essenziali del fuoco era la raccolta della legna, a quei tempi usavo mettermi in mostra trasportando quantità di legname degne di un abbattimento della foresta amazzonica che avrebbe oggi giustificato una denuncia agli accordi di Kioto. Il fuoco di villaggio o di campo, aveva quella caratteristica che, mentre ci cantavi davanti, buttavi l'occhio a destra e a manca pasturando ragazze a tutto spiano… perché non si sa mai, potrebbe essere la volta buona che non ne continui a parlare soltanto. Davanti, il fuoco ti ustionava, ma di dietro per l'irraggiamento termico assente, ti congelavi ( un po' come andare a prendere il sole in vacanza sulla Luna). I piedi stavano sotto la sabbia ancora tiepida, e sporca di pezzetti di legno carbonizzati dei precedenti falò e noi tutti abbracciati, e dediti al bel canto, al volemose tanto bene, ma ...anche stasera per cambiare ...minestrina...!!! (apro un’altra parente: in quegli anni ero una specie di armiamoci e partite; sempre pronto ai blocchi di partenza...sempre pronto ...sempre ai blocchi di partenza... ci sarebbero voluti molti anni ancora perché il brutto bruco peloso si trasformasse in una splendida farfalla per spiccare il volo e finire subito in un obsoleto raccoglitore per entomologi). Al fuoco solitamente, Mi occupavo di rintuzzare e rifornire la legna, un po' come quegli sfigati che alle feste occupano il posto che nessuno vuole, cambiando i dischi e facendo ballare gli altri (solo che a me, a quelle feste, non mi ci invitavano neanche....!!!) Il Timino mi ha recentemente rammentato di una volta che si incazzo’ con me perche’ feci volare per una ventina di metri uno zoccolo pescura 45 cogliendo un seniores …che sicuramente stava facendo qualcosa di illecito… Ma io non me lo ricordo…che fosse luca Pen dell’Aia….chissa’ comunque se puo’ essere utile… mi pento e mi scuso con lui….. oggi credo che a quei tempi io stesso mi considerassi un “paria” molto simpatico , ma… con una e forse piu’ d’una nota stonata…. magari qualcuno potrebbe aiutarmi con i suoi ricordi??? anche se il problema con le memorie è che ti vincolano ad un periodo e non ti fanno andare avanti , tu puoi crescere ma solitamente nel rivangare un'era ricaschi nell'imboccodel tempo !! Oh, naturalmente queste memorie forse non sono i fatti come si svolsero nella realtà, io non lo so più come essi si svolsero in effetti , ma è come li ricordo,... Solitamente sostengo che il futuro è fluido ed indeterminato, ma altresì sostengo che anche il passato è fluido e mutevole in quanto è contenuto nella memoria e basta cambiare il rapporto che si ha con un evento , che si modifica anche la memoria e, di conseguenza, si modificano i fatti passati... chiaro no? i bei tempi andati sono sempre belli, anche se a scuola ti prendevano per il culo Una volta, ricordo che. tre ragazze al 2°'78 mi dedicarono al fuoco di villaggio tre canzoni di James Taylor . piccole grandi gioie ed tanta gratitudine mentre camminavo un palmo sopra la sabbia!!! C'era la BUCA, c'era il mare c'erano i sacchi a pelo, c'era la luna che si rispecchiava sulle sette piccole insenature di fronte all'isoletta , c'erano i cespugli di mirto e lentisco in mezzo ai quali dovevi trovarti un posto, c'erano i cespugli di elicriso dall'intenso odore di macchia mediterranea, c'era la fiducia e c'erano le speranze e… sicuramente la prossima volta ci sarà anche una ragazza che mi vuole bene...magari con i capelli rossi...magari con i capelli !!!! ***** 1977 nel 1977 venni elevato dal ruolo di campeggista, seppur con un certo credito, al rango di leader … a soli 15 anni!!! ero già precoce, in tutto, e su talune intimità, anzi a detta di alcune cattive signorine, anche troppo veloce,hahahahaha ma non divaghiamo, prego. Ero diventato “LEADER” !!! Questo scatenò alcune perplessità tra i leaders più anziani, ma Monaco mi sostenne e prese le mie difese al momento opportuno. Tra i vantaggi di essere leader spiccavano: il non pagare la retta del turno… perciò cuccavo vacanze gratis; poter non effettuare le pulizie tenda e bagni, ma di questo quasi nessuno se ne approfittava; una non indifferente posizione decisionale, perché è vero che il programma si decideva tutti insieme, ma è altrettanto vero che si decideva meglio se erano tutti d’accordo con i leader… non so se mi sono spiegato. In quell'anno arrivò un gruppo di tedeschi capitanati da due relitti teutonici tali: Wolfgang, elemento umano, maschio di circa 102 anni, da stime apparenti, contro i 45 catastali accertati ed una patatona lessa con zinne plissettate (e come seppi in seguito, ma non dico da chi, capezzoli con areola a macchia d'olio), simpatica... assolutamente innocua... lessa appunto, di nome Birgit.I ragazzi erano simpatici ele ragazze piu’ d’una era veramente carina come lo sono le tedesche a 15 anni….poi…..si sa…. Durante quel turno ero un po' teso, ringalluzzito diciamo, da tanta abbondanza transalpina teoricamente carnalmente disponibile, ma, de facto, invero, piuttosto risicatella nel concedere favori....... almeno al sottoscritto!!! Tra di loro, pare si frequentassero di più , che dire?… A quel turno ero leader di kayak e l'utilizzo di questo palindromo galleggiante ( gabriè… sempre senza malizia eh?… si fa ppe scherzare madonna bona!), mi dava un certo lustro ed importanza, visto che decidevo io chi veniva in kayak e chi no….Così tentando di saltare di fiore in fiore come una vispa Teresa e cercando di corolla in corolla, la pulzella più adatta e disponibile, finii anche quell’estate con il procurarmi una slogatura al metacarpo destro (non essendo io mancino)… Durante quel turno , con Duccio Damerini mettemmo su una terribile e gustosa pantomima parodia di Guerre Stellari, ricordo solo che ad un certo punto apparivo su un tavolo della mensa con un asciugamano giallo zabaione intorno ai lombi, barba lunga, rossetto e un martellone di legno in mano ( che serviva a piantare i paletti di legno delle tende), tentando di impersonare il cattivo di guerre stellari con Duccio al mio cospetto con una faccia da cazzo mi chiedeva con la voce di Gianni Agus “bello quest’effetto come l’hai ottenuto con la creolina?” non ricordo altro se non che le tedesche ridevano e non la davano… ***** E così venne il giorno di quel mese di quell'anno, che mi feci, udite udite : montaggio 1° e il 2° turno a Olbia, il 4° a Palena, il 5° e lo smontaggio di nuovo ad Olbia... ne vogliamo parlare? La stagione balneare del 1977 si aprì (come del resto tutte le altri stagioni balneari all’ YMCA) con un pre - turno denominato “montaggio”. E’ bene sapere che la stessa stagione ( ma anche le altre) terminava con un post-turno denominato, naturalmente e per forza di cose: “smontaggio”. Partecipai a quel montaggio con: MONACO, Tonino Conti detto baffo, Claudio Siaccheri, Betta Cordisco ( soprannominata “Betta madri” o “bettoniera”), Pepe Cordisco (her brother), tre di siderno di cui non ricordo il nome e dulcis in fundo, la cuoca, madre di Napoleone detto Nappi. Il viaggio in nave fu molto romantico su di una nave appena varata e alla sua prima o seconda traversata ( aveva anche la piscina … vuota, ballai con Betta tutta la notte, senza musica, ma con molta immaginazione…. Valzer se non ricordo male yeah Il montaggio consisteva innanzitutto nell’utilizzo del Napalm per la defoliazione delle erbacce che erano cresciute durante l’inverno e nelle quali affogava tutto il villaggio. Fatto questo, si potevano aprire i bungalows e togliere le inferriate…. Un culo mai visto… 30 inferriate di circa 40 kili l’una… tre per villaggio più i bagni più quella di una stanzetta al villaggio juniores maschile …. Poi, naturalmente i bungalows andavano puliti , imbiancati a calce a volte bianca a volte rosata (da urlo), disinfettati e disinfestati da zanzare … e quant’altro…soprattutto . Poi si attivava la mensa, si attaccavano le utenze, si scaricavano le derrate alimentari dei fornitori. Mi ricordo di un certo SECCI, un panzone fascistissimo veramente simpatico, che mi disse che nella Piazza Rossa, a Mosca, aveva cantato “faccetta nera”…mi insegnava...”salvatore, meglio un giorno da leone che cent’anni da pecora” ( maschio!). Si montava la tettoia della zona d’ombra su quella fastidiosissima sabbia in granella, da cremolato Algida alla quale i miei piedi non si sarebbero mai abituati. Al 2° turno venne una ragazza di New York tale.. Nancy Sabrina Goodman ( appena appena ebrea), sembrava la figlia di Woody Allen, 19enne quasi carina , sicuramente aveva un certo fascino nel quale rimanemmo piacevolmente invischiati io e Alberto Brusco in due modi contrapposti ma complementari; io col mio carattere impulsivo a tratti pericoloso per me e gli altri (sopratutto se gli altri, erano Alberto) sempre assiomatico e perito agrario, lui, invece, col suo caratterino cauto ( pedante), didascalico oserei dire, di cultura germanico- pesante. Era quello, l'anno in cui andava di moda la frase "MAGARI MORI" e noi tutti al campo ne facemmo un uso generale a dir poco sproporzionato ed eccessivo, riuscendo a permearne tutti gli aspetti o i momenti o le conversazioni della vita al campo ( parlo naturalmente di Olbia, i palenotteri si sa... erano diversi...). anche Nancy, che parlava molto bene italiano con forte accento amarecano imparò il "magari mori" tutto d’un fiato quasi fosse un saluto giapponese... Durante il 3°turno che non feci, Nancy venne ospite a casa mia o e fui molto contento di averla casta ospite... (due anni dopo. io andai in america e andai a trovarla all'università di berkley in california , ma non riuscii a trovarla, benché avessi l'indirizzo...( credo che mi arresi troppo presto alle difficoltà di trovarla). Un giorno, con Nancy montammo sul treno e andammo a Firenze a prendere un gelato in una ottima gelateria di fronte a ponte vecchio... beata gioventù... Altri americani vennero quell'anno a Olbia, un gruppo di ambasciatori mondiali dell'ymca gente un po' sconnessa… dopo il turno una sera , a Roma sempre insieme io e Alberto , andammo a cena in pizzeria con questi americani e al momento di pagare il conto ci rendemmo conto che non avevamo, naturalmente, soldi a sufficienza.... anzi eravamo parecchio lontani dal totale e con Alberto ci guardammo sgomenti a lungo negli occhi, veramente a lungo ... vagliando, in una frazione di secondo, tutte le possibilità lecite o illecite, che la nostra fertile fantasia ci proponeva, per risolvere la figura di merda che stavamo per fare. Finì invece che il capo di questi amerecani volle offrire lui la cena... e noi ... naturalmente con faccia da culo... " ma no dai, volevamo offrirvela noi,…ci teniamo...siete nostri ospiti..." lui non volle sentire ragioni e pagò per tutti ( tanto stavano in conto spese all'Ymca amerecana...). Anni prima 1975 venne un’altra americana, veramente bella, tale Cristina Von Emberg o qualcosa del genere mi insegnò due cose fondamentali… (anzi tre se ci metto pure che mi insegnò che non era pane per i miei denti), mi fece assaggiare il peanut butter ( burro di arachidi esiste al mondo qualcosa di più lussurioso?) e vidi per la prima volta i sandali birkenstok che disprezzai altezzoso… ignaro che, decenni dopo, ne avrei posseduto una collezione estate-inverno. Quell'anno ai leaders venne regalato un 5° turno di 15 giorni detto "smontaggio" durante il quale ci divertimmo non poco, lavorando moderatamente per chiudere il campo per l'inverno. Lasciammo aperto per noi, solo il villaggio juniores maschile e ci trasferimmo tutti e tutte là. Ricordo delle memorabili gite in kajak nei meandri nascosti e sconosciuti della peschiera con Carla Trillingsley e Alberto Nusco, in un basso fondale di dieci quindici centimetri dove più che pagaiare ti ci spingevi con la pagaia, navigare fino a faro di Olbia e mettersi sulla scia tipo surf delle navi che passavano tra il faro e la costa , a trenta metri dalle navi.... per cavalcare l'onda... il tutto in una Sardegna che in settembre dà il massimo di se stessa, con un sole caldo , ma non più asfissiante. Un dì facemmo una lunga gita a Santa Teresa di Gallura in autostop e io e Siaccheri dormimmo in una conca di roccia a Cala Luna di cui ricordo un episodio: in un bar a Cala Luna, la cassiera sarda ci guardava schifata, e non voleva farci andare in bagno (beh i quando sò stronzi i sardi so proprio stronzi!!), ad un certo punto entrò un inglese che chiese un "gin and tonic" . Lo pronunciò con voce baritonale e quella capra della cassiera equivocando gli diede un ... "gettone" per il telefono, accortasi della gaffe e guardata con sorrisetto di scherno ( altrettanto stronzo) da noi, non ci fece più neanche entrare dentro il bar. Ricordo poi uno che si chiamava Arangio Ruiz 1979 già nipote di un rinomato istituto ragionieristico e omonimo, raramente ho trovato persone con un nome più strano e, non sapevo, allora, anche altisonante. Era un sellerone alto, appunto, biondo occhi azzurri , aspetto trasognato, testa tra le nuvole, una sorta di nibelungo errante, labbroni screpolati dalla salsedine, 46 di piede, gemelli, se non erro. L'unica cosa che ricordo è che era amico della allora ragazza(la Vetovati) di Massimo Mattias (gran voce da basso) che a sua volta era amica di Bianca Liperti, che era (la fidanzata di tale Marcello Branchida) m me sa che sto fa un po de confusione… una che sembrava stesse sempre sul punto di piangere (forse era merito dell’ MAttias… su! Massimaccio si fa per scherzare!!), Insomma 'sto sellerone, durante lo smontaggio 79 un pomeriggio . me lo trovo sdraiato a letto nel bungalov ( o come cazzo si scrive). Io da buon “omo de ludibrio et svelto de mano” , non ci penso due volte ( e qui sta solitamente il tragico) e gli infilai due fiammiferi tra le dita del piede destro e... li accesi, incredulo del fatto che non se ne avvedesse ( la risposta potrebbe essere ricercata nel fatto che forse fu perché dormiva profondamente?). Fece uno zompo epico , lanciò uno strillo del tipo Achille scende in campo e strilla ... PATROCLOO" ne rido ancora con stoltezza mentre ne descrivo il dolore… Lì per lì pensai… “ mo me gonfia”. Grande ragazzo l’Arangio Ruiz , non mi ha mai portato rancore più di tanto, credo. Di quel 5° turno ricordo una mitica arrostita con carne e rametti di mirto in una sera magica dove per i begl'occhi di Paola Maroni e solo per lei, feci arrivare anche una eclissi di luna... potenza dell'amor cortese. ****** Paola Maroni rimane uno dei capitoli affettivi e più belli della mia adolescenza,… il più bello in verità, era una sensitiva potente come poche, molto addentro nelle arti JEDI, leggeva le carte e ci azzeccava, sempre. tra noi due esisteva una capacità reciproca di comprensione, una affinità da mettere i brividi, una telepatia senza eguali, un esempio? Nell'anno 1981 facemmo a Olbia una serie di giochi a tema come ci inventavamo spesso al campo, facemmo una rievocazione storica in maschera di uno sbarco dal mare ( già e da dove sennò ), con combattimenti e sfilate; ci mettemmo pure alcuni personaggi storici come Eleonora d'Arborea ( grande personalità isolana ), con parata notturna con torce di fuoco, balli evocazioni e quant'altro. Dopo cena e, prima dell'inizio del gran finale, uscii dalla mensa (seguitemi bene) ed andai al a destra verso villaggio maschile, era già buio e passata la direzione girai a destra per entrare appunto nel villaggio, se vi ricordate c'era un restringimento creato da due enormi cespugli di macchia mediterranea, ricordate? Lì mi fermai perché vidi, lo giuro sui miei figli, centinaia di occhi sospesi nel buio che mi guardavano e che guardavano i campeggisti che vociavano, correvano, che andavano in tenda ad accendere gli zampironi o prendevano un maglione o le torce per la sera . Rimasi senza parole e senza sapere che fare o che dire, cagandomi sotto alla grande . Di corsa andai da Paola che stava in tenda sul letto, e senza dirle il motivo la prelevai forzatamente e la portai nel punto dolente e le dissi " cosa vedi?" rimase anche lei impietrita e disse " mamma mia centinaia di occhi che volano qua sopra, che abbiamo fatto? Il resto della serata è storia, facemmo una bella sfilata, ma io e Paola ci guardavamo aspettandoci sempre l'arrivo di qualche fantasma o cose simili . Questo è solo uno di innumerevoli esempi che potrei citare( io ancora oggi non so cosa erano quegli occhi o cosa evocammo o SE , evocammo qualcosa e cosa, ma io li vidi e Paola anche, e feci bene attenzione a non influenzarla prima di metterla all'imbocco del villaggio maschile). Nel 1975 per un giochetto del genere, invece, avevamo evocato i carabinieri... spiego: facemmo il gioco delle elezioni politiche ... e ci dividemmo in partiti contrapposti e facinorosi, con propaganda, manifestazioni, conferenze, botte e gavettoni finali. Solo che a forza di strillare "Duce! Duce!!” da parte di una delle fazioni, da lido del sole, i villeggianti , chiamarono i carambas che arrivarono immaginando un sovvertimento delle linee guida dello Stato. Monaco e Marco Agliata dovettero un poco arrampicarsi su lisci specchi per spiegare che: “no, sa, stavamo scherzando, era un gioco, mannaia a maronna..” rinforzava Monaco.