COME ERAVAMO

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DOVE ERAVAMO

lunedì 8 ottobre 2007

LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI

Intorno al 1980 andai a Catania a far visita a Mario Alampi. I genitori erano via da qualche parte e così mi ospitò per due tre giorni. Mario era l’amico più grande una sorta di piccola guida che gli adolescenti sempre si trovano per capire, o tentare di capire come girano le cose nella realtà, almeno a me succedeva. Abitava a viale jonio a poche centinaia di metri da quella che sarebbe poi diventata, in uno di quegli scherzi del piffero del destino, la casa di mia suocera, quando molti anni dopo sposai una giovane donna catanese. Mario, occhi da cerbiatto, profilo greco, capelli vistosamente ricci e neri e barba. La cosa che mi piaceva era allora, come oggi, il fatto che pur essendo piu’ grande, mi ascoltava. Insomma interagivamo, mo non immaginatevi una sorta di scuola greca all’aperto, peripatetica, dove l’anziano insegna al giovine (anche perché, dai miei scarsissimi studi classici, mi risulta che in antichità ci fossero certe pratiche parallele maestro- allievo, che difficilmente avrei apprezzato). Cazzeggiavamo molto e qui ci davamo dentro di brutto. Da bravi abitanti della Magna Grecia passeggiavamo molto, questo si. Ci facemmo anche un paio di sedute di allenamento in palestra di pesi una delle rare nella Catania di allora. Ci facemmo una gita sull’Etna e al ritorno dal rifugio Citelli, me la feci tutta fuori della macchina agganciato al portellone posteriore coi piedi sul parafango…. Un pomeriggio, però andammo al cinema… e vedemmo un film orror “Amitiville orror” appunto. La cosa non mi piacque molto, ma avrebbe avuto di lì a poche ore sviluppi …interessanti. Il tardo pomeriggio andammo a casa della sua allora fidanzata, che dava una festicciola e aveva, come molti catanesi (ormai sono un’autorità), una villetta in un paesino sulle pendici dell’Etna. Io mi ero “casualmente ritrovato” un giubbotto salvagente di quelli autogonfiabili che stanno sotto i seggiolini degli aerei… e messolo sotto il golfino lo gonfiavo con fare faceto e grande ischerzo per gli invitati tutti… Ad un certo punto, tra il lusco e il brusco le fronne al fresco comincio’….. Sentimmo a pochissimi metri da noi, al di là del muretto in pietra, perimetrale il rumore di una fucilata e poi il rumore di passi veloci su foglie secche… ci affacciammo al muretto e non vedemmo alcuno, e qui già mi cominciava a tornare su il filmetto pomeridiano…. Quella sera Mario mi disse che tornando i suoi a casa non era possibile per me dormire da loro e la notte dovetti passarla nella sede Ymca di Catania di cui lui aveva le chiavi. Corso Umberto. La sede era di fronte ad una chiesa. In un palazzo antico. Un enorme appartamento di due trecento mq, con soffitti affrescati e camere una dentro l’altra tipo casa delle Billingsley per capirci. Io avrei dormito su un divanetto. Io avrei voluto dormire su un divanetto, ma un po’ impressionato dal film, la fucilata, la casa, cominciai a deglutire affannosamente e a temere… Così la notte la passai bagnato, sudando, facendomela sotto, sotto un lenzuolo per paura dei fantasmi. Con l’ adrenalina che scendeva dal balconcino giù di sotto, il Comune ci lavava le strade. Sentivo tutti i rumori del fabbricato che mi turbinavano intorno, sentivo le presenze delle anime inquiete dei morti che volevano strapparmi il senno. La campana della chiesa a dieci metri da me suonava ogni ora e mi diceva “ricordati che devi morire…. e guarda che potrebbe esse stanotte ”. Verso le quattro, non resistendo piu’e vincendo (era ora) la paura, tentai di andare in bagno, c’era Hitchcock che se fregava le mani e prendeva appunti, il bagno era dall’altra parte della casa, io come in trance, aprivo camere una dopo l’altra al buio e non finivano mai …il ritorno al divanetto dopo la pipì fu ancora piu’ tragico avevo il terrore e mi ripetevo “mai piu’ mai piu’ giuro torno a Roma e me metto a studià seriamente…” Poi l’alba arrivò, ma con grave ritardo.

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