lunedì 18 ottobre 2010
CI SONO ANCHE IO CHE.......
All'epoca c'erano solo le tende, i primi bungalows furono costruiti successivamente. Dopo venne l'esperienza seniores e sono stata anche leader assieme a Lucia. Data la nostra tenera età eravamo nella stessa tenda a capitanare (si fa per dire) altre sei ragazze più piccole di noi di solo un anno! Ho letto le testimonianze degli altri e sono tornati vivi tutti i ricordi delle giornate scandite dai vari alza/ammaina bandiera, vendite allo spaccio, le merende con la nutella, le canzoni a fine pasto, la rotazione dei posti al tavolo, il turno delle pulizie. C'era una cosa che mi procurava ansia: la distribuzione della posta. Se qualcuno riceveva più di tre lettere tutte assieme c'era una specie di presa per i fondelli da parte di tutta la mensa. Provavo una vergogna incredibile e pregavo sempre di essere dimenticata da parenti ed amici.
Sono stati gli unici anni della mia vita in cui sono stata chiamata Serenella per via della compresenza di un'altra Serena. Nel primo anno tale Serena fu molto invidiata perché lei e le sue sorelle rimasero per tutti e quattro i turni! Beeaaate! I miei ricordi sono legati più alle persone che alle varie località come Budoni, villaggio dei tedeschi, porto Istana.
Ho frequentato molto l'YMCA anche durante l'inverno e quindi alcuni personaggi probabilmente non appartengono ai IV turni estivi ma ai ponti del 2 novembre, di capodanno e pasqua! Ogni volta che c'era qualche giorno libero si partiva per Nola (abbiamo schedato tutta la biblioteca del convento dei frati), Spoleto, Gubbio, Amelia. Nei pomeriggi invernali arrivavo a piazza Indipendenza con la mia vespetta bianca: era un vero tormento perché quando era fredda non partiva mai. Per accenderla mi buttavo sulla rampa del garage adiacente all'YMCA e ingranavo la seconda. Spesso risalivo la rampa (finalmente con il motore acceso) inseguita dal proprietario dell'autorimessa che si incavolava a morte. I leader dei campeggi estivi erano per me degli adulti e non attiravano molto la mia attenzione.
Ricordo però un serissimo Gianni Palloni (cripterò anch'io i nomi), un altro serissimo Stefano, Walter di Zio che erano assistenti al programma (?) assieme a Marco Tagliata il quale era quello che provocava svenimenti di massa nel pubblico femminile. C'era anche l'inquietante :-) presenza di un certo Endrigo con i capelli rossi che ci provava indistintamente con tutte ma guai a rifiutarlo perché allora la sua vendetta era quella di bollarti con l'infamante "sei una suora", offesa decisamente oltraggiosa per quei tempi che erano gli anni dell'AIED e di via del Governo Vecchio.
Ricordo molto bene le ragazze (ma perse completamente di vista) come Elisa Mereghelli, Serena, Marina, Silvia Masari, Laura Marchi. Tra i maschietti, Roberto e Renato che erano i fratelli di Stefano; un terzetto molto unito formato da Riccardo che nonostante (o forse per questo?) fosse di lotta continua era molto molto snob, Guido e Raoul di cui invece ho un tenero ricordo. Ricordo con molto affetto anche Stefano (Paperoga) figlio di quello psicanalista che un giorno sarebbe divenuto mio professore all'università. E poi come dimenticare Volpe che aveva una collezione di ellepi mostruosa perché qualcuno in famiglia lavorava in una casa discografica: era informatissimo sulla composizione di tutti i gruppi del momento (probabilmente a volte barava pure) e sapeva i nomi di ogni singolo musicista. Però anch'io facevo la mia porca figura perché amavo la musica (purtroppo da questo punto di vista non sono molto cresciuta e ancora ascolto musica più adatta a trentenni che alla mia età). Ricordo Mauro Biafra che suonava molto bene il pianoforte ed io con altre quattro sgallettate lo accompagnavamo improvvisando qualche coretto woodstockiano. E poi Furio, Massimo ma non rammento più i cognomi.
Un'estate mettemmo su uno spettacolino che aveva come soggetto le condizioni nelle carceri. Io interpretai, se non sbaglio, l'avvocato difensore di qualcuno. "Recitai" quella parte fondamentale di pochi secondi solo in Sardegna poi lasciai a qualcun'altro il compito. Lo spettacolo fu portato in "turné" anche a Roma ma non ricordo assolutamente chi vi recitasse. Anzi, qualcuno mi rinfreschi la memoria. Ci fu un anno che rimasi al lido del sole oltre il IV turno. Non so a fare cosa. Forse una programmazione invernale. Erano stati già costruiti i bungalows cadetti ed infatti dormimmo lì. Ricordo che la mattina non ci alzavamo mai e Monaco con la sua Simca appoggiava il tubo di scappamento all'ingresso e sgasava mandando tutto il fumo dentro. Che infame. Dopo pochi secondi eravamo già tutti fuori tossendo come pazzi. Devo essere proprio vecchia perché provo molta nostalgia.
Per la cronaca ora ho una figlia di 20 anni all'università e uno di 12 alle medie. Odio facebook per cui per favore inviatemi foto di quegli anni e notizie al mio indirizzo di posta elettronica. Ciao Serena zighe zaghe
martedì 23 marzo 2010
venerdì 19 marzo 2010
ANCORA
Chi finiva il turno andava via tornava a casa.
Le diverse ore della giornata del cambio turno erano territorio di caccia dei pianti, degli abbracci della disperazione più nera. Immaginatevi una partenza strappalacrime di quelle che manco a Napoli nell’800 all’imbarco coll’America...
150 adolescenti che tra un pianto e un abbraccio si giuravano amore eterno, eterna amicizia, si scambiavano magliette, vestiti, indirizzi e numeri di telefono manco partissimo per Marte e la cosa andava avanti per delle ore, fino a che non arrivava il pullman e il turno veniva strappato a forza ( come carne viva) e messo sul vagone della deportazione. La partenza avveniva verso “le cinco de la tarda”, dopo la siesta e dopo el merendero olè! quel giorno si portavano i tavoli e le panche sulla spiaggia e si mangiava cosi' tutti insieme in un'unica tavolata infinita ...
Ma qualcuno rimaneva.
Erano quella decina di campeggisti, talvolta di più, altre volte di meno che facevano due o più turni, erano dei privilegiati in molti sensi, sia perché potevano permetterselo, e sia perché all’arrivo del nuovo turno il giorno dopo, erano considerati dei sopravvissuti degni di onore, gran fighi, quasi dei reduci del viet-nam e molto snob, eppoi se la tiravano da matti con quelli che sarebbero arrivati con la nave l’indomani mattina….
Col senno del poi talvolta questi “unti dal signore” erano dei semi sfigati, ma noi non lo capivamo, perché figli di separati o di genitori che se li sbolognavano dai piedi per un mese, questa non è una cosa peregrina come potrebbe sembrare, anzi, ( durante un turno infatti mi ricordo che in tenda ero l’unico figlio di NON separati… ).
Le ore che intercorrevano tra un addio e un ben arrivato erano “terra di nessuno” ed eccetto la raccolta di legna per un enorme fuoco sulla spiaggia che fosse ben visibile dalla nave che andava a Civitavecchia, una blanda pulizia del campo, tanto per non farsi parlare dietro da quelli che sarebbero arrivati stravolti , la mattina dopo alle sette, non c’era molto da fare, e … la notte… si poteva dormire tutti insieme…
Al passaggio della nave davanti al campo, con l’aiuto dei megafoni si urlavano gli zighe zaghe fino all’ esaurimento della voce che costituivano il nostro urlo fondamentale di battaglia
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Ze za ze zaghe eehh!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!!
Zighe ciaa!! Ciaa!! Ciaa!! BUMM!!!
Questo fino allo spasimo.
E naturalmente dalla nave provenivano le urla. Si vedevano le lacrime….
Nel mentre, quelli sulla nave, vedevano in lontananza il falo' delle vanità e rispondevano... urlavano si sgolavano gridavano con maggiore forza lo stesso canto da invasati… vi potete immaginare 120 scalmanati in preda al delirio che si sporgono dal parapetto della nave (lato di tribordo) e urlano …
Solo che non erano soli in nave… e venivano visti additati commiserati ammirati e scansati dagli altri passeggeri divertiti e preoccupati, anche perché al ritorno dall’YMCA i nostri eroi buttavano un po’ su trasandatello e talvolta non eravamo un bello spettacolosa vedere, sicuramente molto pittoreschi
Dal campo si sentivano bene le urla dei deportati sulla nave, di questo ce ne siamo sempre fatti un punto d’onore, perchè non riuscire a farsi sentire a poche miglia di distanza era causa di vergogna.
poi chi partiva si sarebbe vendicato di li’ a poco cosi': avrebbe scritto tre cartoline a chi rimaneva per farlo cantare in mensa ........(ci divertivamo con poco).
Ad una fine turno dell’anno del signore 1982 credo, stavamo rientrando a Roma ed eravamo gia’ tutti in nave, Ore 23 circa.
Diversi passeggeri si avvicinavano ai nostri posti chiedendo insistentemente di potersi sedere.
Siccome mi vantavo di essere uno dei capetti, presi in mano le redini della situazione facendo vedere, a quegli stolti che osavano disturbarci, che i nostri biglietti vantavano più dei loro, diritto su quelle sedie medesime .
La cosa coi minuti che passavano si faceva sempre più fastidiosa perché coll’approssimarsi dell’orario di partenza, nel caos quasi totale, sempre più persone chiedevano conto dei posti e io con sempre maggior impeto li respingevo, con la spada dell’oratoria, le orde di orchi-postulanti, manco fossi stato Aragorn che difendeva le porte della città di Minas Tirit o di come cappero si chiama.
Nel frattempo dovevamo tentare di tenere i campeggisti seduti al loro posto perche’ cominciava il popolare rito del “ chi va a Roma perde la poltrona” e tutti sappiamo quanto era difficile tenere i pargoletti su quelle scomodissime poltrone perpendicolari alla realtà.
Per adire le vie legali più rapidamente ho il mio solito lampo di genio : coinvolgere il Commissario di bordo (che ci conosceva in virtù della continua e copiosa frequentazione sulle navi della Tirrenia dai nomi evocativi: Poeta, città di Sassari…Carducci).
mi reco, tosto, dal Commissario, fermo e sicuro, con i quaderni di doglianza a fargli le mie sacrosante lagnanze. Lui vista la situazione e visti i biglietti di tutti comincia a sudare. Passano i minuti, altra gente, altri alterchi altro sudore, nel mentre, la nave parte.
Dopo dieci minuti lo vedo, trionfante e ghignante, venire verso di me, stranamente non sudava più.
Mi mostrò semplicemente che c’era un errore di prenotazione nei nostri biglietti e che avevamo noi la data sbagliata sul biglietto
E cosi’…Ora sudavo io.
Il commissario , pace all’anima sua, ci fece sloggiare, dai posti a sedere, ci fece accomodare su un improvvisato “passaggio ponte”. La nave quella sera risultò, cosi’ leggermente sovraffollata e io…. avrei avuto qualcosa da scrivere venti e più anni dopo.
Ora dopo tanti anni e dopo tanto scrivere, mi sento finalmente in pace con me medesimo, almeno per quanto riguarda la mia adolescenza all’YMCA ( e chissa’forse solo con quella), ho tirato fuori diciamo tutto ciò’ che aveva un significato raccontare, ovvero tutto ciò che mi è passato per la testa senza troppe censure e chissà magari sforzandomi potrei ancora tirar fuori un pochino di ricordi… ma non credo che interesserebbero ancora qualcuno... chissà... sono fiducioso.
Una cosa però è ancora molto viva: ogni volta che in qualche parte del mondo accendo uno zampirone io ritorno violentemente in un istante dentro il boongalow, l’odore della spiraletta mi ributta dentro tra i letti a castello e mi vedo e sento le voci e qualche volta mi commuovo
lunedì 8 marzo 2010
QUEL POMERIGGIO DI UN GIORNO DA CANI
C’era il vento caldo, anzi, era piuttosto una brezza dal mare, l’agonismo lasciava spazio all’agonia e qualcuno dei giocatori ricorreva ai trucchetti da quartierino che hanno fatto grande questa nazione, ovvero gioco pesante e “scianghetta tecnica”.
Quel qualcuno era un negretto bello grosso di nome Amaral che Mario Lampi aveva già da tempo ribattezzato in Amoral per sue caratteristiche intrinseche tendenti al non lecito (ma come recitava De André “ anche se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”).
Purtroppo per l’eritreo, lo scianghettato di turno era un bizzoso Timino,che quel giorno per una visione moralistica della vita si dimostrava incazzosetto anzi che no, chissa’…forse per le mestruazioni .
Fatto sta che dopo l’ennesimo fallaccio il Timino, visto che le guance da porgere erano nel frattempo finite, ebbe a risentirsene un poco, ed evidenziò all’eritreo impenitente quali potessero essere nella vita i vantaggi di un atteggiamento maggiormente formale,e improntato ad una migliore amabilita’ di relazioni sociali
Chiese cosi’ spiegazioni di tale comportamento al “negletto” a dir poco inveterato, spiegandogli, altresì, quanto in una società urbana fosse cardine imprescindibile la correttezza e la saggezza anche nella contrapposizione ginnico sportiva ancorché permeata da una certa qual gagliardia fisico-agonistica .
Insomma il nostro Grande Fratello lo apostrofò con un: “ brutto ….”bip” Me hai rotto er ..."bip" !!! Mo te rompo er... "bip" !!!”.
Silenzio immediato di tutto il campo. Carrello indietro, inquadratura in campo lungo con grandangolare.
Sembrava di stare sul set di un film di spaghetti - western di Leone ( Sergio, non Giovanni il quale invece fece solo macchiette al Quirinale).
La brezza era diventata di colpo, tesa al solo scopo di fuggire velocemente. Il sole, ai soli fini scenici e per contratto, faceva si capolino, ma fosse stato per lui si sarebbe eclissato del tutto.
Al romano dagli occhi di ghiaccio (Timino/Clint Eastwood) comparvero come per magia indosso: cappello impolverato, poncho impolverato, toscano in bocca (non impolverato). La macchina da presa con movimento a scatti veloci orizzontali gli roteava intorno.
Il negro invece, dal canto suo, vilmente tremava battendo gli occhi, le gambe gli facevano giacomo giacomo e pregava in negrese “ mamma mia guesda volda l’ho fadda grossa”
I due si fronteggiavano. Le dita, come lunghe zampe di ragno lentamente e letalmente raggiungevano le pistole, le mosche si erano posate e non respiravano per non infrangere l’attimo. Noi, altri esseri viventi, eravamo immoti con gocce di sudore che scendendo lungo i volti tradivano la tensione, i vegetali, invece, erano avvantaggiati da milioni d’anni di allenamento, le rocce e i manufatti attendevano con ansia.
Ma a questo punto, siore e siori la grandezza del Timino si manifestò in tutta la sua magnitudo (qualora ci fosse bisogno di conferma). Essa scese sulla terra e come Vento Divino ( in giapponese si dice kamikaze, ma non divaghiamo) ci permeò e profuse in noi, donandoci grandezza eterna e gioia all’avvenire, essa ci illuminò come il sole socialista dell’ultimo fotogramma del film “palombella rossa”), infatti, Timino si fermò e "Ci " chiese scusa per essersi lasciato andare a questo brutto spettacolo e per averci dato un brutto esempio da non seguire.
A questo punto esplose la musica di una festa paesana mexicana allegra e leggera cantata e suonata da MARIACHI come nel film “el Mariachi”
Che dire… grandezze dell’eterno… ancora mi bagno!
(PS) comunque il lato meno pacifista di me ci rimase malino per essersi persa quella che stava per profilarsi come la grande presa a sberle del secolo, un novello massacro di forte apache, un secondo appuntamento al “OK Korral”
(PPS) senza voler sminuire il meraviglioso gesto di alta professionalità e giudiziosa maturità senile…secondo me il Timino realizzò in un attimo che il ragazzo ancorché bischero e meritorio di raddrizzata era ancora aimè minorenne…
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Formidabili quegli anni in cui credevo che la mia vita e quella dei miei “Amici dell’Alleanza” sarebbe rimasta per sempre imperniata (quasi fosse imprigionata per eterna magia nel cristallo di rocca), sui fatti della vita “al campo”.
Sicuramente una rocambolesca e mitica visione delle cose e della amicizia da “cavaliere della tavola rotonda”, dove i patti di amicizia, l’armi e gli amori, venivano cantati innanzi ai fuochi nelle lunghe notti invernali, quando scende la bianca neve che tutto a se, simile rende. Oppure, innanzi ai magnificenti fochi delle notti calde nella stagione calda, durante il tempo dell’Adunanza quando, il cielo stellato sopra di noi la sabbia per tappeto e la legge morale dentro di noi, vedevamo e sapevamo le cose dolci.
Con la stessa consapevolezza del bambino, il quale nel ventre materno, desidera che la propria onnipotenza si mischi al desiderio di una stasi perpetua, in una condizione dove nulla possa cambiare e perturbare la quiete degli anni d’oro.
Fu così che, invece, aggiungemmo una ulteriore velo verginale, che avremmo perso negli anni a venire, con maggior dolore e rimpianto perché così facendo perdevamo le illusioni… insomma saremmo cresciuti (ma manco tutti e manco tanto) saremmo stati scacciati dal giardino dell’EDEN (che non è solo un cinema di periferia).
Per certi versi a noi il Signore degli Anelli ci faceva na sega… il problema è che per molti altri, la sega gliela facevamo noi .
La verginità la persi a più riprese quando cominciai a soffrire nel vedere amici e amiche che si allontanavano senza una ragione o spiegazione, ma solamente perché la vita continuava e io non me ne rendevo conto, credevo di essere saldamente legato all’ancora, senza accorgermi che la catena era filata via e la barca, con una leggerissima corrente, si allontanava impercettibilmente ma inesorabilmente dall’adolescenza.
Come per esempio C. B che di colpo dopo anni di calorosa amicizia , dopo aver calpestato la terra dei suoi avi, quasi avesse risalito il fiume yukon come fanno i salmoni, due anni più tardi , incontrandomi, mi “dava cordialmente la mano” ….
mercoledì 3 marzo 2010
PEZZI SPARSI
Antefatto: provate a leggerlo come lo racconterebbe Giovanni Minoli.
Anno 1979 , villaggio seniores in gita a budelli; leaders: io, Alberto Brusco, Carla Trillingsley che, mi sembra allora stesse con un campeggista che assomigliava a Dario Fo, tale Andrea Cogenti…..! SCUSATE !!! last but least assistente al programma era Ciommei (o come cappero si scrive), controfigura paranoide di carlo verdone!! candidato ideale dei programmi della serie “meteore” e “chi l’ha visto.
Campeggisti chiave: Andrea bagonghi e il sue prode scudiero Luca Drentin o viceversa, Silvia Aiomonini, secca e spigolosa, acuta e, allora scostante…oggi non si scosta piu’…., nel complesso una gran bella fighetta, un ghiaccio bollente che, come disse Marco Cionfreda … “non si riscalda neanche col riscaldamento a Caz” . Gli altri?? : solo comparse!!
La Gita fu miticaaaaa!!!!!!!!
Il fatto:
Pineta di budelli: un sogno !! altro che l’isola dei famosi era la spiaggia dei famelici e degli assetati .
Ma, al secondo giorno manca l’acqua!!
La temperatura sale……..Il popolo bolle e reclama.
Comincia la caccia al sacro liquido vitale, che si risolverà brutalmente in una catena di espropri proletari ai danni delle borracce altrui, tutti contro tutti, in una corsa alla solidarietà che per fortuna non ha avuto seguito nella storia.. praticamente un “non sequitur” caso raro quanto otto gemelli, dove, fratello contro fratello, bocca contro bocca, fauce riarsa contro fauce riarsa, si è lottato corpo a corpo tutti contro tutti.
Io dal canto mio la so gia’ lunga, infatti appendo la mia borraccia piena d’acqua, ad un albero ad altezza uomo dove nessuno la toccherà pensando che sarebbe impossibile…. Che una borraccia piena lì… a portata di tutti .. invece… e che cazzo!! bastava toccarla…! Uno a zero!! Palla al centro,
si ricomincia ma il popolo reclama nell’ordine: il mio sangue, la mia acqua!! Nel mentre le mie quotazioni pur nel complesso stazionarie, subiscono una leggera flessione.
Bevo alla faccia di tutti la sacra linfa peraltro ancora fresca.. il mio fair play ne risente, le mie quotazioni anche, Al fixing delle ore 13.00 accuserò un ribasso del 15% !! la notte Dormiro’ sotto scorta.
Tanto per sdrammatizzare e per vedere se il villaggio apprezza l’ironia e capisce l’allegoria (e anche perché anche loro cominciavano a starmi un po’ sulle palle con i loro lamenti di bambini della sinistra rivoluzionaria e viziata), comincio i sacri riti del “potere porcaio” chi mi conosce sa, gli altri non chiedano, ormai è reato prescritto.
Prepariamo il pranzo ai bimbi, prima però i famosi panini gommosi del giorno prima, a due scafi, una sorta di binocolo,compiono un rapido passaggio a volo radente tra le mie ascelle ed altri pelosi posti…giusto per togliere quel persistente retrogusto residuo di pane...
Nonostante tanta palese buona volontà da parte mia, non ci sono gesti plateali di apprezzamento da parte dei campeggisti, infatti il mio personalissimo dow jones sarà negativo per tutta la seduta.
Provo a canticchiare “core ‘ngrato” mentre(aprite le orecchie) dietro invito a pranzo dell’autista del pullman che si sentiva solo e che conoscevo già da altre gite ( faccia butterata capelli lisci alla de andrè ricordate?), mi vado a scofanare un pranzo, “a gratise”, a base di pesce in un ristorantino “in gopp’o mare” i cui spaghetti allo scoglio segnano una pietra miliare nella mia vita eno-gastronomica.
Stranamente Il mio rientro in pineta non viene fatto oggetto di lancio di petali di rose, (valli a capì), eppure avevo fatto a loro beneficio un lascito del mio tonno in scatoletta… ! il popolo sovversivo mugugnava !! Era il venerdì nero delle mie azioni …
Ma
L’apoteosi, il tocco da maestro che talvolta mi riconosco fu raggiunto sulla via di ritorno a Damasco che vi descrivo come una scena di film……..:
Pullman pieno, tutti i campeggisti sbracati sui sedili, abbracciati, stanchi, assetati affamati, senza doccia da due giorni (ma di per sé sarebbe ininfluente), rossi di sole: storditi…. Il pullman avanza in direzione di un meraviglioso tramonto da sogno come solo in sardegna accade. Lo stereo diffonde dolcemente “Harvest” di Neil Young i giovani e provati figli dei fiori, languono e godono. La cinepresa indugia sui volti beati ma, carrello indietro, mi si può notare mentre, furtivo, guadagno la postazione del compiacente autista e, zoom in avanti, mentre gli faccio mettere, a palla, la cassetta della “febbre del sabato sera” (allora non tanto ben vista)…compiendo cosi’ irreparabile Sacrilegio!!! Non pago, ballo pure … Orrore !!!!
L’incantesimo così difficilmente raggiunto si rompe e stride e come un gesso nuovo gratta sulla lavagna dei loro cuori!!!
Motore… si gira … azione ciak!!
Si scatena un pandemonio e naturalmente, non verrò apprezzato neanche in questo frangente da quei ragazzi ingrati... Brusco si piscia sotto dal ridere, Bagonghi latra, il suo scudiero, interrotta la “limonata” che gli va di traverso, si adombra. Mi si dirà in seguito che sono stato “molto estroso” ma il tono stranamente non collimerà con l’aggettivo.
Si rientra mesti e misti .
Epilogo :
dopo tanta abnegazione e sprezzo del pericolo con salto col cuore in mano, oltre l’ostacolo, ancorché mortalmente ferito, io mi sia adoperato e sacrificato per il bene comune, verrò anche tradito da qualche gola profonda e sarò tenuemente rimbrottato da Cionmei (o come cappero si scrive), per essermi allontanato un minutino, ed essermi andato a fare uno spaghettino allo scoglio con l’autista: …
“ core ‘ngrato”
La vita prosegui’…proseguì fino a quando qualcuno fece sì che nessuno potesse più divertirsi.
Gli Unni calarono da un semplice ufficio economato di un, per noi, improbabile partner commerciale, , Il il Comune di Genova…con quelle facce un’ po’ così, con l’espressione un’ po’ così che hanno loro che hanno visto Genova …..
L’associazione per sopravvivere ad una gestione, diciamo sempre piu’difficile (allegra pare che fosse la gestione dell'albergo invece), dovette dare in pasto a pagamento parte dei turni a dei Comuni paganti.
Cominciammo a sentire parlare per la prima volta di discorsi di orario di lavoro “ lo straordinario” gli operatori del Comune di Genova, che in generale agivano con una certa spocchia ad esempio , si segnavano lo straordinario quando facevamo le attività serali, perchè (ora li capisco), per loro era solo lavoro, ma per dirla tutta non è che si sforzassero molto neanche durante il giorno. ci tenevano a farci capire che quella per loro era una sorta di vacanza premio....che provocò nei nostri giovani cuori una battuta di arresto dell’armonico sviluppo psicomotorio del fanciullo che era in noi, una sorta di “interruptus” che, ormai non mi rode piu’…...
Ci trovammo a sbattere contro il muro di gomma della “pedagogia di comodo”, del falso perbenismo, dell’incomprensione reciproca… chiaramente le colpe erano tutte loro ( sennò se deve pure essere una memoria obiettiva che gusto ci sarebbe?).
Portammo, fallosamente, dentro il nostro Sancta Sanctorum un cavallo di Troia, che più che di un cavallo si trattava di un somaro ronzinante di Troia, che nulla avevano e/o avrebbero mai potuto avere a che fare con la nostra Città della Gioia, e cosi’ la “terra di mezzo degli Hobbits”, divenne il putrido regno di Saruman.
Erano donnette a caso, che avevano la faccia tosta di dirci che la gita notturna all’isoletta (poteva esistere qualcosa di più angelico?) a loro avviso “NON ERA PEDAGOGICA” ( secondo me usavano questa parola perche’ gli serviva scarabeo…). Esempi zoologici di scarto dell’ acquario cittadino, che venne dove noi lavoravamo con amore, passione abnegazione e sprezzo del pericolo e sprazzo di ragionamento, per 24 ore al giorno, e loro candide candide candide , si segnavano gli straordinari mentre NOI facevamo le attività serali.
Poi… che vuoi… , il sange non è acqua,…. Certo, magari col senno del poi eccedemmo anche noi, giusto un pochettino, magari proprio muro contro muro no, ma un sospiro, un’idea, giusto un assaggio del conclamato spirito goliardico che gagliardamente ci contraddistinse nei secoli, …più che altro esuberanza post adolescenziale, questa si gliela rifilammo .
Insomma per farla breve, come è , come non è, quelle del Comune di Genova le facemmo nere e se qualcuna di queste lo ha mai capito ancora si lecca le ferite.
Onestamente mi ersi a involontario portabandiera, agnello sacrificale, tant’è poi venni cacciato dall’Ymca, ma questa la racconto in seconda istanza)
Qualcuno, mi ha richiesto di chiarire meglio, di delucidare, di ampliare maggiormente, i ricordi ” …
Il fatto è che seppur munito di discreta memoria a volte tendo a rimuovere e a dimenticare e così non è che mi ricordi tanto bene…
Ricordo una Capo monitori molto stitica da un punto di vista relazionale, molto fiscale nei generali comportamenti di vita al campo… una scassacazzi in definitiva. Purtroppo capimmo in ritardo che aveva in mano un manico di coltello che pesò non poco per le decisioni a venire dei Capi tribali dell’ Ymca (i quali ancor meno di noi seppero dirigere i cambiamenti in atto o forse era la scusa che cercavano),
il Comune di Genova pagava in lire sonanti e questa iniezione di salute serviva all’ Ymca come l’acqua nel deserto, perché le adesioni ai campeggi calavano vistosamente. Fu così che qualche piccione che si era messo un po’ troppo in evidenza, venne usato a mò di capro espiatorio, tutti d’accordo tranne uno, indovinate chi?
Ricordo anche, però che oltre a queste cause esterne ci furono anche delle concause di tipo endemico. I tempi cambiavano e forse per i vecchi del campeggio, ma non ancora vecchi di età furono anni traumatici. Spiego meglio : mentre i più adulti avevano una vita privata in fase di più avanzata costruzione, magari convivevano, moglie, o qualcosa di questo tipo e , potevano, forse, staccarsi più velocemente da un’ Ymca che cambiava, perché di fatto avevano una vita che li compensava, noi ragazzi e ragazze,piu’ gioani ,che andavamo ancora a scuola vecchi del campeggio, ma senza una vita compensativa, rimanevamo agganciati all’associazione, però non eravamo in grado di dare inizio ad un nuovo corso ( parlo per me).
Anzi, non lo sapevamo neanche pensare, un nuovo corso, ma intanto vedevamo le nuove leve di campeggisti che disconoscevano le NOSTRE canzoni, e i nostri riti, ma anzi, andavano ( orrore ) in discoteca, ascoltavano i Duran-Duran ed erano ( per noi) difficilmente aggregabili. Per NOI, questi ragazzi erano dei perfetti marziani in terra… e noi per loro!!!
Esempio: noi potevamo passare un pomeriggio intero a giocare a palla capitano o palla prigioniera, ma non riuscivamo a coinvolgere soprattutto i nuovi seniores a giochi tanto sciocchini; stavamo perdendo l’innocenza.
Di lì a poco saremmo anche noi caduti dal giardino dell’Eden… allo spartitraffico della Colombo .
Eravamo diventati di colpo vecchi, ma non ancora saggi, solo obsoleti ymcosauri alla deriva…
Questo ed altri disastri culturali che ora non mi sovvengono (ma ci saranno stati), hanno fatto, sì che il declino dell’Associazione prendesse una discesa con pendenza maggiore, dalla quale non si sarebbe più ripresa.
Amen.
Dite la vostra…che devo fà tutto io… io m’alzo la mattina presto,verso le sette sette e mezza……!!!!
Nel 1982 LA CACCIATA
A seguito di alcune mie esuberanze giovanili, Venni Scacciato dall’Associazione a delinquere hahaha….
La cosa, mi fa ridere (oggi) immaginarla figurativamente come un celebre quadro di non ricordo chi, nel quale sono raffigurati Adamo ed Eva che vengono scacciati dal Paradiso Terrestre…ma qui credo valga la pena di allargare un pochino il campo visivo.
Era finito il fatale turno a partecipazione comunale con i mentecatti di Genova… con quella faccia un po’ così quell’espressione un po’ così che abbiamo noi che…
venni convocato da Monaco in Direzione.
Arrivandovici approdai al cospetto di Monaco e di un certo altro signore di cui non ricordo il nome , uomo tormentato, del quale non ho mai pensato che fosse saccente hehe, gran cocomero sulla pancia, grand’uomo d’altri tempi ( per fortuna ), forse un po’ costipato, di cui non ho mai pensato piacesse tanto fare il cardinale Richelieu della situazione, io non credo che fosse gia' cretino sei mesi prima di nascere... sarebbe riduttivo...
Ormeggiai con cura,
parabordi fuori,
diedi ancora,
diedi poca catena e la misi in tensione ,
mi avvicinai con cautela alla banchina e poi doppino,..
spring e passerella.
Monaco mi mise al corrente che LA DIREZIONE (immaginatevela come una sorta di monte Olimpo circondato da nuvole e fulmini… o forse sarebbe più calzante come una sorta di monte Athos tanto è lo stesso), in direzione dicevo, non avevano più intenzione di riprendermi… riprendermi in senso di rimproverarmi o in senso di prendermi ancora con loro? Il senso era oscuro e non solo lui… ma mi attenni alla vigile tattica dell’attesa.
Così gonfiai il petto e cominciai a dire la mia tutta d'un fiato “ Il vostro comportamento è assolutamente in mala fede…” Monaco dall’alto della Sua saggezza mi chiese “ Salvatore cosa intendi per mala fede?” Venne stoppato da uno sprezzante (e nessuno osi pensare già da tanto tempo cretino) cardinale Richelieu (ci credereste? Era pure sprezzante), che ponendo fine unilateralmente al dialogo ( haa Gran bella cosa l’educazione e la democrazia) e, mancando anche di rispetto a Monaco, cago’ lapidario : ”Monaco,(ignorante!! ndr) “mala fede” vuol dire solo una cosa (virgola punto punto e punto e virgola ma si, abbondiamo fai vedere che non siamo tirati), questa conversazione è chiusa”. Ho detto tutto….
Ed anche la mia carriera all’ Ymca...
A quel punto estrassi dalla mia borsa di Tolfa (oggetto di culto dell’epoca che mi aveva venduto il Timino quando ne fabbricava a decine e senza farmi manco uno sconto) una busta e la diedi al cardinale Richelieu che incuriosito (grosso errore tattico, quando cacci qualcuno) la aprì e ne estrasse una fotografia che lo ritraeva allegoricamente, mentre parlava al microfono dalla direzione di Olbia da dietro le sbarre della finestra, sagace e indovinata icona di un essere prigioniero di se medesimo… “ caro Richelieu, questa foto ti si addice molto” e me ne andai… ...
Col senno di poi, forse anzi sicuramente, sbagliai a pensare e a parlare di malafede….. visto come gloriosamente e repentinamente chiuse, pochi anni dopo, l’albergo ymca di Roma a seguito di una improvvisa visitina di alcuni "dignitari" Ymca americani non del tutto d'accordo con la gestione capitolina......
La mia cacciata fece eco e scandalo (immaginatela sempre come il celebre dipinto di non so chi di Adamo ed Eva cacciati da paradiso terrestre, tanto per non cadere sul patetico). Non sono mai stato avvezzo chiedere aiuto o solidarietà, ma in verita, ne ricevetti: molta verbalmente da tutti, e molte assicurazioni di immediate azioni di protesta….ma solo Paola Maroni se ne andò dall’ Ymca per protesta e coerenza ed ancora la ringrazio per questo gesto di giustizia e di amicizia, gli altri e le altre cosa hanno fatto? Come recita la nota canzone di De Andre’.. “si costerna si indigna si impegna poi getta la spugna con gran dignità”...
TAZZOLENI INVITA AL DIAOLOGO e scrive:
Caro sasà volevo che tu entrassi meglio nello specifico perché hai sfiorato quello che secondo me è stato vero il collo di bottiglia dove l’associazione s’è affogata. C’è stato un cambio generazionale nei campeggisti che non è stato colto da nessuno, o quasi. Noi facevamo il fuoco al campo al sapore di sale, quelli nuovi avevano già la febbre del sabato sera. Noi facevamo “attività” con un optimist sgangherato o con una pallone di cuoio su un campo scalcinato. Loro, andavano già alle scuole di vela o alla scuola invernale di calcetto.
Noi vecchi siamo rimasti prigionieri della nostra adolescenza, quando i nuovi adolescenti che ci erano affidati chiedevano di essere accuditi in modo differente. Ma non è stata interametne colpa nostra: eravamo troppo giovani. Sebbene qualche d’uno tra noi avesse percepito la necessità del cambiamento, i vertici, quelli che avevano i soldi erano in tutt’altre faccende affaccendati : cioè come spartirsi i soldi. I fatti degli anni successivi, con il fallimento economico dell’associazione, lo hanno dimostrato. Se posso continuare in un sommaria attribuzione di responsabilità, una buona parte la assegnerei anche alla cosiddetta Banda di via Artini, ovvero la classe di leader precedente la nostra. Anche loro molto più di noi non hanno colto le nuove esigenze. Ma anche loro come i dirigenti, non lo hanno fatto per una consapevole volontà di non modificare gli equilibri di quello che era il loro harem. Olbia camp era la palestra del loro ego. Che noi stessi, leader più giovani, in parte alimentavamo.
Quando s’è trattato di dare risposte alle nuove esigenze educative ( e tra queste, giuste o sbagliate che fossero, c’erano anche quelle del comune di Genova, dei tedeschi, e anche dei nostri giovani seniores) i leader più anziani hanno preferito continuare sul sentiero dell’Olbia Camp tutto mare sole e canne all’aria aperta. I Dirigenti cercavano di fregarsi il portafoglio. Noi leader più giovani non eravamo ascoltati. E poco a poco siamo stati espulsi. Faccio qualche esempio personale: quanto è stata lunga la mia battaglia per introdurre lo sport della vela organizzato in maniera coinvolgente?
DIRITTO DI REPLICA
Risponde Marco Tagliata
segnalo una diversa chiave di lettura del tramonto del campeggio.
Nel 1978 sono state eletto alla vicepresidenza dell’associazione campeggi (che gestiva i campeggi estivi) e che era un soggetto giuridicamente diverso dalla Federazione (che gestiva le attività romane – palestra- edificio P.za Indipendenza) dovendo prendere drammaticamente atto di alcuni fatti difficilmente modificabili – da metà degli anni ‘70 si era avviata una guerra azionaria e non solo, per il controllo di quello che alcune persone avevano individuato come una preda di grande interesse: i beni immobili di Roma e Olbia – la storia è lunga e tortuosa ma i passaggi sono evidenti a tutti:
- progressivo esautoramento di monaco (la sua malattia ha facilitato questa operazione) dal campeggio di Olbia e la non elezione alla segreteria nazionale della Federazione;
- alleggerimento di tutte le attività che potessero rivitalizzare i campeggi;
- demotivazione delle persone interessate ad una rinascita
- successiva vendita dei beni
dalle marginalità della vendita sono uscite le risorse per acquistare l’attuale centro sulla colombo a Roma – molte altre risorse hanno seguito percorsi diversi
l’indebolimento del campeggio, delle persone, delle attività è stato il frutto di una triste operazione economica manovrata anche a danno degli azionisti americani che all’origine di tutto avevano dato i fondi per il palazzo di piazza indipendenza nel lontano 1950 o ‘52
certamente ci sono stati anche altri motivi di contesto generale ma resto convinto che l’interesse privato sia stato determinante.
Le conseguenze sono state molto tristi per tutti ma difficilmente contrastabili sul piano economico o giudiziario.
Nel 1980 sono andato all’estero per 5 anni e sono tornato nell’85; durante un rientro (nel 1982) sono andato al campeggio, c’era ancora monaco ma stava già male; negli anni successivi non sono più tornato
nel 1985 sono rientrato in Italia e ho assistito alla lenta agonia di monaco – del campeggio non ho più saputo nulla. Credo che l’ultimo anno di attività del campeggio di Olbia sia stato nel 1988 ma già con una struttura diversa.
Nel dicembre 1988 moriva monaco.
Il mio primo anno di campeggio ymca a Olbia è stato il 1967, era molto tempo fa, con altri direttori, campeggisti, leaders (monaco è arrivato come direttore fisso nel 1972) – qualche volta ho rivisto le persone di quegli anni e ho sempre avuto la sensazione che l’aver condiviso dei momenti così intensi della nostra adolescenza abbia creato un legame profondo
forse quell’equilibrio era comunque destinato ad interrompersi col passare degli anni
ho sempre pensato che il campeggio avrebbe meritato un epilogo diverso, forse è per questo che non sono più tornato dai primi anni ‘80
un abbraccio a tutti
marco Tagliata
I CUGINI DI MONTAGNA
Trattatasi del popolo dei PALENOTTERI i campeggisti del campeggio montano di Lettopalena in abruzzo, ovvero una stirpe oscura e semisconosciuta che si comportava come degli Hobbit dei boschi in quanto proprio di boschi si trattava.
Erano fondamentalmente di due tipi: il tipo A era composta da una popolazione di esclusivo ed erano infeudatati al solo campo di Lettopalena.
Il secondo tipo B, oltre Lettopalena frequentava anche Olbia dove, venivano talvolta poco compresi, facendo un po’ casta a parte: infatti se Sparta ride Atene non piange ( che centra?…).
Il montano villaggio era più piccolo del fratello marino, era costituito da un vecchio casale semi fatiscente, con un annesso silos senza funzioni particolari, la mensa, molto intima e, a cristiana memoria, era ricavata da una stalla; mi sembra di ricordare che le tende seniores maschili fossero nel bosco lungo le pendici di una montagnola alle spalle del fabbricato, ma sarei orgoglioso di ricevere contributi memoriali.
Il campo giaceva a mezzo monte nei pressi di LETTOPALENA, GESSOPALENA, GUADO DI COCCIA, e nomi consimili.
Io vi centellinai la mia frequentazione con accortezza, una sorta di stage di completamento, di perfezionamento delle mie esperienze, un solo master in Ymcagine,
non era il mio ambiente naturale, nulla contro beninteso, ma sapevo, intuitivamente quale fosse il mio ambiente naturale: il mare .
Ricordo
Amici come Massimo Senufilli da tutti detto Super SERUFIX, perché sapeva tutto, sapeva fare tutto, e suonava tutti gli strumenti. Seppur umiliato da una inclemente e precoce calvizie di stampo cistercense era invece gratificato da una fidanzata, una sorte di Cher (o di Morticia) con sguardo… un sacco dolce, poi impalmata ed elevata al rango di consorte, … leggiadra, quasi una leggera regina degli Elfi……
A Senufilli elevammo odi e cantavamo la canzone “lettera X qual è il segreto di Serufix…” e lui generoso contraccambiava colpo su colpo con poesie tipo: …”l’inverno vienghette la neve cadò tango tanghiete tangò” …
Ricordo poi il Ritolfi … belloccio, anzi proprio Bono, affermavano le pulzelle se lo vedeste oggi…, un pochino narcisetto anziché no, eppoi ricordo Guido Pecoraio, Giuseppina Necchia sposa poi di Alessio Rzewsky ( pronunciato proprio come si legge..ho sempre desiderato vedere il suo codice fiscale hahahaha), Mario lampi da Catania , Giggi Tarrozzi, (ora pro nobis), Angela Liberati, Massimo Mattias, costituivano un nucleo, uno zoccolo duro, adamantino, inossidabile, veri uomini dei boschi, con riti ben definiti. Ricordo anche meteore come Eleonora Paiante detta “Bisteccona”di anni 13… e chiedetevi il perché del nomignolo… oggi è attrice affermata… o quanto meno lo afferma lei ha! Ha! Ha! suvvia Ele, si fa ppe ride.. madonnina bona..
Su tutti imperava, dominava, consigliava e approvava il direttore nella persona di Nino Nasca, purtroppo oggi anche lui passato ai più, Gentiluomo Catanese anch’esso e generalmente munito di moglie e figlia.
Il ricordo più divertente di Palena ( non è che ne abbia poi tanti) è associato ad un fuori turno, di novembre, per soli leaders, del quale conservo alcune foto; c’era la neve, c’erano le stelle , c’era la luna ci si scaldava come si poteva tutti vicini intorno al camino acceso e scoppiettante a vedere asciugare gli scarponi e i calzerotti bagnati e fumanti, senza peraltro riuscire a beccare niente …( e stasera per cambiare..minestrina).
Il ricordo più allucinante è della prima profonda notte, ero congelato nel mio sacco a pelo ( non riesco proprio a chiamarlo sacco-letto) di finta lanetta, la temperatura ambiente era la stessa che ha eliminato i dinosauri nel giurassico; la mia vescica mi lampeggia, segnalando che avrei abbondantemente superato i tre litri di stoccaggio previsti dal listino. Qui si estrinsecherà il doloroso dubbio… mi alzo e vado a pisciare in bagno fuori della casa a -18°C, o rimango qui nel mio seppure tenue calduccio uterino?
Dopo mezzora di atroce dubbio e atroci dolori lancinanti che, originati dal basso ventre, erano ormai saliti alla bocca dello stomaco, comincio a lacrimare (una sorta di meccanismo di autodifesa da “tutto pieno” ). Dopo un’ora di agonia, prendo la virile decisione…si vado a pisciare fuori, anche perché sotto di me dormiva Mario Lampi e ad un amico non si può…
Così mi liberai come benigni in “il piccolo diavolo”, appena fuori della casa sulla soglia.
Ne feci tanta che si modificò la temperatura esterna arrivando a livelli di riviera ligure.
Ne feci tanta che sciolsi un ettaro di neve provocando una fioritura effimera e anticipata di narcisi dei boschi.
Ne feci tanta che un orso Marsicano incazzato venne a lamentarsi per la inondazione della sua tana tre miglia più a sud.
Ne feci tanta che vennero i geometri comunali da Lessopalena per vedere com’è che le condotte dell’ACEA si erano rotte.
E betta Povelli, a mensa, mi prendeva a torte in faccia …………
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venerdì 26 febbraio 2010
A CHI NON C'E' PIU'
Compagni di viaggio scesi a delle fermate, intermedie, troppo presto.
Rimangono nella memoria, congelati ad un momento, un gesto, uno sguardo… a piacer.
CIANOLLA:
non ricordo come si chiamasse di nome, era alto bruno e coi capelli ricci, naso pronunciato senza essere grosso, forse gli occhi, scuri, un pelino vicini, ma nel complesso un bel ragazzo alto e atletico, così lo ricordo. Lo incontrai per pochi giorni, non ci feci mai un turno insieme; vorticoso era il ballo dei turni e qualcosa ogni tanto saltava, (un po’ come le otturazioni ).
Valter Timino al ritorno da un turno, ci raccontò che “SUPERMAN” (alias Cianolla) si era comportato con l’assolutismo di un marine, ci disse che addirittura, era stato capace di tirare “acqua” sporca con lo sturacessi ai seniores…diciamo … non allineati ( ve lo ricordate quello sturacessi vero? Bastone di eucaliptus nodoso e con un leggero dog-leg a sinistra, con straccio di tela grosso legato intorno alla base), ma questi fatti , il Timino ce li raccontava ridendo… forse non era vero, io gli credetti, ma sono stato sempre un credulone.
Insomma volevo verificare di persona e, a una pizza una sera, chiesi a Cianolla, se era vero quello che si diceva di lui. Mentre parlavo,Cianolla mi ascoltava e mi osservava, lasciandomi i miei dubbi, anche lui con un sorrisetto impertinente che nulla confermava e nulla smentiva…Mica l’ho mai capito come stavano le cose!
Fu l’ultima volta che lo vidi…. Dopo poco, credo, se ne andò per un repentino “attacco di regina e matto in due mosse”. Insomma meningite, a diciannove anni ,..un po prestino…. quando lo venni a sapere non ci credetti
MARINA MOLINAS:
Carina, anche lei sorella di… e, fidanzatina storica di Ciacchei. Sorrisetto e sguardo dolce, nasino a punta, occhi da cocker, dolci,appunto . Gonna larga a fiorellini e zoccoli Pescura ai piedi, gran moda dei tempi. Un amorino insomma. Quello che so è che negli anni a seguire, seguì una qualche setta di figli di qualche dio, forse minore e , forse anche incazzatiello di ciò. Tornata a casa dopo anni, e svuotata di sé, ha cercato la via rapida per quel dio, o magari anche un altro dio .., il primo che passasse e la raccogliesse ai piedi di un grattacielo dell’EUR dopo quattordici piani e duevirgolatrentacinque secondi circa di volo finalmente libero.
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ALFREDO
Vivente
Alto magro sguardo dolce, mai incazzato, riccio castano.
Alfredo detto “KING ALFRED” nel 78 eri un diventato rapidamente una icona,un mito musicale nel villaggio seniores; ammiravo la tua repentina ascesa all’olimpo dei suonatori pluridecorati..
Suonavi di tutto e bene: chitarra, tastiere, percussioni, archi, fiati triangoli e rettangoli, sensibile, molto, troppo.
“La candela che brucia da due lati fa il doppio di luce, in metà tempo…”
Qualche ingranaggio un pomeriggio cominciò a slittare….. forse della sabbia, forse l’incuria invernale, non lo so! Cominciò la tua discesa “ad inferos” rapida, ripida. Il tuo bel corpo cominciò a gonfiarsi per gli psicofarmaci e la tua mente cominciò a sgonfiarsi, come un soufflè e la notte ti spalancò le porte in un abbraccio di silenzio e di freddo.
Ti ho visto mentre camminavi con un cappotto blu e un cappello, parlavi febbricitante tra i tuoi molti sé. Non ebbi il coraggio di…
Prendesti una strada laterale.
MONACO
Persona di indole dolce modesta e accorta, a tratti tenebroso, da sempre lo ricordo vecchio, anche a trentacinque anni quando,nel 1975, giocava a pallone nei tornei, al campo di calcio, in orrendo sterrato di granito sardo dall'altra parte della collina verso l'isoletta. Col suo perenne toscanello in bocca e la sua parlata impietosamente e sgrammaticatamente calabrese. Ma fu altresi’ il mito creatore. promotore ed intelligente esecutore della costruzione del villaggio in Sardegna a Lido del Sole, con i boongalows progettati dal papà di Siaccheri. Ve lo ricordate il Lido del Sole con i suoi bungalow?? Silente striscia di terra riportata, tra mare e peschiera con quei cespugli di lunghi, aghi appuntiti, insidiosi? beh furono tutta opera sua
Monaco sempre meno denti in bocca (donna Flo gli faceva i frullati e noi gli cantavamo : fammi crescere i denti davanti te ne prego bambino Gesù), senza di lui non ci sarebbero stati i nostri ricordi, e la nostra adolescenza sarebbe stata , come?
Ti minacciava in calabrese se non ti comportavi bene: "Salvatore la nave, parte tutte le sere... guarda la nave ... e dormi preoccupato..." oppure " tu il secondo non lo fai" !!
Monaco come Cesare fu pugnalato alle spalle, fu tradito (in una sorta di bega da basso portierato ma dall’alto reddito un golpino all'amatriciana) da un pugno di lestofanti mezzecalzette, che si impossessarono del suo sogno, estromettendolo dalla direzione del villaggio e elemosinandogli un inutile, patetico titolo onorifico da Segretario Nazionale, una sorta di Sovrintendenza ai soprammobili.
Lì, credo, cominciò a morire.
Lo incontrai anni dopo, per caso al policlinico dopo che, ero stato cacciato dall’Ymca (grazie all'intercessione di un depresso, gran censore nonché gran cretino, di quelli che quando ti parlano non ti guardano negli occhi.. ma Monaco stava per morire con una stenosi esofagea e quando me lo ritrovai davanti all'ultimo stadio, crudamente e crudelmente mi sembrò una rana, mi fece veramente tanta tenerezza, perche’ era una brava persona e mai gli portai rancore
Mi sembra abitasse in una stanza dell'hotel Ymca, non si fece mai una famiglia,... piango mentre lo ricordo, andai un paio di volte a trovarlo in ospedale era solo, solo, come un cane. ciao Mirenzi ti voglio bene. Sei stato importante per tutti noi. credo che, come JODA in guerre stellari , in trasparenza ci osservi e un giorno spero di riabbracciarti con o senza spada laser
mercoledì 24 febbraio 2010
GITE NOTTURNE
Una delle cose che mi faceva scapolare l’inverno rintanato nelle adolescenziali seghe mentali… (e vabbhè nun se po’ proprio scherzà), proprio come il paguro si rintana nel suo guscio, era la fede incrollabile nella certezza religiosa, che tanto, qualunque cosa fosse potuta accadere nell’universo, in estate avrei anche io immancabilmente fatto la…. GITA NOTTURNA …
Era una sorta di energia pura e restauratrice che metteva il giusto ordine nelle strambe cose dell’universo, una sorta di Santo Graal della vacanza estiva.. croce e delizia,… più l’una che l’altra in realtà.
I nomi dei posti più gettonati, nei quali eravamo di casa, ascendono ancora alle mie orecchie quasi fossero suoni di luoghi mitici tipo … Katmandù, Marrakech, ma forse più prosaicamente: Isoletta, Roccioni Villaggio dei Tedeschi, Capo Ceraso, Porto Istana,
ISOLETTA:
sita a pochissima distanza dal villaggio, per arrivarci si passava da dietro il campo maschile, si passava poi: la rete , il campetto di calcio, e mentre a sinistra sulla punta c’era il villaggio dei belgi con case in pietra a schiera, noi piegavamo decisi a destra, come dei caccia da guerra in formazione transumante e, dopo un miglio circa arrivavamo di fronte ad un’isoletta. Qui zaini a terra facevamo il bagno e i nuotatori classificati Squali potevano arrivare all’isoletta, ma con un leader. L’ho fatta due o tre volte e non ho mai capito il fascino di arrivare all’isola a nuoto. Più che un’isola … uno scoglio.
Poi, ritorno, raccolta della legna, fuoco, pasturazione e, se qualcosa abboccava passavi una delle prime notti di amor gentile della tua vita, sennò tra le dune rialzate, alle spalle della spiaggia, stavi infrattato nel sacco a pelo nel senso di “ tra le fratte” e quando “ci trovavamo a fondo al boccaletto : “na pisciatina un salve regina e in Santa Pace se n’annavamo a letto”.
Uno dei ricordi più belli dell’adolescenza… una notte di luna piena, tra le dune, girato leggermente in direzione dei roccioni, vedevo il mare sottostante una grande baia con sette insenature e la luna che si specchiava in tutte e sette le baiette, con l’isoletta alla mia sinistra e sperando di poter condividere presto tutta questa meraviglia con una ragazza
Ricordo Puccio Damerini passare un pomeriggio intero a saltare dalle dune di sabbia alte circa due metri divertendosi come un bambinone.
ROCCIONI
Per arrivarci c’erano da attraversare…. Il guado, e il villaggio di tedeschi.
Più che un guado era un guano. Il guado ci faceva sentire un vero drappello di incalliti improbabili variopinti guerriglieri dell’armata Brancaleone con zaini sulle braccia e, per i più muscolosi qualche bella ragazzetta sulle spalle …intanto… poi si vedrà… (infatti s’e’ visto… ).
La velocità di avanzamento di un drappello di guerriglia è influenzata dal guerrigliero più lento (applico Che Guevara). Dopo di ciò e dopo un’ora e mezzo di cammino di strada bianca, sostavamo puzzolenti e affaticati, a malapena tollerati, ma non amati, al villaggio austro-ungarico di tedeschi, che aveva un bar fornitissimo a differenza dello spaccio del villaggio che aveva solo gazzosa Ichnusa.
Poco distanti, i roccioni erano un’oasi di “selva selvaggia aspra e forte”, dolcissima di aromi di macchia sarda lentisco, mirto, elicriso.
Rocce dalle quali tuffarti se i leader non vedevano, con una sabbia morbida e accogliente quasi fosse seta , in un tramonto sempre di fuoco, proprio come il mio erpes. Nel 1976 Francesca Glienti chiese a Timino se si poteva mettere in top-less… (lei non Timino)… lui con distacco filosofico … acconsentì .
Era il 1976, ero ancora campeggista e vergine, una di queste due caratteristiche la avrei mantenuta ancora a lungo… indovinate quale? ( ha! Ha! Scherzavo!!, infatti l’anno dopo sono diventato Leader!!).
CHIESETTA
Ci andai in una sola volta. La strada partiva dal campetto di pallone, credo, poi si proseguiva non verso la spiaggia come per andare all’isoletta, ma si piegava a destra prima del campetto su una delle tante sterrate bianche, e si prendeva la grande, maestosa, materna “Orientale Sarda”, nostra linea di confine e di congiunzione con l’universo conosciuto, un analogo del grande padre Fuji per i giapponesi. Si proseguiva, a piedi, sul ciglio della strada (se qualche autista di camion ubriaco o stronzo o entrambe le cose non decideva di farti qualche scherzetto tipo tentare di fare un filotto da 1100 punti mettendoci i sotto tutti quanti , veramente accaduto). Camminavamo per 3 –
Non c’era neanche tanta ombra, mi sembra, ma allora che cacchio racconto? Il fatto fu che al lato di questo sito, c’era un montarozzo di rocce, sarde, appunto, di granito rosa scavate dal vento e piuttosto bellocce. Mi inerpicai (inerpicai fa tanto poeta..) per un po’ e arrivai su una roccia a strapiombo alta quattro metri circa che affacciava nel vuoto. Mi ci misi in piedi a gambe e braccia larghe. Il forte vento tiepido, carico degli aromi della macchia sarda, gli effluvi profumati ( e perché… “effluvi” ndo’ me lo metti?) esaltati anche dal fatto che all’inizio del meriggio ( meriggio è nsacco fico!) col gran caldo, sono maggiormente intensi. Così io stavo lì in posizione mistica decisamente sbilanciato in avanti, nel vuoto, il forte e caldo vento di maestrale mi sosteneva (in effetti già allora ci voleva una bora). In realtà mi rendo conto che mi teneva in vita. Mi accarezzava, mi investiva, mi possedeva come un negro guerriero mandingo ( dai Pen dell’Aia si fa pe scherzà) forse esagero . Fu una delle volte in cui fui maggiormente felice in vita mia (e non per via del negro mandingo…hahahah). Tenuto da quel vento sardo, caldo … te).
Ero contentissimo di aver avuto il privilegio di andare all’ ymca, di avere quegli amici, di essere benvoluto, e di essere considerato “in gamba “ da tante persone che stimavo alle quali volevo un bene dell’anima…. Di avere la possibilità di fare gite notturne con possibile pomiciata ( peraltro mai avvenuta o quasi) ... ( la pomiciata, non la gita), di avere la responsabilità di ragazzi più giovani di me , di assurgere alla posizione di “Capo”, di sentire di poter trasmettere le mie esperienze di poter lasciare la traccia.
Eravamo volontari, DESIDERAVAMO andare all’ymca, fare ciò che facevamo e il nostro prestigio veniva dal poterle fare ed essere un riferimento per gli altri; poi verranno anche i tramonti in Sardegna, le passeggiate mano nella mano, la fiducia degli altri in te, la nostra vita che prendeva forma mentre marcavamo il territorio della nostra esistenza ( mica male questa), gli scherzi le canzoni… l’armi e gli amori… quelli veri e quelli supposti… e quelli sperati, soprattutto le speranze per il futuro. Ed è esattamente questa la differenza tra oggi ed allora: la speranza di un futuro che sarebbe andato proprio come noi desideravamo... o no?
L’amicizia per me e per molti altri , ma non per tutti, era una sorta di concetto cavalleresco , da tavola rotonda, una mitica ( e perciò , bada bene, non reale) visione da “fratelli della costa” che niente avrebbe incrinato o distrutto ……:
Una delle cose , forse l’unica cosa che non rifarei, è una cosa che non so nemmeno definire, anzi si , è stata una tale cazzata da parte mia, che solo a ricordarla mi si accappona la pelle: eravamo in uno dei mitici viaggi in nave verso Olbia ( e fino qui…) ad un certo punto scherzando giovialmente con Betta Balmieri, la prendo in braccio (ahia…), solo che sempre “giovialmente” mi affaccio, anzi la affaccio, al di là della balaustra della nave …… quale santo ci ha protetti? un congresso internazionale di santi protettori… porca miseria ancora non ci credo, e mi si torcono le budella a parlarne (devo confessare che, non pago, l’ho rifatto, mesi dopo, sempre con la stessa ragazza da ponte Garibaldi a Roma, poi non l’ho mai rifatto con alcuna persona …giuro… per fortuna).